Ami questo lavoro 


Ami questo lavoro quando non te ne frega se è sabato, se è domenica, se è Pasqua, se è Natale o Capodanno. Ami questo lavoro quando i sabati diventano i lunedì, le domeniche i martedì, le colazioni diventano pranzi, i pranzi diventano merende e le merende diventano cene e le cene gli spuntini dell’una di notte. 

Ami questo lavoro quando mangi a mezzanotte, quando pranzi e scrivi un pezzo, quando mangi qualcosa al volo con il computer sotto mano. 

Quando dormi tre ore, quando appena ti addormenti ti chiamano, quando la mattina ti metti il rimmel e rispondi al telefono, quando ti accendi la sigaretta e nel frattempo scrivi un numero sulla mano a penna, quando in contemporanea scrivi mangi leggi le mail pensi fumi. 

Ma soprattutto ami questo lavoro quando ti sporchi delle vite degli altri, quando non hai paura, quando ti alzi, quando cammini, quando cambi, quando stare in mezzo alla gente diventa il tuo pane quotidiano, quando ascolti, quando impari, quando guardi, quando osservi, quando parli. 

Quando impari che per capirsi occorre parlare lo stesso linguaggio degli altri, riconoscendone i simboli, interpretandone i gesti e scandendo gli sguardi. 

Ami questo lavoro quando sei sommersa dalle carte e vorresti urlare ma nonostante tutto è l’unico posto in cui vorresti stare. 

Quando hai poco tempo, poco spazio, quando da un autogrill devi scrivere alla velocità della luce, quando è una lotta contro il tempo, quando nel giro di un minuto cambia tutto e la tua giornata ricomincia. 

Ami questo lavoro quando entri talmente tanto nelle storie degli altri da non capire nemmeno più chi sei. 

Ma soprattutto ami questo lavoro quando hai rispetto del lavoro di tutti. 

Quando qualsiasi persona anche solo per un attimo può essere una scoperta, una nuova fonte, una nuova storia che vale la pena vivere e raccontare. 

Quando ti metti in testa che sei al servizio degli altri e che con le parole hai una grossa responsabilità. 

Ma soprattutto ami ancora questo lavoro quando non ti fermi. Quando vai avanti. Quando non ti accontenti. 

Quando ridi. Quando piangi. 

Quando ancora ad ascoltare una storia ti vengono i brividi, a rileggerla ti vengono le lacrime, quando nelle vite degli altri entri in punta di piedi. 

E ami ancora questo lavoro quando sei umile, quando collabori, quando scavi, quando cerchi, quando verifichi, quando vai fino in fondo. Quando fai l’impossibile. 

Quando fai non solo tutto, ma oltre il tutto. 

E ami questo lavoro quando qualsiasi parola pesa come il piombo, quando posandola lascia il segno e quando anche se scomoda rappresenta il vero. 

Ami questo lavoro quando scrivi. 

E lo ami alla follia quando scrivi solo la verità. 

#nottesbetti

LETTERA AL #VENETO, ai #VENETI 

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LETTERA AL #VENETO, ai #VENETI
Sapete che cos’è questa?
È l’immagine di un bambino e della nonna che guardano la devastazione sul litorale veneziano giovedì scorso.
Una tromba d’aria impazzita che nel giro di pochi minuti ha spazzato via tutto.
Tetti delle case, alberi completamente sradicati e lanciati in mezzo alla strada, auto e roulotte sfondate, campeggi devastati, bungalow e tende strappate, squarciate, lettini in spiaggia fatti volare per centinaia di metri, strade bloccate, pali della luce pericolanti, linee ferroviarie interrotte, vie d’accesso e di fuga ostruite, feriti trasportati d’urgenza in ospedale e poi il caos, il caos ovunque.
Le sirene dei mezzi di soccorso correvano più veloci delle raffiche di vento.
Perché ora, adesso, da quando quell’8 luglio di due anni fa un tornado di potenza F4 spazzò via tre comuni della Riviera del Brenta, in #Veneto, c’è il terrore.
Il terrore che tutto ciò possa riaccadere.
La mattina di giovedì era soleggiato. Afa. Un’ afa terrificante. La gente per la strada diceva: “Se oggi piove fa il disastro”, “Speriamo non faccia come due anni fa”, “Adesso, ogni volta hai paura che sia un tornado”. E infatti.
Il disastro lo ha fatto. E la potenza era simile a quella di un tornado.
Ma il Veneto. Il Veneto si rialza sempre.
Il Veneto è un esempio, il Veneto è un inno alla vita.
Oltre quattrocento alberi caduti, enormi pioppi sradicati e catapultati in strada, arbusti e fogliame ovunque, oltre trenta auto danneggiate e sfondate, decine di case e palazzi danneggiati, e poi.
Poi le strutture balneari. Mescolate come il vento mescola i castelli di sabbia.
Lettini come carte da gioco stesi a terra.
Poi i feriti. Trenta feriti ricoverati a #Jesolo e altri quindici a Venezia.
E i soccorsi che hanno sputato sangue come sempre.
Nel giro di una notte la gente si è rimboccata le maniche e le spiagge da Jesolo a #Cavallino sono pronte.
Pronte per ripartire.
E la conta dei danni è di circa dieci milioni di euro.
Le squadre di soccorso hanno lavorato giorno e notte. Notte e giorno per salvare il salvabile, per tranquillizzare, per sgomberare le strade, per rimettere in piedi una spiaggia perché nonostante tutto è estate.
Vigili del fuoco, sanitari del Suem, carabinieri, polizia locale, elicotteri del 118, operatori e volontari della protezione civile, uomini dell’associazione nazionale Alpini.
Sono sempre lì.
E li vedo quando per lavoro mi trovo sui posti degli incidenti o in qualche altra situazione di emergenza.
Sono lì che sputano sangue, che lottano contro le frazioni di secondo, che si arrampicano, che attraversano i pericoli più difficili. Sono lì che si vestono in fretta, che spengono incendi, che liberano qualcuno dalle lamiere, che soccorrono le persone, che danno loro acqua. Sono lì che operano quando tutto intorno è caos mantenendo una freddezza, una lucidità e un autocontrollo invidiabili.
Ma soprattutto sono lì che salvano vite.
E il Veneto anche questa volta si è rialzato. Anche questa volta s
i rialza.
#buonaseratasbetti