Reportage uscito su La Verità.
Due whiskey per favore”. “Prego?”. “Sì, due whiskey”. Sono le cinque del pomeriggio. Lungomare Gramsci di Porto San Giorgio, in provincia di Fermo. Pieno agosto. Due ragazzini, all’incirca di quindici anni, si avvicinano al bancone dello chalet in spiaggia. Ordinano da bere. Roba forte, insolita per due ragazzi di quell’età. Il barista serve loro due bicchieri. Sghignazzano, sogghignano, il volto si corruga di un sorriso beffardo e sarcastico, poi spifferano qualcosa. Uno afferra il bicchiere, lo ghermisce tra le mani, lo abbranca, non sa come tenerlo. L’altro lo guarda. Agguanta il bicchiere anche lui. Pronti, mezza via, e giù a rotta di collo. A bere come forsennati. Come disperati. Uno, quello che pareva più borioso, più smargiasso, si sbrodola tutto, quel whiskey alle cinque del pomeriggio fa fatica ad andare giù. Poi tradito dall’orgoglio ormai ferito, si acciglia, molla un rutto che emette un suono come un tuono, l’altro lancia una bestemmia e lasciando il bancone immondo e inzuccherato, insieme prendono e se ne vanno. Il barista prende lo sparrone e pulisce i loro rimasugli.
Passa qualche giorno e la sera di Ferragosto in pieno centro le scene si ripetono. Si fanno eclatanti. Vistose. Ragazzini che barcollano sul lungomare con la bottiglia di vodka in mano, ragazzine svestite adagiate su una panchina in evidente stato di alterazione psicofisica. Minorenni che si raggruppano in spiaggia o ai giardinetti dei bambini e consumano alcol come fosse acqua. Fanciulli con ancora i denti da latte che si sorreggono l’un con l’altro. E poi via. Giù a bere, come se non ci fosse un domani, come se quel liquido fosse l’unico motivo del loro ritrovo. Li vedi quando vengo avanti. Tutti vestiti uguali, i jeans abbassati che a momenti si vedono le natiche, le scarpe da jogging ai piedi, i capelli laccati, impiastricciati, impomatati, le risate che si fanno sempre più forti, e poi diventano deliri, isterie, nausee, ubriacature solerti, mal di pancia conturbanti, voltastomachi nauseabondi. Fino a stendersi, fino a sdraiarsi per terra, fino all’amico che ti tiene la testa con la mano mentre vomiti davanti l’abitazione di qualcuno che manco conosci. Fino a quelle luci dell’alba che si elevano sul porto quando ormai si fa giorno. O fino a quelle luci. Le più tremende. Le luci blu. Gemiti di minori ubriachi, sirene che sopraggiungono nel cuore della notte, infermieri bardati di strumenti e valigette: misura la pressione, controlla la lingua, solleva le palpebre, tasta i polsi, carica, porta via in barella. Le porte dell’ambulanza che si chiudono e via in ospedale.
È successo anche l’altro giorno. A pochi chilometri da qui dove mi trovo ora. Ma accade in tutta Italia. Qui ad Ascoli Piceno la settimana scorsa, una ragazzina è stata portata al pronto soccorso dopo aver alzato decisamente il gomito: non si reggeva in piedi, barcollava, ciondolava, sbarellava, stava male, delirava. Le forze di polizia hanno chiamato i soccorsi. “Signora, qui è la polizia, sua figlia sta male, ha bevuto un po’ troppo, la stanno portando in ospedale”. Ma la risposta della madre lascia sgomenti. Ce lo racconta una nostra fonte.“Eh io sono a una festa adesso, il tempo che ci vuole ad arrivare”. Nessun allarmismo. Nessuna indignazione, nessuno scalpore. Nessun trauma o shock di quelli che ti vengono quanto ti chiamano per dirti che un parente ha avuto un incidente e tu sei lì che vorresti parlarci, sentirlo, vorresti entrare dentro a quel telefono e toccarlo con mano per vedere che sta bene. E fino a che non lo raggiungi ti disperi, ti vengono mille pensieri, mille dubbi, mille angosce, tutte in un minuto, in un secondo. Qui è normale, ci dicono. Per alcuni finire in ospedale dopo una sbronza sta diventano la normale consuetudine. Del resto sono sempre più. Basta ascoltare i racconti di qualche festa per concepire lo slabbramento dei rapporti, la tracimazione delle relazioni.
Ci si spinge sempre più in là, sempre un pezzetto oltre, per provare l’abuso, lo stato di euforia, l’ eccitazione, il furore. Ci si slabbra fino a stare male e si finisce riaccompagnati a casa senza sapere dove si sia stati, cosa sia accaduto. “Sono arrivato a casa l’altro giorno – ci racconta un ragazzo – e mi sono trovato a dormire in giardino, non so nemmeno perché”. Come non lo sai? Ma che è successo? Che hai fatto? “Boh guarda, eravamo tanti, tantissimi, siamo andati a casa dei genitori di un nostro amico e abbiamo preso da bere perché non ce lo vendono, aveva anche bottiglie di Scotch, roba forte, poi non ho più capito niente, uno ha iniziato a riempire i bicchieri, ci siamo fatti uno shottino, poi un altro, un altro ancora, poi abbiamo preso una bottiglia di Absolut, poi la vodka, oh bro – fratello ndr – dovevi vedere, c’era anche una mia amica che si passava il liquido sul dito e se lo infilava in bocca”. Ma e poi che è accaduto? “Non lo so. Mi sono trovato in giardino”. “Io se voglio scopare – ci dice un’altra ragazza – devo per forza bere, sennò non riesco a partire, a cominciare, io ho problemi col mio corpo e quindi bere mi toglie ogni inibizione”.
Anche qui due giovani la notte di Ferragosto sono finiti in coma etilico. E poi risse, malori. Feste in spiaggia con tanto di zaini con dentro gli alcolici. Funziona così. Una ragazza voleva prepararci uno spritz, senza nemmeno la soda, l’acqua, niente di niente, solo alcol, bottiglie di Campari e Aperol a nastro, e fiumi di prosecco da 3 euro da far venire il cerchio alla testa. La polizia era in borghese a controllare il rispetto delle norme sulle somministrazioni degli alcolici, ma i giovani sono più furbi del legislatore e quindi se non si possono vendere drink ai ragazzi, ci si porta l’alcol da casa. Ma siccome in giro nei precedenti weekend è successo il disastro, il sindaco di Porto San Giorgio, Valerio Vesprini, ha emesso un’ordinanza “contingibile e urgente” che imponeva di vendere per asporto “bevande alcoliche e superalcoliche in qualsiasi contenitore”, tra le 20 del 19 agosto e le 6 del 20 agosto scorso. Il punto è che l’ordinanza era per tutti, non solo per i minorenni, cosicché siamo entrati al supermercato e trovandoci il cartello davanti addio birra per gli amici che venivano a mangiare la pizza.
Del resto, mali estremi, estremi rimedi. Ma servirà? Il problema alcol nei giovani è da un po’ che va avanti, è esploso così dopo il covid e ancora non se ne parla abbastanza. L’anno scorso, era il mese di luglio, un ragazzino della provincia di Alessandria è stato portato in ospedale al limite del coma etilico dopo avere bevuto abbondanti quantità di rum durante una serata con gli amici. Prima di lui, era gennaio 2022, un’altra quindicenne, a Roma, è stata ricoverata in gravi condizioni sempre dopo una “abbuffata” di alcolici.E non si tratta di casi isolati: il fenomeno, avvertono gli esperti, è in preoccupante aumento.Nel caso del ragazzino, a chiamare i soccorsi è stata la madre. Le condizioni del ragazzo, avevano fatto sapere alla centrale operativa, “erano quasi al limite del coma etilico con un principio di ipotermia”. Anche ad aprile scorso, sempre qui nelle Marche, una ragazzina minorenne frequentante un istituto superiore era giunta in classe alle otto del mattino già ubriaca. Furono le insegnanti ad allertare i soccorsi. Ed era il 29 luglio scorso quando a La Spezia un ragazzino di 15 anni è finito in coma etilico per aver bevuto vodka acquistata in un minimarket etnico insieme a dei coetanei. Il negozio è stato sanzionato. Il ragazzino, vivo, giaceva lì su una panchina di piazza Verdi, bruciando la sua vita.
Serenella Bettin