Una continua emorragia di clandestini. Di migranti. Un flusso inarrestabile. Arrivano a frotte di cento, duecento persone al giorno. Scendono dai boschi. Spuntano dagli alberi. Si mettono in cammino, molti dal Pakistan, poi calano verso Trieste ed entrano illegalmente nel nostro Paese. Siamo al confine con la Slovenia e percorriamo un tratto di rotta che fanno i clandestini per giungere in Italia. É notte fonda. Risaliamo i sentieri battuti dai migranti. A terra spuntano calzetti, scarpe, borse, zaini. Qui sono appena passati. Ci sono rifiuti, documenti, caricabatterie. La Rotta Balcanica viene percorsa ogni giorno da un numero di clandestini che supera di gran lunga le cifre degli sbarchi sulle coste siciliane. Secondo i dati forniti da Frontex, l’agenzia per il controllo delle frontiere europee, da gennaio a ottobre 2022, sono stati 128.438 gli attraversamenti illegali nell’Unione Europea, con un balzo del 168 per cento rispetto ai primi dieci mesi del 2021. Sembra impossibile che ci sia una porta dell’Italia dominata da una invasione totalmente incontrollata. Senza respingimenti. Lunedì mattina qui, la polizia di frontiera ne ha rintracciati 118. Una funzionaria che incrociamo alla sottosezione di Ferretti a Trieste ci guarda con aria affranta. “Ne sono arrivati anche oggi?”, chiediamo. “Sì, come ogni santissimo giorno”. Vediamo i migranti ammassati mentre aspettano. Qui vengono prese le impronte, viene fatto lo screening sanitario e poi si effettuano le varie pratiche. L’ “accoglienza” nei centri è di competenza delle prefetture. Ma di fatto questa, di cui le anime belle si riempiono la bocca, non c’è. Agli intellò non interessa nulla se i clandestini finiscono con il riempire i piazzali delle stazioni in un hub a cielo aperto, come avviene a Trieste. Qui ne incrociamo centinaia. Qualcuno è in partenza per Milano. Qualche altro per la Germania. Ma molti vogliono rimanere in Italia. “Italy is good, Italy is good”, ci dicono. Sanno solo due parole. “Asilo, asilo” e “International protection”. Al mattino alle sette, chi ha l’invito da parte della polizia di frontiera a presentarsi all’ufficio immigrazione, fa la fila davanti alla questura per regolarizzare la propria posizione, chiedendo asilo o protezione. La maggior parte però si presenta spontaneamente e rientra nella cerchia di quelli non rintracciati. E sono tanti. Fonti della Verità ci dicono che se ogni giorno ne pescano 200, in realtà sono almeno il doppio. La presentazione in questura avviene un mese dopo il rintraccio, il che vuol dire che abbiamo migliaia di persone che di fatto rimangono in Italia clandestinamente. E ne siamo consapevoli. La questura poi trasmette le richieste di asilo alla prefettura affinché la commissione vagli la posizione del clandestino. E così passano altri due tre mesi. Dati alla mano, forniti dalla Commissione nazionale per il diritto di asilo, nel 2021 ci sono state 53.609 richieste. Di queste il 58% è stato respinto. Questo 58% dovrebbe andarsene dall’Italia ma, ci rivelano sempre le nostre fonti, di fatto non viene espulso e rimane qui. Solo il 14% prende lo status di rifugiato. Un altro 14% ottiene la protezione sussidiaria e un altro 14% la speciale. Dal Pakistan, per dire, su 7920 richieste nel 2021, ci sono stati 5583 dinieghi. I principali Paesi di provenienza sono Pakistan, Bangladesh, Tunisia, anche Afghanistan. L’ Egitto invece è la nuova presenza. Fonti ben informate ci dicono che tra i disperati che ogni giorno fanno la tratta si è sparsa la voce che in Italia si faccia presto ad avere i permessi. Ma anche qui stessa manfrina. L’83 % delle richieste egiziane viene rigettato. I migranti fanno ricorso e chi è uscito dalla porta rientra dalla finestra. L’anno scorso sempre la polizia di frontiera di Trieste in tutto il mese di ottobre aveva rintracciato 491 immigrati. Quest’anno 1932. Senza contare quelli non “censiti”. Il presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, l’altro giorno è tornato a chiedere le riammissioni in Slovenia, in virtù di quell’accordo bilaterale del 1996. “Sulla rotta Balcanica – ha detto – non siamo Paese di primo ingresso e quindi è ingestibile di fronte a questi numeri dare risposte a una situazione che non si sarebbe dovuta creare”. “La situazione è insostenibile – dice alla Verità Lorenzo Tamaro, segretario provinciale del Sap Trieste – questa situazione non può essere scaricata sulla polizia che oltretutto lavora in forte carenza di organico e logistica inadeguata. Non abbiamo neanche delle norme adeguate e incisive come lo sono state quelle sulle riammissioni in Slovenia”. Prendiamo la via del ritorno. Incontriamo un gruppo di migranti. “Italy is very good”, dicono “I want to stay here. I want to stay here (Io voglio stare qui. Io voglio stare qui)”. Si fa sera. Nei boschi spuntano resti di indumenti e oggetti in continuazione. I clandestini hanno ricominciato a a camminare. Tra poche ore scenderanno verso Trieste. L’emorragia è inarrestabile.
Serenella Bettin
Pezzo uscito sul quotidiano La Verità il 17 novembre 2022 👇
Il mio servizio per Controcorrente Mediaset lo potete rivedere qui 👇
Riprese di Carlo Brotto e Simon Barletti.
Montaggio: Simon Barletti.
Qui è quando abbiamo dormito in auto aspettando che calasse il buio per trovare i clandestini 👇
Serenella Bettin e Fausto Biloslavo 👇
E questo invece è un servizio realizzato con l’inviato di guerra Fausto Biloslavo nell’estate 2019 per il Giornale 🗞️
🎥📸 #Reportage: al confine tra la Slovenia e la Croazia. In viaggio tra i trafficanti della rotta balcanica. Qui il triplo dei clandestini dei barconi. E vogliono tutti venire in Italia.
LEGGI IL PEZZO 👇
http://m.ilgiornale.it/news/cronache/scudo-anti-migranti-1752804.html
GUARDA IL VIDEO 👇
http://m.ilgiornale.it/video/cronache/scudo-sloveno-fermare-i-migranti-1750166.html
Appunti della Bettin 📲 👟 📝 👇
Quattro considerazioni sulla Rotta Balcanica che i talebani dell’accoglienza non apprezzeranno. Sono rientrata dalla Rotta e ho voluto lasciare che i pensieri defluissero via. Li ho lasciati scorrere come scorre l’acqua sul lavello sporco. Ero così talmente piena di visioni, di luci, di voci, di suoni, respiri, sbadigli, sospiri, di persone, di parole che ho voluto prendermi qualche ora per stare in silenzio e respirare. Ho lasciato che i pensieri scivolassero via per capire se fossi io a vedere tutto amplificato. Non lo è stato. Ho atteso il far della sera dormendo in auto. Il mio libro sull’immigrazione, karma vuole, si chiama proprio “Aspettando che arrivi sera”. La Rotta Balcanica è quella cosa che ti entra dentro e che vedi dal finestrino dell’auto quando stai per arrivare nel bosco e devi lasciare la macchina e proseguire a piedi. Sono suoni ovattati che immagini nella mente. Sono rumori sospetti, di notte, con le scarpe che scricchiolano sopra le foglie. Sono soffi di fogliame che cade. Voci nel buio. Luci in penombra che sembrano fiammelle che sputano fuoco sopra Trieste. Sono guardrail che ti passano accanto. Sono ombre. Quiete. Silenzi sospetti. Ma soprattutto sono passaggi. Da una parte all’altra. Dal Pakistan all’Iran. Dall’Iran alla Turchia. Dalla Turchia alla Bulgaria. Fino alla Serbia, alla Bosnia. Dalla Bosnia alla Croazia. Dalla Croazia alla Slovenia. E giù in Italia. Da questa porta aperta sul nostro Paese ogni giorno entrano illegalmente centinaia e centinaia di migranti. Il giorno che sono arrivata la polizia di frontiera ne aveva rintracciati 118. Erano tutti lì in fila per le pratiche. I documenti. Lo screening sanitari. Gli occhi spenti. Fuori dalla testa. I piedi martoriati dalle piaghe. Sembravano unguenti. Sanguinanti. Pieni di bolle. Pareva il miele che ribolliva dentro l’acqua. Carta vetrata. Cemento. Gesso. Pieni di terra. A una funzionaria a cui ho chiesto “Sono arrivati anche oggi?”, mi ha risposto: “Sì, come ogni santissimo giorno”. La polizia è affranta. Non ha mezzi. Risorse. Strutture. Danno loro un invito a presentarsi in questura. E questi la mattina alle sette fanno la fila. In piedi come i dannati li vedi mentre aspettano per chiedere accoglienza e protezione. Quale accoglienza. Quale protezione. Avuto il foglio, il prossimo passo è la commissione. Che deve vagliare la posizione di ognuno. Passano mesi. E chi esce dalla porta spesso, grazie ai ricorsi, rientra dalla finestra. In questo limbo creato ad arte “migranti” rimangono nel nostro Paese. Ingrossano le fila delle stazioni. Le vie. I quartieri. Le strade. Clandestinamente rimangono in Italia. Dati alla mano, il 58% delle richieste che la commissione riceve viene rigettato. Ma di fatto, mi dice una fonte ufficiale, questi dall’Italia non se ne vanno. Le espulsioni costano troppo. Rimangono qui. Senza casa. Né lavoro. Né niente. Perché alle anime belle, progressiste con il filo di seta e le sciarpette di Hermes, questo non interessa. Alle anime belle non interessa se questi una volta arrivati in Italia pernottano davanti la stazione, bivaccano sui giardinetti, sostano in mezzo alla strada, dormono sopra i carrelli della spesa del discount (visto io con i miei occhi). No, ai talebani dell’accoglienza interessa altro. Chi se ne frega se questi disgraziati si annidano nei parchi. Per i radical chic l’importante è che vengano in Italia, poi se sono ridotti allo sfascio in mezzo alla gente che per passare deve fare lo slalom tra sacchi a pelo e tende e coperte, non è un problema. Stanno lì. Aspettando che arrivi sera.
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