Il covid non ci ha insegnato un tubo

Libero, 21 maggio 2022

Niente. Il covid non ci ha insegnato nulla. Ci mancava il vaiolo delle scimmie. E i virologi dopo qualche mese di buio, spariti dai riflettori dei salotti televisivi, tornano a battibeccare. Anzi per fare più rumore stanno dicendo tutto il contrario di tutto. L’allarme è scattato giovedì scorso quando all’ospedale Spallanzani di Roma è stato identificato il primo caso di vaiolo delle scimmie in Italia. Un uomo rientrato dalle Isole Canarie. Ieri si sono aggiunti altri due casi, tutti confermati dalle analisi e correlati al caso zero. Caso zero. Paziente uno. Dio, sembra di rivivere il 21 febbraio 2020 quando il mondo piombava nel delirio cosmico. Da quel giorno infatti, dopo Sanremo, nessuno ci ha più capito un tubo. Ma dopo due anni e mezzo siamo punto e a capo? L’Istituto Superiore di Sanità, da sempre esistito ma nessuno se l’era mai calcolato, “ha costituito una task force composta da esperti del settore e ha contattato le reti sentinella dei centri per le infezioni sessualmente trasmesse al fine di monitorare continuamente la situazione”. Una delle regole da seguire è la “prudenza nei contatti stretti o sessuali che presuppongano uno scambio di fluidi corporei”. Occhio al sesso quindi. Fatelo ma con prudenza. “Teniamo alto il livello di attenzione”, ha detto il ministro alla Salute Roberto Speranza che aveva dichiarato la stessa cosa per il covid. “Massima attenzione, ma nessun allarme eccessivo”, ha esordito il sottosegretario Pierpaolo Sileri. Rivolgersi al medico. Non toccate occhi naso e bocca. Improvvisamente si viene ricatapultati dentro a quel frullatore chiamato covid che per due anni e mezzo ha deciso le nostre vite, i nostri spostamenti, le nostre feste, convegni. Dio mio che sta succedendo. Sta ricapitando? Ci sono anche i negazionisti. E puntualmente arrivano loro. I virologi. Dice Matteo Bassetti: “I numeri di casi del vaiolo delle scimmie continuano a crescere. Si parla di centinaia di casi in Olanda e raddoppio di quelli in Spagna e Uk. Come previsto saliranno ancora, arrivando a moltissimi casi nel mondo nei prossimi giorni. Serve attenzione, ma nessun allarmismo”. Poi arriva Andrea Crisanti. Ma insomma! Di che parliamo. “Non è una malattia che si prende al bar o al ristorante. Non è nuova e chi la presenta così racconta una bufala clamorosa: è endemica in Congo, abbiamo avuto un cluster nel 2003 negli Stati Uniti e in Sudamerica ci sono stati diversi casi negli anni scorsi” spiega il direttore di Microbiologia molecolare dell’Università patavina. “Ci si infetta se si va in contatto con i fluidi corporei di persone infette, ma ha bassa trasmissibilità nell’uomo”. Inoltre “esistono farmaci per trattarla e un vaccino”. Ok. Quindi tranquilli? No un attimo! Walter Ricciardi, il consigliere del ministro Speranza e docente di Igiene alla Cattolica di Roma, dice: “La situazione va monitorata. È presto per trarre conclusioni, ma l’allarme è alto. Nessuno si aspettava un’ evoluzione così negativa del vaiolo delle scimmie, che conosciamo da tempo ma che era stato un fenomeno limitato”. Naaa. Piano. “Nessuna psicosi – interviene Fabrizio Pregliasco direttore sanitario del Galeazzi di Milano – Nulla a che vedere col covid. È una malattia diversa. È meno contagiosa. Bisognerà vigilare”. Secondo Carlo La Vecchia, epidemiologo della Statale di Milano, “se entro domenica a livello nazionale saranno 10, o comunque non più di 20, siamo di fronte a un’epidemia che dilaga. Se no, se saranno di più o addirittura più di 100, allora dovremo considerare più seriamente il problema”. Più ottimista Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società italiana di Malattie Infettive e tropicali. “Siamo in una situazione di assoluta tranquillità, mi preme dirlo. Sono pochissimi casi in tutto il mondo e non dobbiamo in nessun modo innescare un meccanismo di grande preoccupazione. C’è attenzione ma nulla di più”. Massimo Galli già giovedì diceva così. “E’ probabile che la trasmissione del virus del vaiolo delle scimmie sia partita da un contatto con gli scoiattoli. In Occidente è raro che si siano visti dei casi di alta gravità”. Ok. Quindi che si fa? L’Oms che dice? L’Oms che l’8 maggio di due anni fa aveva detto: “Abbiamo sconfitto il vaiolo 40 anni fa, possiamo sconfiggere il covid”, ora spiega che la situazione è in rapida evoluzione. Il nastro che si riavvolge. Il mondo che si capovolge. Mancano i fulmini di Burioni. 

Serenella Bettin 

E se sul palco ci fosse stata Blanca?

Blanco in arte Riccardo Fabbriconi

La toccata di palle a Blanco da parte di una fan che ha provato ad aggrapparsi all’unico elemento sporgente si è risolta in un amen. Non ci sono stati cori mediatici. Appelli su Facebook. Vignette “Fan molesta stai attenta, io ti metto i piedi in testa”. Conferenze stampa. Oche giulive che starnazzavano in piazza. O storie pubblicate su Instagram che rimangono 21 ore e poi chi se ne frega. Così come non si sono viste le donne dem inveire contro gli alpini. Non c’è stato niente di tutto ciò. La toccata al pacco di Blanco non ha riscosso molto successo. Il che non si capisce per quale motivo. Se sia perché una certa parte della sinistra considera meno importante il pisello e di più la patatina, o se sia perché Blanco non ha fatto tanto casino anzi forse manco se n’è accorto ed è passato tutto liscio. Spero. Insomma si narra, a giudicare dalle immagini postate su TikTok, diventato ormai testimonianza di vita vera vissuta – ehi ciao bello guarda come mi diverto – che una fan durante l’ultima esibizione al concerto di Radio Italia Live, sabato scorso, in Piazza Duomo a Milano, si sia aggrappata sui pantaloni del cantante, il golden boy delle classifiche, in arte Blanco ma all’anagrafe Riccardo Fabbriconi, classe 2003 e abbia iniziato a toccarlo e a “palpeggiarlo”. Un video diventato virale che ha scatenato qualche dibattito. Nulla a che vedere con le femministe dove per le molestie ricevute dagli Alpini si sono mossi i Caschi Blu, l’Esercito, la Nasa, gli uomini della celere in tenuta antisommossa. Non oso immaginare se anziché Blanco sopra il palco ci fosse stata Blanca a ricevere una manata. Qualcuno avrebbe pensato di far intervenire Biden, chiedere una risoluzione alle Nazioni Unite, adire la Corte internazionale di Giustizia o che so io la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Una tizia su TikTok ha commentato: “Grazie alla ragazza che mette la mano sul caz di Blanco, rovinandomi il video dove lui prende per mano il mio ragazzo”. Capito che roba. Il problema non è la mano sul pacco di Blanco. Ma il fatto che poverina le rovinasse il video. Nessuna violenza sessuale quindi? Nessuna Beccaglia in azione? La palpata a un uomo non rientra negli atti illeciti? Dinanzi a questo le paladine del Mee Too Me Three Me Four eccetera eccetera non hanno detto un tubo. Non hanno mosso un dito. Pardon una mano. Un po’ come quando l’unico stupro accertato a Rimini era quello di un somalo ma le femministe non hanno detto nulla perché tanto è colpa nostra, di questa nostra società così misogina maschilista patriarcale rozza che tocca il sedere alle donne e urla loro: “Ciao bella figa”. Vero. Che rozzi siamo. Mi chiedo invece che tipo di società sia quella che tocca le palle agli uomini. E non si indigna.

#sbetti

Femministe che figure

Dal diario di Facebook- 18 maggio 2022

Alla fine di tutta questa storia non so se quelle che hanno buttato il fango sugli Alpini ne siano uscite bene. Io fossi in loro mi vergognerei. Per se stesse. Per gli Alpini. E in primis per tutte quelle donne veramente vittime di violenze. Cosa credete? Che un processo per violenza sia facile da affrontare? Ci sono processi che durano anni. Dove emergono particolari dolorosi. Atroci. Che scavano dentro sofferenze che non rimargini. Niente a che vedere con le palpate sul culo. O con il Bella Figa o con qualche invito non sempre galante di qualche brillo che ha alzato di troppo il gomito. Ma le femministe si sono incazzate. Hanno iniziato dieci giorni fa a rompere le palle. Gettando fango e melma addosso a una categoria che mai si è risparmiata. Li vedo gli Alpini arrivare quando ci sono le disgrazie in giro per il mondo. (Qui in questa foto era durante un alluvione). Quando accade qualcosa e devi fare qualche servizio la maggior parte delle volte o ti accompagnano loro, o la protezione civile. Li ho visti durante il terremoto nelle Marche. O durante il covid. Che se fosse stata per l’organizzazione del nostro passato governo, da Conte, Di Maio, Cinque Stelle, che hanno amministrato il nostro Paese come fosse un campo di pannocchie, saremmo ancora qua a far la conta dei morti e vedere che toccano i mille. Ma in Italia siamo bravi a infangare ciò che non ci piace. Siamo bravi a piegarci a seconda delle convenienze. Siamo bravi a riempirci la bocca e i sederi col politicamente corretto. Col buonismo. Col perbenismo. Detto da gente che ti lascia senza lavoro dall’oggi al domani. Io la conosco sta gente. So di cosa parlo. Conosco perfettamente le pressioni per manipolarti il pensiero. Per condurti a pensare come la pensano loro. Quelle sono violenze. Ma nonostante questo continuiamo a parlare di cose senza senso. E i problemi veri li lasciamo lì. Perché le femministe, che sono così brave, non vengono a Padova la sera che quando torno da Milano mi devo far venire a prendere? Perché non dicono quali siano i problemi veri del Paese quando una donna non può rientrare in stazione da sola perché ha paura? Abbiamo città invase da molestatori, clandestini, spacciatori, pisciatori facili. A Padova pisciano davanti le vetrine dei commercianti. Quando c’è stato il periodo di tutte quelle aperture – apri – chiudi – chiudi – apri dove non si capiva na mazza e alcuni negozi erano aperti ma le città erano deserte, una commessa una sera mi disse: “Io tengo chiuso lo stesso perché sono da sola, la città è vuota, e quando esco da qui ho paura”. Ma continuate. Continuate a protestare per “Bella Figa”. Ringraziate Iddio di aver ricevuto un complimento.

#Sbetti

Alpini Udine 2023. Già tutto esaurito

Da Libero – 17 maggio 2022

Alla fine il tempo è galantuomo. Restituisce tutto a tutti. E alle cattiverie ci pensa la Provvidenza. Ebbene. Per la 94 esima Adunata degli Alpini che si terrà a Udine nel 2023, è già tutto esaurito. Alberghi pieni, appartamenti anche, b&b idem, solo qualcosa su Airbnb. Alla faccia di quelle che si sono prodigate attivando una petizione per sospendere per due anni le adunate. Ieri le firme erano giunte a 20.140. Ma nei vari siti di prenotazione ferie, alloggi, alberghi e vacanze è tutto esaurito. Vallo a dire agli albergatori ancora crocefissi dal covid, che la manifestazione viene sospesa. “Chiediamo la sospensione per due anni delle adunate degli Alpini”, schiamazzavano in coro le attiviste di “Non una di Meno”. “Diamo un chiaro segnale”, “non siamo più dispost* ad accettare questo comportamento svilente per le donne”. Ma nessuno minimizza o toglie gravità alle molestie, qualora ci siano state, ma non so cosa ci sia di più svilente nell’affidare una violenza al marciume del web. Finora una sola denuncia. Forse ne arriveranno altre due. Ma su 500 segnalazioni, nessuna richiesta di aiuto è giunta durante i giorni dell’ Adunata. Udine non è Rimini. Ha meno alberghi, ma ieri cercando una camera per i giorni del prossimo raduno l’ho trovata a 25 chilometri. Inserendo come motore di ricerca le date 11 maggio – 15 maggio 2023, Booking.com riportava: “Nessuna struttura rimasta nel nostro sito”. Solo qualcosa in periferia, ma i prezzi sono alti e i chilometri dal centro sono tanti. Per le strutture più abbordabili: “Resta solo una camera a questo prezzo”. Altre disponibili sono a 20, 25, 30 chilometri da Udine. Se provo a chiamare in un hotel quasi si mettono a ridere: “No signora, mi dispiace è tutto pieno”. Provo in un altro: “Siamo già completi”. Non mi arrendo e provo ancora. Zero. Niente da fare. “Mi deve mandare una mail ma stiamo aspettando delle conferme, le faccio sapere”. Impossibile, non si trova niente. Il karma. “L’Adunata del 2023 non sarà solo un evento che incarna i valori di solidarietà, fratellanza e volontariato dell’Ana, ma sarà anche un grande evento economico e turistico”, aveva detto l’assessore comunale alle Attività produttive, Maurizio Franz. “Una pazzia sospenderla – aveva tuonato il sindaco di Udine Pietro Fontanini – Stiamo parlando di episodi i cui contorni sono tutti da chiarire e  i responsabili devono avere un nome e un cognome”. Intanto da Rimini arriva la solidarietà dell’associazione albergatori della Riviera Romagnola che esprime “la profonda gratitudine all’Associazione Nazionale Alpini per l’atmosfera che ha regalato al territorio”, elogiando la “condotta irreprensibile dei partecipanti, che si è sempre mantenuta in uno spirito gioioso e aperto”. L’associazione condanna eventuali episodi spiacevoli, ma si dissocia da “polemiche che forse per mera voglia di visibilità gratuita, hanno voluto confondere la pura goliardia con comportamenti non consoni o molesti”. Arrivederci al 2023. 

Serenella Bettin

Alpini. Ma alla fine che è successo?

Il mio pezzo su La Ragione – 17 maggio 2022

Gli Alpini. Ma alla fine cos’è successo. È la sera di venerdì 6 maggio quando ricevo un messaggio con scritto che le femministe di “Non una di Meno Rimini” hanno lanciato una protesta in Instagram perché sarebbero state molestate dagli Alpini. “Alpino molesto se mi tocchi ti calpesto”. In questi giorni si tiene la 93 esima Adunata e io che sono qui, non ho ancora avuto il sentore di queste molestie. In piazza, con una poliziotta qualcuno si ferma a offrire un prosecco. Ma “no sai, non posso, sono in servizio, tengo famiglia”. La protesta monta e nel giro di poche ore arrivano centinaia di segnalazioni in Instagram. Com’è brutto il mondo di oggi. Se uno ha bisogno di aiuto anziché rivolgersi alle autorità competenti lo chiede nei social. Un po’ come quando si vedono i rifiuti al parco e anziché chiamare i vigili o il sindaco, le foto finiscono nei vari gruppi dei comuni. La maggior parte delle volte poi i rifiuti rimangono lì perché la polizia locale non ha Instagram. Le attiviste parlano di 500 segnalazioni. Ma durante i giorni dell’Adunata agli uomini in divisa non è giunta nessuna chiamata. Nessuna richiesta di aiuto. Dopo due giorni arriva una denuncia. Una donna di 26 anni dice di essere stata molestata da tre Alpini. Il giorno dopo ancora arriva una segnalazione tramite l’applicazione YouPol della polizia di stato in cui una 40 enne dice che un alpino le ha “leccato il piede o avrebbe tentato di farlo”. La questura contatta la donna ma lei non si presenta a formalizzare la denuncia. E arriviamo a giovedì scorso quando la portavoce delle donne democratiche di Rimini, Sonia Alvisi, dice sostanzialmente: occhio che la denuncia deve essere fatta altrimenti si rischia di non essere credibili. E si getta discredito verso un Corpo che sempre si è distinto per il suo decoro. Infatti. Il Corpo Alpini è in subbuglio. Lì dentro ci sono padri di famiglia, lavoratori, ex militari, soldati, che mai si sono risparmiati per il bene dell’Italia. Dove ci sono le calamità arrivano loro. Ma al Pd nazionale non vanno giù le parole della portavoce del Pd locale e Sonia Alvisi in serata si dimette. Nel frattempo le femministe attivano una raccolta firme su Change.org che giunge a 19.964 firme. Chiedono la sospensione delle adunate per due anni. Il presidente Sebastiano Favero dice che chi ha sbagliato verrà punito. Sabato mattina arriva la notizia che un tentato stupro a Rimini c’è stato, prima però che arrivassero gli Alpini. E è quello da parte di un somalo di 27 anni ospite del centro accoglienza. Il pomeriggio del primo maggio ha tentato di violentare una donna di 60 anni, mentre faceva jogging. Gli uomini della squadra mobile ci hanno messo giorni per trovarlo. Lui era scappato. Dinanzi a questo le femministe di Non una di Meno hanno detto che è come fosse colpa nostra. Perché la nostra società è fondata sul patriarcato e il maschilismo. Cronache in rosa.

Serenella Bettin

“Ciao bella donna”. “Shh. Zitto che non si può dire”

A casa di Giancarlo Gentilini – sabato 14 maggio 2022

Quando faccio le interviste chiedo sempre di andare a casa. È a casa che ci si lascia andare. Ci si scarica. Ci si scioglie. Si abbattono muri e finestre. A casa si scoprono tutti i lati. Gli angoli. Le paure. I pregi. I difetti. Lo percepisci da quello che senti. Lo annusi. Nei gesti. Nelle pareti. Tra le suppellettili. Parlano anche i muri. Oggi su Libero la mia intervista a Giancarlo Gentilini. Uno degli Alpini più vecchi. 93 anni. Come le Adunate.

Quando sono entrata a casa di quest’uomo, l’ho visto tutto d’un pezzo in piedi sulla porta. In un attimo come in un flash che ti attraversa il cervello mi sono rivista seduta sui banchi del liceo a Treviso, quando lui era sindaco. In un attimo mi sono venute in mente quelle scene di quando tolse le panchine per non far sedere gli immigrati. Di quando disegnò i teschi a terra per segnalare gli incroci pericolosi. Di quando avviò la protesta contro i chewing-gum. O di quando si scagliò contro il Gay Pride. Dalle espressioni colorate di certo non si può dire che non fece parlare di sé. Quando ai miei amici marchigiani dicevo: “vado al liceo a Treviso”, mi rispondevano: “Oddio dove c’è il sindaco sceriffo?”. Ma la città a quei tempi era sicura. Mica come adesso che Padova per esempio è un ricettacolo di banditi spacciatori e molesti. Ricordo che quando frequentavo il liceo mi dicevo: ”io un giorno questo sindaco lo voglio conoscere. Ci voglio parlare. Voglio fare una lunga chiacchierata con lui. Voglio vedere com’è. Capire come pensa”. E quel giorno è arrivato. Sabato 14 maggio sono rimasta tutto il pomeriggio a casa sua. In piedi sulla porta mi ha stretto la mano che pareva me la stritolasse. Mi ha fatto accomodare in salotto. E quando sono entrata ho fatto un giro su me stessa. Tutto attorno era un caleidoscopio di quadri, foto, immagini, che parlano da sole. Mi ha subito colpito quella su in cima alla porta dove lui abbraccia la moglie. La moglie si chiama Maria Pace ed è una signora risulta e distinta. Mi devo ricordare di ringraziarla ancora per il caffè e dirle che era buono davvero. Dopo l’intervista mi ha accompagnato con la moglie alla porta. Mi ha detto: “Ciao bella donna”. “Shh- gli ho detto – non si può dire”

E qui trovate la mia intervista uscita su Libero

In piedi tutto d’un pezzo lì sulla porta, alle quattro in punto, Giancarlo Gentilini, è pronto per ricevermi. Mi fa accomodare in salone. Tutt’attorno è un puzzle di quadri, ritratti, fotografie che parlano da sole. Una bella immagine lo ritrae mentre abbraccia la moglie. La moglie Maria Assunta Pace è una signora risoluta e distinta. Lui, giacca verdone a quadri e cravatta verde Lega, indossa la spilla degli Alpini. Alle pareti un ritratto lo dipinge impettito. La fascia tricolore di quando era sindaco di Treviso. E quel cappello. Per lui sacro. Quello delle Penne nere. Novantaquattro anni il 3 agostoprossimo, ha gli stessi anni delle Adunate degli Alpini e indossa l’energia di un 50 enne irrobustito dalla vita. Naso adunco. Il suo profilo sembra quello del Duca di Urbino, Federico da Montefeltro. Gli occhi cerulei, attenti, cercano sempre l’interlocutore. La sua grinta si trasmette nelle mani. Nei colpi sopra il tavolo quando si scalda. O nella sua risata ancora grossa grassa e pazzesca, quella che in mezzo alla gente si distingue perfettamente. Perché lui è stato questo. Dalle espressioni che facevano discutere. A Treviso lo vedevi ovunque. Giunto alle cronache internazionali per la sua lotta agli immigrati clandestini, al Gay Pride, ai chewing-gum per terra, fu lui a far togliere le panchine per non fare sedere i clandestini. O a disegnare i teschi per segnalare gli incroci. Chi scrive ricorda quegli anni. Andavo al liceo a Treviso. E tutto si può dire tranne che la città non fosse sicura. Sindaco dal 1994 al 2003, vicesindaco fino al 2013, per anni ha avuto la scorta. Fu Umberto Bossi durante un comizio a riferire che era stato minacciato dalle Br. Sorriso fiero. Sguardo attento. Nel 2000 venne insignito della targa di “sindaco sceriffo”, anche nel North Carolina. È uno di quegli uomini che non puoi imbrigliare. Non li puoi incatenare.

Cosa pensa dei fatti di Rimini? “Ciò che è successo è una congiura di un colore ben definito che non è certamente quello del centro destra. Hanno voluto cercare qualcosa che potesse minare la sacralità degli Alpini”.

A Rete Veneta ha detto che non ha mai visto queste cose alle Adunate. “Mai. Ne ho fatte 50 in tutta Italia, la mia prima nel 1957. L’Adunata è una cosa sacra. Ma si è persa la sacralità”.

Cioè?“Ora ci sono la sfilata e poi tutto il codazzo di banchetti, qualcuno avrà pensato fosse una sagra”.

Dicono ci siano state oltre 500 segnalazioni di molestie. “Se qualcuno ha sbagliato deve essere punito, io sono per il rispetto delle regole. Ma gli Alpini non fanno queste cose. Avranno fischiato per un bel sedere. Io ho fatto il servizio militare con gli Alpini, mi hanno insegnato ordine, disciplina, rispetto delle persone e delle regole. Il principio dell’Alpino è: prima gli altri, poi te”.

Non trova fuorviante che proprio loro abbiano potuto macchiarsi di queste cose? “C’è stata un’invasione di 450 mila persone, mica tutti erano Alpini. La regola per noi è: se vedi qualcuno che fa lo scemo, fuori. Ma sa qual è il mio cruccio?”.

Quale? “Non aver visto tanti giovani sfilare perché il servizio militare non è più obbligatorio”.

Lo rimetterebbe? “Sì, quelli che l’hanno tolto li fucilerei politicamente. Per me è stata una scuola di vita. Brigata Cadore, sesta Artiglieria Montagna. Quando ci fu il disastro del Vajont, 1500 uomini arrivano lì dopo due ore”.

Ce ne siamo dimenticati. “Non si studia più. Io a 93 anni sogno l’esame di maturità. Ora questi giovani sono isolati. Si costruiscono un mondo a parte. Manca il sacrificio. Durante la guerra partivo con il camion a legna e andavo a Jesolo; caricavo le taniche piene dell’acqua di mare perché mancava il sale per fare la polenta”.

Ma lei ha ancora questa grinta. “Ne ho viste di tutte i colori. Quando ci fu il bombardamento a Treviso andai col vescovo a ricomporre i corpi”.

Ora di questa guerra cosa pensa? “Un delitto che porterà alla fine della nostra civiltà. Complice la debolezza dell’Europa”.

Avrebbe inviato le armi in Ucraina? “Certo, io sono per il rispetto dei confini. Nessuno può avere l’idea di occupare territori non suoi. Ho vissuto i periodi di Stalin, Hitler, Mussolini. I dittatori non guardano in faccia nessuno”.

Putin lo è? “Sì”.

Non trova imbarazzante la polemica delle femministe dinanzi a questo? “Demenziale”.

Se fosse il presidente Ana cosa farebbe? “La parola offende come un pugno. Ma la magistratura è quello che è. Basta vedere i libri del suo direttore Alessandro Sallusti con Palamara. Io sono finito sotto processo da tutte le parti”.

Aveva anticipato i tempi della bomba immigrazione. “Ho scritto a Trump che lui ha vinto con quello che dicevo io 25 anni fa”.

Ora questa Lega? “Porteremo i voti alla Lega ma sento che si è allontanata dal popolo. La forbice si è aperta. Noi, Lega Nord, avevamo creato un movimento che partiva dal basso. Il partito parte dai vertici”.

Questa autonomia la faranno? “Non lo so, hanno sperperato soldi col reddito di cittadinanza. Salvini non doveva approvarlo”.

Sì è fatto tardi. Devo andare. “Ciao bella donna”, mi dice quando mi accompagna con la moglie alla porta.

“Shh, stia attento che non si può dire”.

Serenella Bettin

#sbetti

Avrei voluto anch’io qualche insegnante che mi parlasse di consapevolezza

credits : @Ansa Palazzo Chigi – Filippo Attili

Ieri il premier Mario Draghi ha incontrato gli studenti di una scuola nel Veneto. La scuola media Dante Alighieri di Sommacampagna di Verona. Quando ha fatto il suo ingresso in palestra, gli studenti l’hanno accolto in un tripudio di festa. Intonando una canzone.

Non sono mancate le polemiche.

Ho pensato a lungo alle polemiche sorte oggi per la venuta di Mario Draghi nella scuola media Dante Alighieri di Sommacampagna (Verona). Soprattutto mi hanno lasciato sorpresa i commenti sul Ventennio fascista.

Quando io andavo a scuola avevo professori dichiaratamente e marcatamente di sinistra. Il cui unico obiettivo era parlare male di Berlusconi. Non passava giorno che non ci fosse un commento negativo o una battuta su Berlusconi. Non c’erano i cestini? Colpa di Berlusconi. E visto che erano gli anni di Gentilini anche su di lui. Quando chiedevo: “Ma le foibe non le facciamo? Cosa sono queste foibe? Perché nessuno ci parla di foibe?”nessuno ti rispondeva. Qualcuno si limitava a spiegarti più o meno cosa fossero. E puntualmente te le trovavi relegate il 3 giugno a fine anno quando la classe era distrutta dal caldo e dalla stanchezza. Queste sono cose però che la gente non sa. Come non sa a quale lavaggio del cervello vanno incontro i ragazzi oggi. Ora. Quando ho saputo che Mario Draghi sarebbe venuto in una scuola, sinceramente la prima cosa che ho pensato è stata: “Che bello. Che fortunati sti ragazzi”. Avrei voluto anch’io a 11, 12, 13 anni incontrare il Presidente del Consiglio dei Ministri. Invece non c’era un cazzo di nessuno di importante che veniva. Ogni tanto faceva qualche comparsa il prete. O il comandante dei vigili. Il sindaco. Il preside. Quando veniva il portinaio ti pareva chissà cosa.

Quando ho visto Draghi entrare l’ho visto lì che veniva avanti come viene avanti un muro di cera. Credevo fosse morto, tanto era bianco. Il volto sembra di marmo. Anche le piaghe del tempo sembrano venature di un piano marmoreo. Perfino quando ride – Sì anche Draghi ride – sembra fatto di ghiaccio. Pare uno di quei mimi che ti trovi in giro e che con il trucco e lo stucco riescono a ottenere tutte le espressioni del mondo. A lui viene naturale. È arrivato con gli occhi di ghiaccio e quel volto senza sorriso. I ragazzi erano tutti seduti ad aspettarlo. Lo sguardo che puntava sempre dritto. Sembrava non scomporsi per nulla. Ma a un certo punto non ha resistito e ha alzato le braccia al cielo salutando i ragazzi. Così come si fa allo stadio quando entra un cantante. Cosa avrebbe dovuto fare? È la prima volta che gli studenti possono vedere che i personaggi che vedono in televisione non sono entità astratte, soprannaturali. Ma sono esseri umani, dotati di gambe braccia testa. Qualcuno ha anche cervello. Poi dopo aver parlato Luca Zaia, Draghi ha preso la parola. Si è alzato in piedi. Si è avvicinato al microfono. E con un fare pioto ma incisivo e con una tale lucidità d’animo ha cominciato a raccontarsi.

“Mi hanno chiesto qual è il mio idolo”, ha detto. “Ma vedete. Quando penso se devo qualcosa a qualcuno nelle mia vita per quello che sono diventato, mi vengono in mente tre gruppi di persone. Devo tantissimo ai miei genitori dal punto di vista materiale spirituale psicologico”. I suoi genitori sono morti quando lui era ragazzo. “Loro mi hanno trasmesso l’amore per il lavoro. Bisogna lavorare. Il rispetto delle regole. La coscienza di sapere chi sei, cosa ci stai a fare. Cosa hai fatto oggi? Queste cose vengono dalla mia famiglia di origine. Poi il secondo gruppo di persone sono gli insegnanti che ho avuto. Ho avuto insegnanti straordinari a scuola e anche dopo. La gente non capisce quanti insegnanti bravi ci siano. Sono coloro che vi aiutano a trovare la consapevolezza di voi stessi”.

Che parola la consapevolezza di voi stessi.

Se me l’avessero fatto un discorso del genere a 15 anni non avrei capito. Avrei voluto catapultarmi indietro con la mia piccola esperienza di adesso e avere qualcuno che a scuola anziché farmi studiare molte volte cose senza senso od omettere le foibe, ecco avrei voluto che qualcuno mi dicesse “Serenella svegliati. Chi minchia sei? Cosa ci stai a fare oggi? Cosa hai fatto? Cosa vuoi fare? Chi sei veramente? Come puoi essere utile? Come puoi darti da fare?”.

Avrei voluto che gli insegnanti (qualcuno a suo modo l’ha fatto) mi instradassero nel sentiero a volte tortuoso scosceso in salita in discesa pieno di sassi massi ma anche di fiori e cantieri. Avrei voluto che qualcuno mi instradasse nel sentiero della consapevolezza. Una cosa difficile. Quando sei consapevole hai tutto. Basti a te stesso. Lo impari col tempo. Viaggiando. Lavorando. Essendo sempre presente a te stesso. E poi ha continuato: “la terza persona più importante è mia moglie. Ogni tanto mi viene in mente la quantità di fesserie che avrei fatto se non ci fosse stata lei”. Poi, poco prima di “spiegare” la guerra. “Ho chiamato Putin per parlare di pace e mi ha detto che non è il momento”, ha detto: “È dovere di ognuno di noi cercare di dare seguito alle parole. Con la voglia di cambiare le cose. Dare un senso a quello che noi siamo”. Anche qui avrei voluto che qualcuno a scuola mi dicesse che contano i fatti e non le nozioni. Draghi è arrivato qui invitato da una insegnante precaria. Non sta facendo un tour nelle scuole. Un po’ come quando scrivete all’assessore del comune e questo non vi risponde.

Pensateci.

#sbetti

Alpini Rimini. L’unico stupro è di un somalo

Libero – domenica 15 maggio 2022

Toh. L’unico tentato stupro a Rimini è stato commesso da un somalo. Però, siccome somalo appunto, le femministe se ne stanno zitte. Anzi scrivono su Instagram: “Ovviamente condanniamo il fatto e siamo solidali con la donna. Ci sembra assurdo ci sia il bisogno di scriverlo”. Tutto qua? Perché ci devono essere queste differenze? Come se le “vittime” degli Alpini fossero di serie A. E quelle dei somali fossero di serie B. Robe schizofreniche.

Non abbiamo capito se è perché non tutte l’abbiano saputo, ma ieri mattina il Corriere Romagna lo riportava grande in prima pagina, se è perché fanno finta di niente e continuano a fare storie su Instagram inveendo contro gli Alpini, “il futuro è femminista”, “mi hanno detto che avevo belle gambe e non ti devi permettere. Commento non richiesto. Quel commento non lo voglio”. O se è perché va di moda far finta di nulla se a commettere qualche reato è qualche altro e invece per gli Alpini “non serve denuncia”.

La narrazione e la questione sono alquanto serie e imbarazzanti. E sono queste. Tanto rumore per gli Alpini. Al punto che la gente non vuole manco più vedere la Riviera Romagnola. Ma per il tentativo di stupro commesso dal somalo niente cori. Niente canali Telegram. Niente vignette. Anzi se la donna è stata quasi stuprata è colpa nostra. “Non possiamo non notare – scrivono quelle di Non Una di Meno Rimini – come in ogni caso di molestia stupro o femminicidio attuato da persone straniere, questa cosa o la gradazione del colore della loro pelle sia sempre indicata nei titoli dei giornali. Mentre quando si tratta di persone italiane bianche o in divisa queste caratteristiche non vengano mai messe in evidenza”. Più discriminatorie di così non potevano essere. Italiani. Bianchi. E in divisa. “Crediamo sia un modo per attribuire la violenza di genere allo straniero e all’altro da noi, assolvendo la nostra società e noi stessi”. Quindi? Colpa nostra? Perché in mezzo a tutto sto bailamme a Rimini, – 500 segnalazioni giunte alle attiviste – prima che arrivassero gli Alpini, un tentativo di stupro c’è stato veramente. Ed è accaduto al Parco Marecchia, il primo maggio scorso. Gli Alpini sono arrivati il 5.

Una donna intenta a fare jogging è stata aggredita da uno sconosciuto che l’ha sorpresa alle spalle. Lui, somalo, 27 anni, ospite del centro di accoglienza, le ha tappato la bocca e poi l’ha bloccata con forza. La donna, evidentemente con le palle non nel senso letterale, ha tentato di reagire. E lui l’ha buttata a terra. A cavalcioni sopra le sue gambe, ha tentato di toglierle i pantaloni, ma non riuscendoci, in preda ai fumi degli ormoni, ha iniziato a masturbarsi. Due persone che passavano di lì in quel momento – sia lodato Gesù Cristo – sono intervenuti facendo fuggire l’uomo e chiamando i soccorsi. Il somalo non contento ha tentato di rubare la bici al passante intervenuto in aiuto, e l’ha scaraventato a terra, ferendolo. Da lì sono scattate le ricerche della squadra Mobile, proseguite fino a che gli uomini della Polizia di Stato non l’hanno trovato. Il riconoscimento è avvenuto mediante la foto mostrata alla donna e al passante. L’indagato condotto in commissariato è finito in manette. Ed è stato accompagnato nella casa circondariale di Rimini a disposizione dell’autorità giudiziaria in attesa del giudizio di convalida.

Ora. Dopo questo fatto ieri nel profilo Instagram delle attiviste si leggeva: “la cultura e la società in cui viviamo sono profondamente sessiste e patriarcali, il machismo si respira in ogni ambito della vita fin dalla nascita, è parte dell’educazione che le persone ricevono in questo Paese”. Inteso il nostro. Nel loro profilo non c’erano fiumi di post o storie in sostegno di questa povera donna. Vedi a Milano l’ultimo dell’anno, quando una cerchia di immigrati, praticando quello che fanno nei Paesi arabi, la molestia collettiva, Taharrush gamea, le aveva molestate. A leggere i verbali venivano i conati di vomito. Con racconti di dita infilate nelle parti intime. Ma per queste malcapitate non si dice niente. Sono vittime di serie B. Siamo proprio delle brutte persone.

Serenella Bettin

Sinistra nel caos. E la Donazzan: “Alpini, fischiatemi pure”

Libero – sabato 14 maggio 2022

Quando ho chiamato Sonia Alvisi era amareggiata. Avvilita. Sfiduciata. Lei è (era) la coordinatrice delle donne democratiche di Rimini. Le militanti del Pd nazionale l’hanno attaccata perché in un suo intervento ha invitato chi ha subito molestie all’Adunata degli Alpini a denunciare. Nessuno minimizza. Ma se c’è una molestia va denunciata alle autorità competenti.Da danni la Alvisi si batte per le donne. Da anni studia le discriminazioni. Ma ora è stata costretta a dimettersi. In cuor suo non se la sentiva di andare avanti. “Lavoro costantemente tutti i giorni per le donne, ma stiamo scherzando?”, ha detto. “Visto che le argomentazioni da me espresse hanno destato un forte dibattito che può mettere in dubbio la serietà del mio impegno – ha chiarito in una nota – faccio un passo indietro per consentire le necessarie riflessioni”.

La sua colpa è stata quella di aver scritto, in riferimento alle molestie segnalate in Instagram, che “il social è spesso veicolo di informazioni approssimative e fuorvianti”. E “rivolgersi all’autorità è l’unico strumento valido, vero ed efficace”. In più si rischia di gettare “un inaccettabile discredito verso un Corpo dal valore riconosciuto e indiscusso del nostro Esercito”. Dinanzi a queste parole apriti Cielo. Non si può più dire nulla. E chi esprime un pensiero intelligente o si riserva il diritto di pensare viene messo a tacere. Per la sinistra sei libero solo se sei come loro.

Cecilia D’Elia, portavoce delle donne dem ha detto: “La sua presa di posizione come portavoce delle donne democratiche di Rimini non rispecchia in alcun modo gli orientamenti e le battaglie delle donne democratiche e del Pd”. Quali sarebbero gli orientamenti del Pd? Che denunciare non va bene perché la violenza è un fatto intimo e privato e ci vuole coraggio, e invece riversarlo al mondo sul web sì? Che “per intervenire sulle molestie degli alpini non servono le denunce?” L’ha detto Elly Schlein, vicepresidente Emilia Romagna. Roba da roghi delle streghe. “Ma di che parliamo – ha detto Elena Donazzan, assessore regionale all’Istruzione in Veneto – se mi fischiano dietro io sono contenta”.

“Io ci vedo un brutto e cattivo disegno contro gli Alpini – confida la Donazzan a Libero – che parte da Michela Murgia che aveva detto che il generale Figliuolo la inquietava per la divisa. Poi questa aggressività per la legge sulla Giornata per il Sacrificio Alpino. E questa associazione militante di sinistra femminista che già a Trento aveva raccontato di centinaia di molestie e poi aveva chiesto scusa. Io li conosco gli Alpini. Sono 30 anni che faccio adunate e non mi è mai capitato nulla. Cantare o fare un giro di valzer non l’ ho mai considerato volgare”. 

Ora la Cgil Veneto vuole toglierle la delega alle Pari Opportunità. “Certo. E cosa dovrebbe essere un assessore? Una fustigatrice di uomini? Devo dire a tutti gli Alpini di abbassare lo sguardo quando vedono una donna? Che tutti gli Alpini finiscano sul banco degli imputati per me è inaccettabile”.

La prossima Adunata sarà a Udine nel 2023. Ma la petizione su Change.org attivata dalle femministe per sospendere le Adunate per due anni, e giunta a oltre 19 mila firme, rischia di farla saltare. Se non c’è il covid. Ci sono loro. In 93 anni tutto sto bailamme non era mai successo. Proprio quest’anno poi in cui gli Alpini festeggiano i 150 anni di fondazione del loro Corpo. Era il 15 ottobre 1872. A Napoli per l’occasione Ana e Comando Truppe Alpine Esercito si riuniranno in un grande evento. Chissà se le femministe riusciranno a mettere la pezza pure su questo.

Serenella Bettin

La dem che difende gli Alpini

Libero venerdì 13 maggio 2022

Nata a Rimini il primo agosto 1965. Sonia Alvisi è la portavoce delle donne democratiche della sua città. Iscritta al Pd, dal 2018 è anche consigliere di Parità regionale dell’ Emilia Romagna con nomina da parte del Ministero del Lavoro. Quest’anno ha vinto tre cause a tutela del lavoro femminile.

Lei. Tenacia. Costanza. Capacità di lavorare in situazioni di emergenza. Cambia spesso look di capelli. Tra le sue passioni spiccano la mountain bike e la barca a vela.

Buone capacità di gestione dello stress, dice di avere un’ ottima memoria, soprattutto visiva. Nel suo curriculum c’è scritto: “forse a volte troppo pragmatica, poco astratta e molto pratica”. E che sia pratica lo si è visto. In Facebook commentando i deliri di questi giorni sulla questione degli Alpini, sostanzialmente ha detto: una molestia va denunciata. Altrimenti di che parliamo? Un principio da sempre ribadito. Perfino dalle femministe.

E la Alvisi lo sa bene. 

Di professione consulente del lavoro, è l’ideatore del progetto “Consulenti donne per il lavoro delle donne” del centro studi Ancl, Associazione nazionale consulenti del Lavoro. Un’idea nata nel 2005 “progettata da donne e rivolta a donne”. In più è la terza firmataria della legge quadro della Regione Emilia Romagna, del 2014, “Per la parità e contro le discriminazioni di genere”. È stata lei a fondare la conferenza provinciale delle donne dem di Rimini. Nel 2014 si era candidata alle regionali ma non era stata eletta. Tra le sue attività spiccano numerosi interventi ai convegni per parlare di diritto antidiscriminatorio, parità di genere, occupazione femminile, tematiche e sviluppo di pari opportunità. Tutto si può dire tranne che sia negazionista. O misogina.

Lo scorso febbraio è intervenuta sulla “certificazione di genere obbligatoria per aziende”. Con l’onere per ogni azienda di produrre un rapporto al fine di “favorire le pari opportunità di genere e generazionali”. Addirittura a novembre dell’anno scorso come consigliere di parità ha vinto un ricorso al Tribunale di Ferrara per l’assegnazione della quota giornaliera di prodotto pescato. Un regolamento, mai entrato in vigore, che per la Alvisi discriminava le socie. 

Il giorno della festa della Mamma, pochi giorni fa, nella sua pagina Facebook scriveva: “Il mio pensiero oggi va alle tantissime mamme che da oltre due mesi non abbracciano più i loro figli perché sono in guerra e a quelle che non li abbracceranno più perché morti in guerra. La maternità per le donne italiane non è ancora un opportunità ma un problema. Bisogna continuare a insistere sulla condivisione dei carichi di lavoro tra uomini e donne, superando la visione della conciliazione e fare finalmente il salto di qualità necessario”. La Alvisi è specializzata nella gestione delle problematiche giuslavoristiche. Il suo impegno è per la “promozione della parità” e il “riconoscimento della differenza femminile con azioni reali e concrete”.

Ora si prepara ad andare in giudizio a tutela di ragazze molestate in ambito lavorativo. Già. Peccato che le dem non l’abbiano capito. E l’unica voce sensata della loro cerchia sta pensando di abbandonare l’aia.

Serenella Bettin

Le Donne Alpino

Libero 12 maggio 2022

Linda Peli ha 35 anni. È di Brescia e all’Adunata di Rimini, dalla sua città è arrivata in bici. Quando indossa quel cappello ha lo sguardo fiero. Rivolto verso l’alto. In segno di gratitudine e rispetto. Entrata nell’Esercito nel 2005 e rimasta fino al 2007, è stata una delle prime sette donne a entrare in Truppa. Poi voleva rimanere accanto agli Alpini ma in congedo. Le Penne nere le conosce bene. Iscritta all’Ana, ora suona nella Fanfara Alpina Tridentina Walter Smussi. Quando la contatto al telefono è amareggiata. “Mi scivola il cuore sentire queste cose anche perché io di Adunate ne ho fatte 16 e in tutte ho sempre ricevuto serenate e poesie soprattutto dagli Alpini anziani. Mi hanno sempre trattato come una donna, con assoluto rispetto. Io sono entrata nel Corpo perché sposo i loro valori e il loro spirito di comunità”.

Del resto. Come negarlo. Chi scrive ha fatto un corso con gli Alpini per operare in zone di crisi, e tutto ho visto tranne che violenze o molestie. Era il 2016, prima di partire per il Kosovo, al 9* reggimento Alpini a L’Aquila. “Sicuramente nella massa c’è qualcuno che esagera – dice Peli – ma non si devono condannare le Adunate o stigmatizzare gli Alpini. Chi partecipa a questi raduni e indossa il cappello non sempre è Alpino”. Infatti. Una volta sul Ponte di Bassano il loro cappello era qualcosa di sacro. Lo indossavano le Penne Nere e basta. Ora col fatto che lo vendono, lo indossano tutti. “Anch’io sabato sera sono stata avvicinata da un ragazzo alpino – continua Peli – e dei miei amici Alpini mi hanno chiesto se avessi bisogno di aiuto. Ma sono avances che capitano. Le ragazze hanno fatto bene a parlare e se ci sono state violenze vanno punite, ma sono gli Alpini stessi a condannare queste cose”.

Infatti. Monica Sighel, di anni ne ha 37. Nata nello Sri Lanka, qui è stata adottata. Di Trento, ora è una donna alpino in congedo. “Nelle Adunate a cui ho partecipato – mi racconta – non ho mai avuto nessun tipo di problemi. L’Associazione Nazionale Alpini è contro la violenza sulle donne e posso assicurare che andranno a fondo di questa situazione. All’Adunata possono partecipare tutti. È facile comprarsi un cappello e indossarlo”. Solo un occhio clinico riesce a distinguere un cappello vero da uno finto e in piazza a Rimini, sabato sera, c’erano 450 mila persone. Monica è entrata nell’ esercito quando ha saputo che potevano entrare anche le donne. “Volevo mettermi alla prova e dopo l’addestramento sono stata assegnata all’Artiglieria da montagna”.

“Io certi gesti non li ho mai visti alla Adunate”, mi racconta Federica De Giuli. Scorza dura, direttore sanitario operativo Sanità alpina. Lei ha contribuito a mettere in piedi l’ospedale covid di Bergamo. “Se ci sono stati questi fatti sono una cosa orrenda, ma non hanno nulla a che fare con i valori e lo spirito di associazione degli Alpini”. Già. Peccato che per qualche cafone molesto si sia andati addosso a una intera categoria. E questo, come ben sa chi denuncia le discriminazioni, è assai pericoloso.

Serenella Bettin

Linda Peli
Monica Sighel
Federica De Giuli

Quattro giorni di Adunata Alpini e nessuna denuncia

Libero Giovedì 12 maggio 2022

Questo palco messo in piedi dalle femministe, dalle proporzioni bibliche, come ha scritto ieri il direttore di Libero Alessandro Sallusti, “arrivando a disegnare una sorta di mega stupro di massa con almeno 150 casi di molestie”, sta assumendo caratteristiche tragicomiche. Non per minimizzare. O per difendere i molestatori. 

Pare logico a tutti che se ci sono reati questi vanno condannati senza se e senza ma. Ma perché oltre al fatto che finora è pervenuta una sola denuncia, le femministe di Non Una di Meno, ieri, hanno chiesto con una petizione online la sospensione per due anni delle Adunate degli Alpini. Ma allora dovremmo sospendere anche le sagre della soppressa. Le feste del vino. Del prosecco. Dovremmo chiudere le discoteche. Dovremmo vietare tutte quelle manifestazioni dove se per caso si alza il gomito ci scappa qualche commento o occhiata di troppo. “Ogni anno la seconda settimana di maggio – scrivono le attiviste – si tiene l’adunata degli Alpini in una città prescelta. L’ultima a Rimini. Nel giro di poche ore sono state esposte più di 150 denunce da parte di donne e minoranze alle attiviste di NonUnaDiMeno, che hanno raccolto testimonianze sconcertanti riguardo al comportamento irrispettoso, sessista e violento degli Alpini, i quali non si sono limitati alle molestie verbali ma sono arrivati a molestare fisicamente anche delle ragazze minorenni”.

Fonti della questura riferiscono a Libero che nessuna denuncia, nessuna, nemmeno una richiesta di aiuto, è pervenuta ai loro uomini durante i giorni dell’Adunata. E nemmeno nei giorni seguenti. Solo ieri mattina nell’applicazione YouPol della Polizia di Stato, un’app a disposizione dei cittadini che consente segnalare un reato in tempo reale, è giunta una segnalazione di una tizia di 40 anni che dice che durante il raduno “un alpino le ha leccato il piede o ha tentato di farlo”, nemmeno si capisce. Rintracciata la donna questa manco si è presentata in questura, dicendo che è fuori Italia. Fuori del tutto. La segnalazione mediante Youpol non sostituisce la denuncia o la querela, ma serve a segnalare un fatto potenzialmente illecito alle autorità. Ma allora di che parliamo? Da che mondo e mondo se vengo molestata chiedo aiuto. Mi rivolgo alle forze dell’ordine. Invece durante l’Adunata, gli uomini in divisa sono sì intervenuti per calmare qualcuno su di giri a causa dell’alcol, ma, mi fanno sapere, “roba di ordinaria amministrazione. Noi qui siamo una città di mare”.

Tutte queste molestie di cui si parla sembrerebbero essere relegate al mondo dei social. Ma nell’era degli idioti che credono di avere una vita nel Metaverso accade questo. Da un video girato durante una serata si vedono due ragazze che dicono: “boh va bè non lo so. Qualcuno fa apprezzamenti troppo spinti”. In altre scene non si vede assolutamente nulla. Anzi a far volare qualche bestemmia sono le ragazze stesse. Del resto come dimenticare. Loro sono quelle che a Verona nel 2019, durante una manifestazione, lanciavano assorbenti in faccia ai poliziotti. “Obietta, obietta, obietta su sta fregna”, gridavano. Ai carabinieri martedì pomeriggio è giunta una denuncia. Una ragazza riferisce di essere stata circondata e presa per un braccio da tre Alpini, strattonata e insultata con frasi sessiste. Al momento la denuncia è contro ignoti. Certo. Denunciarne uno. Per colpirne cento. “Le vittime di queste violenze – dicono le attiviste – faticano a esporre denunce alle forze dell’ordine a causa di diversi fattori e risulta ancora più complicato rintracciare i colpevoli”. Ok. Quindi?

Serenella Bettin

Se il “Bella Figa” è reato

Alpini

Il mio pezzo su Libero di domenica 8 maggio

Se il “Bella figa” è reato. Che ci siano “alticci” in giro è molto vero. Che alle nove del mattino ti offrano un prosecco anziché un caffè anche. Che si vedano Alpini alzare i calici, brindare, cantare, vero anche questo. Che qualcuno sfili per la città con la tromba in mano e una bottiglia, che ci sia l’ “Ape” che sforna birre e calici come se piovesse anche. Ma da qui a farli passare tutti per ubriachi e maniaci ce ne passa. Anche perché qui a Rimini, alla 93 esima Adunata degli Alpini, non ci sono Penne nere e basta.

Ragazzotti venuti a fare festa. A far girare l’economia. A far gonfiare i guadagni agli esercenti dopo due anni di pandemia. Una boccata d’aria. Un tripudio tricolore di festa. 

Venerdì le femministe si sono arrabbiate. Alle undici di sera di ubriachi se ne vedevano tanti. La maggior parte innocui. Ma le femministe – mute per le donne in Afghanistan, ieri il burqa è diventato obbligatorio nei luoghi pubblici – se la sono presa con gli Alpini, ubriachi di gioia dopo due anni di assenza.  

L’associazione “Non una di meno di Rimini” ha riferito di 36 casi di molestie. E catcalling. Che per tradurla come si mangia: i commenti indesiderati. “Sono già numerosissime – scrivono – le segnalazioni di molestie e catcalling da parte di Alpini, per lo più ubriachi, ai danni di donne di ogni età, ancor più pesanti quelle subite sul luogo di lavoro da chi non può rispondere o sottrarsi a questa violenza”. 

Sarà, ma l’altra sera ero in piazza con una poliziotta e un alpino le si è avvicinato per offrirle un prosecco. Al suo “no sai – sono in servizio – tengo famiglia” le ha sorriso e se n’è andato.

Se chiedi ai militari: “Ma qualcuna vi ha chiesto aiuto?” “No. Tutto allegro ma tranquillo”. “Ieri stavo rientrando a casa – scrive una tizia – sono stata molestata da alcuni Alpini che mi hanno urlato: “Ciao bella figa perché non vieni con noi”. 

Ma se dire “Bella figa” a una donna significa violentarla. Cosa dovrebbero dire quelle violentate veramente. 

Anche le donne un po’ “alticce” qui esprimono commenti verso l’altro sesso. E nel bailamme totale qualche malintenzionato ci scappa. 

Ma questo non è un problema degli Alpini. Accade ovunque. “Ieri sera mentre andavo in bici – scrive una ragazza – mi hanno fermata cercando di farmi entrare in un capannone, sono scappata”. 

In poche ore l’account Instagram ha ricevuto decine di messaggi. Ma loro sono così. Nate sulla scia del gruppo argentino, per il gusto di andare contro Berlusconi, non si capacitano che in Argentina il movimento è nato per contrastare fenomeni più gravi del “Bella figa”. L’8 marzo in Argentina le donne scendono in piazza per i propri diritti. Non attendono gli spogliarellisti. 

Al raduno degli Alpini nessuna denuncia è stata fatta, almeno fino a ieri. 

“A noi non risultano né denunce, né segnalazioni – ha detto il presidente Associazione Nazionale Alpini, Sebastiano Favero – Se ci sono donne che hanno subito molestie, è giusto vadano a denunciare. Ma al momento non c’è stata alcuna denuncia. Noi Alpini siamo goliardici, ma rispettosi di tutti e interveniamo sempre se qualcuno dei nostri esagera”. 

Chiara Bellini, il vicesindaco di Rimini, ha detto: “Non si deve accusare mai un gruppo o una categoria di persone solo perché fanno parte di essi alcuni poco di buono, delinquenti o molestatori. Sarebbe come dire che tutti i tifosi di calcio sono ultras violenti. Vanno condannati senza se e senza ma certi atteggiamenti sessisti, molestie verbali, commenti non voluti o graditi alle donne. Nessun uomo è autorizzato a farli”.

Rimane che qui oggi c’è il gran finale. 

La sfilata sul lungomare. 

Femministe avvisate. Alpini anche. 

Serenella Bettin