Avrei voluto anch’io qualche insegnante che mi parlasse di consapevolezza

credits : @Ansa Palazzo Chigi – Filippo Attili

Ieri il premier Mario Draghi ha incontrato gli studenti di una scuola nel Veneto. La scuola media Dante Alighieri di Sommacampagna di Verona. Quando ha fatto il suo ingresso in palestra, gli studenti l’hanno accolto in un tripudio di festa. Intonando una canzone.

Non sono mancate le polemiche.

Ho pensato a lungo alle polemiche sorte oggi per la venuta di Mario Draghi nella scuola media Dante Alighieri di Sommacampagna (Verona). Soprattutto mi hanno lasciato sorpresa i commenti sul Ventennio fascista.

Quando io andavo a scuola avevo professori dichiaratamente e marcatamente di sinistra. Il cui unico obiettivo era parlare male di Berlusconi. Non passava giorno che non ci fosse un commento negativo o una battuta su Berlusconi. Non c’erano i cestini? Colpa di Berlusconi. E visto che erano gli anni di Gentilini anche su di lui. Quando chiedevo: “Ma le foibe non le facciamo? Cosa sono queste foibe? Perché nessuno ci parla di foibe?”nessuno ti rispondeva. Qualcuno si limitava a spiegarti più o meno cosa fossero. E puntualmente te le trovavi relegate il 3 giugno a fine anno quando la classe era distrutta dal caldo e dalla stanchezza. Queste sono cose però che la gente non sa. Come non sa a quale lavaggio del cervello vanno incontro i ragazzi oggi. Ora. Quando ho saputo che Mario Draghi sarebbe venuto in una scuola, sinceramente la prima cosa che ho pensato è stata: “Che bello. Che fortunati sti ragazzi”. Avrei voluto anch’io a 11, 12, 13 anni incontrare il Presidente del Consiglio dei Ministri. Invece non c’era un cazzo di nessuno di importante che veniva. Ogni tanto faceva qualche comparsa il prete. O il comandante dei vigili. Il sindaco. Il preside. Quando veniva il portinaio ti pareva chissà cosa.

Quando ho visto Draghi entrare l’ho visto lì che veniva avanti come viene avanti un muro di cera. Credevo fosse morto, tanto era bianco. Il volto sembra di marmo. Anche le piaghe del tempo sembrano venature di un piano marmoreo. Perfino quando ride – Sì anche Draghi ride – sembra fatto di ghiaccio. Pare uno di quei mimi che ti trovi in giro e che con il trucco e lo stucco riescono a ottenere tutte le espressioni del mondo. A lui viene naturale. È arrivato con gli occhi di ghiaccio e quel volto senza sorriso. I ragazzi erano tutti seduti ad aspettarlo. Lo sguardo che puntava sempre dritto. Sembrava non scomporsi per nulla. Ma a un certo punto non ha resistito e ha alzato le braccia al cielo salutando i ragazzi. Così come si fa allo stadio quando entra un cantante. Cosa avrebbe dovuto fare? È la prima volta che gli studenti possono vedere che i personaggi che vedono in televisione non sono entità astratte, soprannaturali. Ma sono esseri umani, dotati di gambe braccia testa. Qualcuno ha anche cervello. Poi dopo aver parlato Luca Zaia, Draghi ha preso la parola. Si è alzato in piedi. Si è avvicinato al microfono. E con un fare pioto ma incisivo e con una tale lucidità d’animo ha cominciato a raccontarsi.

“Mi hanno chiesto qual è il mio idolo”, ha detto. “Ma vedete. Quando penso se devo qualcosa a qualcuno nelle mia vita per quello che sono diventato, mi vengono in mente tre gruppi di persone. Devo tantissimo ai miei genitori dal punto di vista materiale spirituale psicologico”. I suoi genitori sono morti quando lui era ragazzo. “Loro mi hanno trasmesso l’amore per il lavoro. Bisogna lavorare. Il rispetto delle regole. La coscienza di sapere chi sei, cosa ci stai a fare. Cosa hai fatto oggi? Queste cose vengono dalla mia famiglia di origine. Poi il secondo gruppo di persone sono gli insegnanti che ho avuto. Ho avuto insegnanti straordinari a scuola e anche dopo. La gente non capisce quanti insegnanti bravi ci siano. Sono coloro che vi aiutano a trovare la consapevolezza di voi stessi”.

Che parola la consapevolezza di voi stessi.

Se me l’avessero fatto un discorso del genere a 15 anni non avrei capito. Avrei voluto catapultarmi indietro con la mia piccola esperienza di adesso e avere qualcuno che a scuola anziché farmi studiare molte volte cose senza senso od omettere le foibe, ecco avrei voluto che qualcuno mi dicesse “Serenella svegliati. Chi minchia sei? Cosa ci stai a fare oggi? Cosa hai fatto? Cosa vuoi fare? Chi sei veramente? Come puoi essere utile? Come puoi darti da fare?”.

Avrei voluto che gli insegnanti (qualcuno a suo modo l’ha fatto) mi instradassero nel sentiero a volte tortuoso scosceso in salita in discesa pieno di sassi massi ma anche di fiori e cantieri. Avrei voluto che qualcuno mi instradasse nel sentiero della consapevolezza. Una cosa difficile. Quando sei consapevole hai tutto. Basti a te stesso. Lo impari col tempo. Viaggiando. Lavorando. Essendo sempre presente a te stesso. E poi ha continuato: “la terza persona più importante è mia moglie. Ogni tanto mi viene in mente la quantità di fesserie che avrei fatto se non ci fosse stata lei”. Poi, poco prima di “spiegare” la guerra. “Ho chiamato Putin per parlare di pace e mi ha detto che non è il momento”, ha detto: “È dovere di ognuno di noi cercare di dare seguito alle parole. Con la voglia di cambiare le cose. Dare un senso a quello che noi siamo”. Anche qui avrei voluto che qualcuno a scuola mi dicesse che contano i fatti e non le nozioni. Draghi è arrivato qui invitato da una insegnante precaria. Non sta facendo un tour nelle scuole. Un po’ come quando scrivete all’assessore del comune e questo non vi risponde.

Pensateci.

#sbetti

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