Dal diario Facebook del 27 luglio 2017
Quando ieri sono uscita da quella stanza d’ospedale mi sono chiesta se veramente la vita sia un “brivido che vola via”.
Se veramente la vita sia in grado di restarsene attaccata a un brandello di vita.
Ricordo che per alcuni attimi ho vagato per le vie di Mestre senza sapere bene dove fossi. Mi sentivo spaesata. Confusa. Frastornata. Stordita.
Mi sono chiesta come fosse possibile che la vita, l’energia per eccellenza, sia così fragile, debole, delicata ma allo stesso tempo così forte, dura, ferrea.
Così fragile da portarti via una notte e così dura da farti rimanere ancorata alla vita come fosse l’unico brandello di un vestito sgualcito.
Ricordo che mi sono messa in un bar di piazza Ferretto per scrivere il pezzo ma per tre quarti d’ora non ho parlato.
Non ho nemmeno risposto al telefono.
Il caffè che nel frattempo era arrivato evaporava dalla tazza, diventando freddo e le sigarette si consumavano una dopo l’altra tra le dita della mano.
Dopo aver buttato giù tutto.
Ho bevuto il caffè, ho chiamato mia madre, mi sono incamminata e ho ripreso la macchina.
Ma il viaggio del ritorno non era più come quello dell’andata.
Elisa è in stato vegetativo da undici anni e mezzo perché una notte fece un incidente.
Il suo fidanzato guidando l’auto ebbe un colpo di sonno. Era il 22 febbraio 2006.
Una parte della calotta cranica di Elisa rimase all’interno della vettura.
E ora Elisa è senza una parte del cervello. Quando ho salutato il padre di Elisa, dopo aver visto la figlia, mi ha detto: “Spero che le serva perché sia sensibile in futuro”.
Il nostro servizio. Oggi su #ilGiornale
LEGGI IL PEZZO – “Undici anni e mezzo così. Le è sufficiente?”. È il padre di Elisa che ci parla mentre sistema la testa della figlia adagiata su quel letto della casa di riposo Antica Scuola dei Battuti di Mestre. Lì al terzo piano a cui si accede oltrepassando una «Sezione riservata» sta la figlia, ora 46enne, in stato vegetativo persistente da quasi dodici anni. Era il 22 febbraio del 2006 quando Elisa e il suo fidanzato erano di ritorno da Padova. Un colpo di sonno di lui e l’auto finisce fuori strada. Lui si salva con poche fratture, lei sbatte violentemente la testa sul cruscotto e il cervello si frantuma in mille pezzi. Una parte della scatola cranica rimane dentro la vettura e i medici possono soltanto tenerla in vita. Il fidanzato dopo circa sei mesi si toglie la vita.
Ieri abbiamo incontrato il padre di Elisa e siamo andati a vederla. Di quella ragazza bella, raggiante, con i capelli ricci e il rossetto rosso come ci mostra il padre in una foto rimane poco. Stesa su un letto d’ospedale, il capo rivolto verso l’alto, la bocca spalancata, le labbra che si muovono su e giù senza sfiorarsi mai e le ciglia che sbattono con un movimento repentino quasi meccanico. Il padre Giuseppe, 69 anni, è l’unico parente in vita…”
LEGGI L’INTERVISTA
http://www.ilgiornale.it/news/politica/mia-elisa-eluana-11-anni-senza-speranza-1425189.html
#SBETT