Quello che è accaduto a Chiara Ferragni denota tutto lo splendore del nostro fottutissimo mondo finto di uno specchio ormai rotto.
Sgretolato in un niente, come si sgretola una torta ormai vecchia rimasta troppo all’aria aperta. Il mondo basato sul nulla, sull’apparenza, sull’immagine, sulla pubblicità per un post da 90 mila euro.
Chiara Ferragni non ha semplicemente commesso un errore di comunicazione.
Chiara Ferragni ha semplicemente fatto soldi.
Quando la tegola le è piombata in testa nessuno poteva prevedere che da lì se ne sarebbe staccata un’altra e un’altra ancora. Prima Balocco. Poi la Safilo. Poi Trudi. E da lì sarebbe caduto tutto il tetto. E resistete alla tentazione da rosiconi di provare soddisfazione se uno più bello e “bravo” all’apice dei lavori, si ritrova catapultato giù.
Perché questa è l’iconica immagine del mondo che sta venendo avanti.
Basato sull’effimero. Sull’estemporaneo. Sull’orgasmo di un like, di un follower. Vivere di social. Lo sgretolamento dei rapporti umani. Lo slabbramento delle relazioni. Fottersene e fottere. Fare soldi nel totale disinteresse dei valori. Vivere di storie che durano 24 ore. Vivere nei social e dimenticarsi di esistere nella vita. Questa continua insicurezza acquietata dalla continua fottuta ricerca di una gratificazione istantanea.
Ormai è diventato tutto uno spettacolo. Noi che abbiamo le tende in casa, trattiamo le nostre vite come finestre a cui il mondo si affaccia.
Condividiamo tutto: affondare la forchetta nella pasta, andare al cesso, cagare, farsi la barba.
Viviamo per postare, taggare, hashtaggare, fare stories, condividere con un semplice tasto mosso da uno stupido molliccio ditino anziché dal vero.
Con l’erronea convinzione che per parlare con una persona ti serva una macchina. Un tablet. Uno smartphone. Un social. Una telecamera. Un filo. Un’informazione che arriva sempre più frammentata, fatta non più di libri e giornali da leggere, ma di titoli non capiti, di lezioni di giornalismo non richieste – Lucarelli docet – di frasi a effetto, di effetti speciali, di video che si sormontano, di foto spaziali nella lussuosa camera da letto, se poi il cesso è un cesso chissenefrega. Una platea di imbecilli dove ciascuno può dire la sua, ed è un bene sì, ma ora tutti parlano di tutto, non si approfondisce niente, leggere costa fatica, studiare figuriamoci, manco parlarne. Il solo ascoltare richiede uno sforzo intellettivo superiore a quello richiesto per mettere un like alla Pensati Libera di turno. La gente clicca, discute animatamente nei social si fa prendere dall’onda emotiva del momento, per poi rintanarsi nella sua vita e mostrare solo quella che non gli appartiene. Non è masochismo. È bulimia. Bulimia di sè. Egocentrismo.
È dare un potere a qualcuno e farlo credere onnipotente solo perché ha due milioni di followers. Un mondo dove non comandano i valori, l’etica, le persone con la P. Ma comandano le regole del mercato, del marketing, dei like comprati, dei risultati, delle visualizzazioni e sponsorizzazioni.
Occhio però che questo mondo vi catapulta fuori dalla Terra, poi quando ci rimettete piede sono cazzi amari. Ferragni insegna. E scusate se in questo post c’ho messo dentro tutto.
Ma per il pattume sociale si addice bene.
#sbetti