Un rumore che va ascoltato.

“Siamo in un ritardo geologico spaventoso” così Massimo Carlotto nel parlare del suo libro “Nordest”, libro a quattro mani scritto con Marco Videtta, uscito nel 2005 e che è stato alla base di una conversazione con Fulvio Ervas la sera del 3 dicembre nella Sala Pertini di Villa Farsetti a Santa Maria di Sala. Romanzo che già si preannunciava presago di quello che sarebbe accaduto nella nostra società oggi. L’ascesa al potere dei grandi industriali, la grande locomotiva dell’economia italiana, la grande crisi, l’abbandono del Veneto da parte dei giovani e degli stessi industriali che l’hanno governato. La “quotidiana morte dell’anima” dirà Roberto Saviano in commento al romanzo di Carlotto “Niente e più niente al mondo”. La colpa? “Credo –dice Carlotto – che i figli del Veneto siano stati profondamente traditi da chi non si è assunto le proprie responsabilità e quando ha capito che stava per arrivare la crisi, ha pensato di fuggire all’ estero lasciando a questa regione un’eredità pessima. Una regione saccheggiata in un modo allucinante; per un lungo periodo c’è stato un equivoco di fondo: la ricchezza di denaro. Abbiamo avuto l’impressione che questa locomotiva girasse all’ infinito e invece così non è stato, la locomotiva si è inceppata perché anziché usare la ricchezza per diventare migliori, siamo diventati peggiori. La ricchezza che avevamo l’abbiamo sperperata, disseminata”. Così come si stanno disseminando i giovani che ora se ne vanno all’ estero. “Girando il mondo – continua Carlotto – vedo ragazzi che capiscono che in questa Regione non c’è più posto per loro. Se ci fosse stato un recupero sul terreno della cultura, i ragazzi non sarebbero andati a lavorare in fabbrica troppo presto e ci sarebbe stata più scolarizzazione; così mentre nelle altre regioni europee capivano che era diventato importante a un certo punto investire su un discorso museale perché portava ricchezza anche dal punto di vista anche turistico, noi siamo indietro”. “C’è un grande impoverimento storico culturale – commenta Ervas – facendo l’insegnante trovo una generale demotivazione delle nostre generazioni; il mondo sta diventando sempre più complesso e non puoi affrontare un mondo complesso se conosci quattro vocaboli. Colpa anche della televisione, questo è il Paese dove ogni giorno muore un vocabolo. Mi chiedo quale sia la mia responsabilità? Da scrittore però – conclude Ervas – posso dire ai ragazzi di leggere, gli scrittori possono fare molto, ci sono libri che fanno divertire, pensare, riflettere, ma ci sono anche libri in grado di fare rumore”. Un rumore che va ascoltato.
S.Bett