Mia madre fa lezione in piedi davanti al computer

Dal Figlio del Foglio del 29 maggio 2020 👉 https://www.ilfoglio.it/il-figlio/2020/05/29/news/mia-madre-fa-lezione-in-piedi-davanti-al-computer-in-salone-per-ore-ma-non-basta-piu-320171/

Conosco i ragazzi di mia madre che fa l’insegnante. Non li ho mai visti. Ma li conosco tutti, per nome. Li sento nominare. Quando arrivo da mia madre, la trovo in piedi davanti al tavolo del salone: con il telefono in mano, riprendendosi sullo schermo, e con il portatile e il tablet tiene le sue lezioni. Mia madre ha sessantaquattro anni. Le lezioni le dice ogni giorno. Anche di sabato. Ha venticinque alunni per classe e ha diviso i bambini in cinque gruppi. Mia madre tiene la stessa lezione cinque volte. Cinque volte al giorno spiega lo stesso pronome. Cinque volte al giorno spiega la stessa regione. Dalle due e mezza alle tre. Dalle tre alle tre e mezza. E così fino alle cinque. Poi corregge i compiti. Non una volta, ma venticinque volte. Compila il registro, inserisce i compiti sulla piattaforma elettronica, prepara le carte per la segreteria, risponde ai whatsapp, anche di notte; manda i compiti la mattina, se li prepara la sera prima, imposta la chiamata con gli alunni, tiene l’agenda, aggiorna il calendario, aggiunge i partecipanti, li toglie, a seconda delle esigenze di tutti. I suoi bambini sono molto contenti. L’anno prossimo andranno alle scuole medie. “Immagina il tuo primo giorno”, è stato un tema che ha dato. Qualcuna se lo immagina con le amichette di sempre; qualche altra si vestirà bene: ci saranno tanti ragazzi. Un altro ha scritto che avrà tanta paura. “Maestra ma ci rivediamo?”, “ma ci rivediamo in classe?”. “Bambini avete domande?”. “Sì. Maestra come stai?”. Perché la paura, che in questi mesi si è presa tutto, gli spazi, i tempi, i divani, i cambi mai fatti degli armadi; la paura va anche presa per mano. E per quanto gli insegnanti ora stiano facendo il massimo, sputando sangue, andando oltre lo schermo, non basta. Non basta più.

Scrutinio Finale

Questo pezzo “Scrutinio finale”, nel Figlio del Foglio, pagina curata da Annalena Benini, è un pezzo a cui tengo molto.

Perché lo sto vivendo appieno. Perché ci sono dentro. Fino al collo. Perché non solo racconta tra le righe il sentire di una figlia per la madre, un rapporto ancestrale, viscerale, ombelicale; lo senti dentro, ti prende appieno, soffre una, soffre anche l’altra; ma perché narra anche lo stato in cui sono costretti a vivere alcuni insegnanti che magari non si sono mai tirati indietro per lavorare.

Quando torno a casa dei miei e vedo mia madre in piedi davanti al salone, in cuor mio spero che la scuola finisca al più presto (tra parentesi è finita ieri per la gioia di insegnanti e genitori, i bambini non l’hanno manco sentita) perché non ne posso più di vedere mia madre che tiene le lezioni in rete, che risponde ai whatsapp anche di notte, che risponde sempre, che tenta di barcamenarsi in mezzo all’universo fino a pochi mesi fa sconosciuto di nuvole, drive, piattaforme, caricamento dati, pdf.

Non è questa la scuola. Non lo è.

Non è questa la scuola che avevamo sognato. Fatta di liberi pensieri, di libri altisonanti, di cavalcate tra i manuali, i letterati, di conversazioni a tavolino con gli onesti. Non lo è.

Personalmente sono stanca di vedere mia madre che lavora il triplo di prima per riuscire a correggere, a finire il programma, a mettere i voti, a connettersi in piattaforma.

Il cellulare, il tablet e il computer suonano a ogni ora del giorno, è un continuo di rimandi, drin, plin, notifiche, suoni, input, distrazioni che se non servono a distrarre distraggono lo stesso.

Così l’altra sera sono andata dai miei. Era tardi, ho aperto la porta della cucina e ho trovato mia madre curva sulla sedia che fissava lo schermo del telefonino.

Cosa fai, le ho chiesto. Mi ha detto che stava guardando un video su YouTube. “Sai quei tutorial come li chiamano adesso”. Credevo stesse guardando qualcosa per la casa, un dolce, un impacco per i capelli, e invece no.

Stava guardando un video per fare gli scrutini online.

E sul Foglio trovate il mio racconto.

LEGGI IL PEZZO 👉https://www.ilfoglio.it/…/05/news/scrutinio-finale-320595/

Apro la porta della cucina, è sera tardi, e trovo mia madre curva sulla sedia che fissa lo schermo del telefonino. Le chiedo: cosa fai? Mi dice che sta guardando un video su YouTube, “sai quei tutorial, come li chiamano adesso”. Credevo stesse guardando qualcosa per la casa, un dolce, un impacco per i capelli, e invece no. Sta guardando un video per fare gli scrutini online. “Webinar: gestione scrutini ed esami con il registro elettronico”. Mi dice che gliel’ha mandato un collega sulla chat delle insegnanti e che può essere utile. Mia madre insegna dal 1976, e da una decina di giorni è nel pallone, non sa chi come cosa e dove andare a parare. Conosco bene quella sensazione di quando non hai ben delineato il perimetro delle cose, di quando non le hai concretizzate, di quando non sai come prenderanno forma e sostanza nel mondo reale. Sai che esistono perché se ne parla, ma non sai dove siano, che forma abbiano.

Mia madre da febbraio, assieme ai suoi colleghi, vive un mondo fatto di nuvole dove mettere i dati, drive dove caricare le lezioni, caselline sospese tra un pixel e l’altro dove inserire i voti; sa che esiste il registro elettronico, ma materialmente non sa dove sia. Il fatto poi di trasportarlo all’interno di una piattaforma, come le hanno detto, la manda ancora più in crisi. Come si prende il registro e lo si condivide nello scrutinio finale? Nelle chat di whatsapp del gruppo delle maestre, i docenti si scambiano messaggi per cercare di capire come affrontare questa fase, quella più problematica, quella più impegnativa, quella che ti porta a dover dare giudizi senza giudicare, soprattutto quest’anno: dare un voto è estremamente difficile. Gli scrutini nell’istituto comprensivo dove insegna mia madre cominciano lunedì 8 giugno. La dirigenza scolastica ha suddiviso con estrema precisione tutte e 69 le classi. Ogni classe ha la sua ora per fare lo scrutinio: scaduta quella, si prende e si gira alla classe successiva. Lo scrutinio quest’anno avrà luogo sulla piattaforma elettronica, la Office 363 Education. Non sarà possibile per i docenti andare in aula, sedersi, aprire i registri, guardarsi negli occhi e decidere i voti. Nemmeno senza bambini, stando a distanza, in cinque insegnanti per aula. Si può andare al ristorante ma non ci si può sedere in un’aula con le finestre aperte e le mascherine. Non si può discutere – non solo virtualmente – parlare di un alunno, scambiare opinioni, prendere del tempo per riflettere, per pensare, per questo tempo così perso che ora tutti vorremmo. Una volta gli scrutini duravano ore, da qualche anno ci sono i registri elettronici, e da quest’anno lo scrutinio è online. Per affrontarlo sono stati diffusi dei criteri di valutazione pienamente esaustivi, sintetici e sbrigativi. Per il comportamento si valuta se sia maturo e responsabile, responsabile e corretto, corretto e basta, parzialmente corretto, non sempre corretto e poco responsabile, scorretto e poco responsabile. Per l’apprendimento si tiene conto se gli obiettivi siano stati pienamente raggiunti, raggiunti e basta, raggiunti in modo positivo o in modo complessivamente positivo, generalmente raggiunti, raggiungi in modo parziale o non raggiunti. Poi per il giudizio globale ci sono una serie di frasi prestampate dove inserire la parola desiderata.

Per esempio, se il bambino si è applicato con impegno, si decide se questo impegno sia stato costante, proficuo, rilevante, discontinuo. Ma quello che mia madre e le sue colleghe e colleghi continuano a non capire è perché non si possa andare in classe per lo scrutinio finale, e materialmente come avverrà lo scrutinio online. Il coordinatore di classe dovrebbe aprire lo scrutinio, collegarsi in piattaforma, avere ben chiara la situazione e redigere il verbale. Forse è troppo chiedere a qualcuno, che fino a pochi mesi fa usava soltanto whatsapp, di connettersi in piattaforma con il telefonino, partecipare alla videoconferenza e scrivere contemporaneamente con il computer. Per non parlare di tutti quei report, caricamento dati, trasporto file e pdf che per una persona di sessantaquattro anni erano quasi arabo.

“Ho impiegato mezz’ora – mi dice mia madre – per capire come cancellare un voto, secondo te riesco a fare tutto questo? E’ uno scrutinio secco. Una volta si parlava e si discuteva ore”. I voti una volta avevano un peso. Ma anche adesso ce l’hanno. Nel vero senso della parola. “Sì, nel registro elettronico – mi spiega mia madre – se dai un otto, ti viene chiesto il peso”. Come il peso? “Sì, ok l’otto, ma in cinque anni è veramente un otto? Che peso ha?”. La guardo perplessa, che peso ha? Intanto mia madre gira il cucchiaino dentro la tazza della camomilla. “Ti fanno venire il mal di stomaco – mi dice – Ti fanno venire il mal di stomaco”.