L’esame di civile

Un giorno qualche tempo fa, Luce aveva un esame. Si sveglia, si prepara come di consueto, doccia caffè, jeans, trucco e parte. L’esame è scritto e Luce arriva con la sua più assoluta calma mista ad adrenalina nel mentre si appresta a sostenere la prova. Fa l’esame, ha anche il tempo di rileggere, consegna e fiera di sè se ne torna a casa. Arriva a casa e reduce da due settimane in cui la notte di sonno più lunga è stata di 3 ore, decide di pranzare, togliersi i jeans (tanto l’esame era scritto) infilarsi il pigiama, farsi una camomilla e andarsene a letto. È lì che sorseggia la sua tisana, quando all’improvviso il cellulare vibra. È un suo amico, un amico dell’uni, risponde e sente: “Ah ma Luce dove cazzo sei?” “A casa perché?” “Come a casa? Hai passato lo scritto! Devi fare l’orale!” “L’orale??? e quand’è l’orale?” “Tra venti minuti!”. Il telefono rimbalza a terra, Luce getta la tazza nel lavandino, corre in camera, si spoglia lungo le scale, inciampa nei pantaloni felpati del pigiama, ruzzola sopra il letto, si rimette i jeans (l’esame stavolta è orale) si infila una maglia abbastanza seria , un paio di stivaletti e corre. Corre a far l’esame. 20 minuti per 27 km, la sua Polo sfreccia all’impazzata, (non ricorda nemmeno se avesse preso la patente, il libretto, niente) L’unica cosa che sente sono i calzetti antiscivolo che per la fretta erano rimasti ancorati ai piedi ma ormai è tardi, troppo tardi. Arriva a Padova, cerca invano un parcheggio, lo trova, mette il ticket, sgattaiola fulminea verso la facoltà, sale le scale, apre la porta dell’aula e, come puntualmente accade nei film, sente il suo cognome pronunziarsi. L’appello. “Bettin?!” “Prr prrr prrr (non sa niente, forse era meglio non rispondere) Pr pr prrrr pres… Presente!” . Il prof la guarda, sbalordito, e dire che ci sono studenti che ripassano anche le note. Lei le uniche note sono quelle che sente nella sua testa e che la invitano ad abbandonare il campo, ma il prof la trattiene:“Si accomodi, prego”. Si siede, una domanda, una sola domanda. Il libro le scorre davanti agli occhi come fosse un manuale da esposizione Ikea, si, uno di quelli completamente vuoti dove dentro c’è polistirolo puro. Un vuoto la pervade. Passando due interminabili minuti. Il prof la guarda, la scruta, lei idem. Lei accenna un sorriso. Il professore no. Altri due minuti. Dopo un po’ il professore esclama: “Le ho chiesto l’ eredità, ed è regnato un silenzio di tomba”