Ottobre 2020. Un cane e il suo pastore

Qui è quando documentavo la fine dell’estate che non voleva finire. E quell’inizio autunno che tardava ad arrivare. Era ottobre 2020. Jesolo (Venezia).

Il post del primo lockdown della pandemia da Coronavirus.

Ci feci un pezzo sul Giornale.

#sbetti

Perché tutti aprono e noi chiudiamo?

Sarei curiosa di sapere quanti morti hanno risparmiato gli evidenziatori non comprati duranti il lockdown. Vorrei dei dati certi. Qualora fosse possibile averli.
Se vi ricordate c’è stato un periodo durante il governo degli scappati di casa, dell’onorevole Giuseppe Conte, in cui nei supermercati erano apparsi quei tremendi cartelli bianchi o gialli, in cui si vietava di comprare quadernoni caramelle penne matite accessori per la casa mutande pigiami infradito, eccetera eccetera.
Solo la carta da culo era consentito portare a casa in abbondanza.
Ricordo anche che una volta litigai con una commessa di un supermercato perché dovevo assolutamente prendere una cosa per mia nipote e le dissi che siccome pagavo la merce, ed ero ancora capace di intendere e di volere per stabilire cosa servisse nella mia vita o meno, poteva anche chiamare i carabinieri, e non me ne sarebbe fregato poi molto.
La commessa credeva scherzassi. Ma io ero seria. Anzi le dissi: “Vuole che li chiami io?”. Ricordo ancora il suo volto. Mi guardò con fare inebetito. Tanto che dovetti dirle di darsi una mossa a decidere perché c’era la coda dietro.
Ricordo che mi fece passare. Senza battere ciglio. E tornai a casa con il regalo che mi serviva.
Idem un giorno in biblioteca. Non volevano farmi entrare. Perché si entrava solo su prenotazione. Dissi loro che io nelle biblioteche ci lavoro se devo fare ricerche e che mi stava impedendo di lavorare.
Ora ho letto invece da qualche parte che nell’ultimo Dpcm volevano regolare cosa avessero potuto comprare i vaccinati o meno. Ribadisco che io sono per l’obbligo vaccinale.
Insomma volevano regolare cosa avremmo potuto comprare. I giornali, i profumi, i biscotti, le caramelle, i quadernoni e gli evidenziatori non essendo beni di prima necessità, non si sarebbero potuti acquistare.
Invece i beni di prima necessità sì. Ora chi stabilisce quale sia un bene di prima necessità o meno, mi piacerebbe saperlo, dato che a me la pasta non piace e quindi preferisco una pizza.
Poi però, anzi fortunatamente, siccome abbiamo un governo più accorto del precedente (non si sa ancora per quanto), qualcuno deve aver messo loro una mano sulla coscienza e onde evitare il ritorno del “carta culo day”, il governo si è redento e ha tolto questo inutile divieto in stile Pravda che nemmeno nella Russia più comunista.
Il problema però rimane attuale.
E cioè perché se tutti ora allentano, l’Italia chiude? I contagi sono in calo. Le terapie intensive reggono. La variante Omicron è molto più contagiosa ma molto meno letale, che bisogno c’è di stringere ancora. Anche perché di fatto sta gente è già chiusa. Quando vado in giro per bar e ristoranti, cioè sempre, lo faccio per lavoro quotidianamente, perché il sentire della gente lo annusi al bar, lo respiri; mi viene la tristezza. Cioè questi sono aperti ma sono vuoti. Le scuole poi non ve ne parlo. Ogni genitore che incontro è in preda a una crisi di nervi. Alcune scuole calcolano i positivi come pare a loro. Se ci sono due positivi o se uno è da settimane che non va a scuola lo calcolano come positivo lo stesso e allora tutta la classe va in quarantena. In Veneto per dire su 30 mila classi, 15 mila sono colpiti dalle norme anti virus. Nelle aziende poi è un macello. L’Inail ha calcolato che di media un lavoratore sta a casa un mese.
C’è gente che non ha niente, eppure sta isolato.
Ora mi chiedo, ma onde evitare di tornare a comprare carta da gluteo come se piovesse, non sarebbe il caso di allentare un po’ le maglie?

#sbetti

Donna positiva al covid multata per aver soccorso un motociclista. La follia

Sul fatto della donna multata per aver violato la quarantena perché nel mentre si è prodigata per soccorrere un motociclista. Credo che abbiamo perso la tramontana.
Non me la prendo tanto con quella procura, in tal caso quella Rovigo, che ha emesso il verdetto. Dato che siccome sappiamo in che acque versi la magistratura, non potevamo di certo pretendere un verdetto etico e giusto.
Ma me la prendo anche con coloro che sono chiamati a far eseguire le leggi e che girano armati per controllare se hai il Green pass scaduto o meno. Evidentemente questo a loro riesce.
Io sono sempre stata sostenitore delle forze dell’ordine. Ma di quelle che adoperano la logica del buon senso.
Ora.
Se una persona vede davanti casa un uomo schiantarsi addosso a un cartello stradale e svolare giù dalla moto, qualsiasi persona sana di cervello, qual è in tal caso la signora – tale signora Maristella Scarmignan, 56 anni, di Ospedaletto Euganeo – si adopererebbe per soccorrere il malcapitato dato che di pezzi di merda a questo mondo abbondiamo.
Soprattutto di quelli che se causano un incidente scappano o di quelli che gli capita davanti al naso e se poi li chiami a testimoniare ti dicono: “non vedo, non sento, non parlo”. Ai carabinieri che si sono così intestarditi per sapere le generalità della donna e scoprire che era positiva, costava così tanto fare in modo che la cosa si risolvesse secondo buon senso. Ma si sa. Che ognuno come dicono a Siena mena il sugo dal proprio padrone e quindi qualcuno pur di avere qualche riconoscimento – ne ho avuti quelli che mi hanno chiesto articoli per aumentare di grado (articoli mai fatti) – ecco qualcuno per avere qualche riconoscimento e leccare il sedere ai gradi superiori e rispondere “signor sì, lei è il capo”, ha pensato bene di denunciare la donna.
Che ora. Casalinga. Morta di fame. Si ritrova con una multa di 4500 euro da pagare. E che è stata anche convertita. Perché altrimenti erano due mesi di carcere.
Qui c’ha da fare il Governo. Che si impegna tanto per l’ordine pubblico tanto da farsi travolgere da clandestini e teppisti e moti ondulatori e organizzare corsi di italiano agli immigrati, ma non pensa bene di organizzare corsi etici di comportamento che comportino un’uscita dalle caverne.
Quando studiavo Legge – sempre grata per questa scelta – un anno misero il corso di Etica del giudizio per i magistrati. Una cosa che a quanto pare è sfuggita.
Invece per i clandestini che compaiono reati, mi raccomando. Quelli lasciateli liberi. Assecondateli anche.
Tanto lo Stato da qualche parte dovrà pur incassare. E se fate loro la multa vi rispondono col dito medio alzato.
A farci inchiappettare siamo l’asso di coppe.
Chapeau.

#sbetti

Tamponi. Il folle trucco dei falsi guariti

Pezzo uscito su Libero il 24 gennaio 2022

Che avranno mai da inventare ancora questi no vax per sfuggire alla vaccinazione. Adesso anche i finti guariti così da ottenere il certificato verde. In questo momento ci sono 11 squadre dei Nas dalla Liguria al Friuli che stanno controllando a tappeto tutti i punti tampone e le farmacie. Nell’ambito delle loro indagini si sono accorti che al momento del tampone viene controllato il codice fiscale e non il documento d’identità.Fatta la legge, trovato l’inganno. I no vax hanno capito subito di potersi infilare nel buco di questa pratica. E quindi cosa fanno. Ingaggiano un amico positivo al covid e gli danno il proprio codice fiscale. L’amico positivo, cavia e palo, torna a fare il tampone col codice fiscale dell’amico no vax negativo. Così da ottenere la trascrizione della positività. Dopo una settimana il no vax “finto positivo” va a fare il tampone e tac. Risultato negativo. In questo modo ottiene il certificato da “guarito”. Anche se positivo non lo è mai stato. Stratagemmi che come ha dimostrato la narrazione folle di questi episodi, vengono sempre scoperti, quindi non si capisce il motivo per cui ci si ostini a infrangere le regole. Ma il mestiere del furbo, lo sappiamo, è assai noto. C’è anche chi da positivo manda il fratello negativo a fare il test così da ottenere il via libera. Il sospetto ora è quello di una truffa messa in atto da persone alla caccia di un tampone positivo per ottenere il certificato. “Questi controlli li stiamo facendo da una settimana – spiega a Libero il comandante del gruppo tutela della salute dei carabinieri di Milano, Salvatore Pignatelli – nelle quotidiane attività che facciamo abbiamo visto che spesso, per questioni di rapidità, ci si limitava a chiedere solo la tessera sanitaria e non la carta d’identità. Ma anche la misura del tampone necessita di una completa identificazione per evitare che ci possano essere abusi. Siamo intervenuti per evitare che un positivo possa andare a fare un altro tampone col codice fiscale di un altro”. Tra gli abusi possibili quello di “sottoporre a tampone persone positive con più tessere sanitarie in diverse farmacie, per far emettere Green pass a nome di soggetti non immunizzati”. Da parte delle farmacie e delle aziende sanitarie, ci fa sapere Pignatelli, c’è la massima collaborazione. Così. Se già erano oberati di lavoro e tutti lamentavano le code chilometriche, ora i tempi è probabile si raddoppino, dato che il controllo dell’identità deve avvenire come ha ricordato Pignatelli in modo compiuto. Al momento le persone denunciate in Italia non sarebbero poche. Anche la settimana scorsa in Alto Adige sono state sospese 31 delle 3000 postazioni per l’inserimento degli esiti dei tamponi, per il sospetto che siano stati registrati dei “falsi positivi” per facilitare ai no vax l’accesso al Super Green pass in quanto “guariti”. I militari hanno accertato che gli addetti ai test siano effettivamente abilitati a farli e che tutto si sia svolto nel rispetto delle norme. Controlli anche in Veneto fanno sapere dai Nas, per verificare la corretta esecuzione dei test. Qui ancora non risultano illeciti di questo tipo. Insomma questi trucchetti sembrano tanto quelli degli adolescenti per saltare le interrogazioni. Peccato che qui ci sia di mezzo la vita. Quella degli altri.

Serenella Bettin

A voi le riflessioni. Basta con il bollettino serale dei morti di covid

Sergio Abrignani, immunologo della Statale di Milano e membro del Comitato Tecnico Scientifico, in una intervista a Libero, fatta da Pietro Senaldi, ha detto che non ha senso dare il numero dei positivi ogni sacro santo santissimo giorno. In nessun altra malattia infettiva, ha detto, si comunica ossessivamente il numero dei casi asintomatici. Si dovrebbe comunicare solo il numero dei malati.
Altra stortura poi è il numero dei ricoveri. Ossia si comunicano tutti. Se uno finisce all’ospedale perché si è rotto una gamba o perché una pora disgraziata deve partorire e per caso facendogli il tampone risulta positivo, quello passa come ricovero da covid.
Anche sui morti leggevo c’è qualche discrasia. Andrebbero analizzati i dati a fondo. Soprattutto ora che il virus si sta raffreddando. Idem per i tamponi. Sento gente in preda a isterie irrazionali e grottesche che deve tamponarsi per forza. Anche se non ha niente. L’egoismo all’ennesima potenza. Se uno sta male non fa altro che stare a casa.
Dato che morire per la patria, facendo “l’influenza in piedi”, come i cafoni ti biascicavano in faccia una volta, non è qualcosa che ancora ci è richiesto. Non rientra ancora nei piani diabolici del governo Draghi. Che esistono solo nella testa dei generatori di complotti.
Ora, ho tanti amici che hanno il covid in questo momento o che l’hanno avuto. Io ancora da un anno non posso riacquistare l’olfatto. E mi dicono che no. Non è un’influenza qualsiasi. Una mia amica, sana, bella come la Luna, la mia età, ma non vaccinata perché il medico le aveva consigliato così. È stata malissimo. Cinque giorni d’inferno. Ora si vaccina. Perché è vero che la variante Omicron contagia di più ma ci si ammala meno, ma è anche vero che nei soggetti non vaccinati questa diventa più patogena. Il vaccino è fondamentale perché protegge al 90%. Nessuno ha mai detto che il vaccino non impedisce al virus di entrare, ma è vero che se entra stai meno male. E non capisco davvero dove sia la complicanza nel capire tutto questo. Alcuni muri esistenti solo nella testa andrebbero abbattuti altrimenti anziché andare avanti. Torniamo indietro. Abrignani ha detto che di tutti i vaccini che usiamo da decenni al mondo, gli effetti collaterali si manifestano al massimo entro poche settimane. E che i vaccini anti covid sono stati usati nella vita quotidiana su miliardi di persone. Ma soprattutto tutti i dati ci dicono che chi si è immunizzato si ammala e muore di meno. L’anno scorso dice sempre Abrignani avevamo almeno due decessi ogni cento contagiati. Oggi ce n’è uno su 500 – 1000. Se non fossimo vaccinati così in tanto oggi viaggeremo al ritmo di 2000 morti al giorno. Ma soprattutto, e questo è molto vero, gli ospedali non sarebbero in sofferenza dato che l’80% dei ricoveri è di non vaccinati.
Lascio a voi le riflessioni.

#sbetti

“Ho pregato mio padre in tutti i modi perché accettasse le cure”

Quando giovedì scorso ho intervistato questo ragazzo, il figlio di Alessandro Mores – il padre di tre figli morto all’ospedale di Vicenza dopo che aveva rifiutato le cure – c’era il sole e attorno a me un’infinita distesa di campi. Ci vedevo l’orizzonte. Lui mi parlava e ogni parola era una mazzata. Un macigno che si aggiungeva a questo tempo così duro che stiamo vivendo.
D’un tratto ti rendi conto che a volte le cose non sono così come sembrano.
Se ci scavi in profondità, se vai nel profondo scopri storie. Persone.
Poi all’improvviso la voce di Niccolò si è smorzata. Soffocata dalle lacrime. Attutita dal groppo in gola.
“Mio padre mi diceva che ero una testa dura”, mi ha detto. “Io in passato l’ho ascoltato. Stavolta speravo fosse lui ad ascoltare me”.
Ho alzato lo sguardo. Il sole era sparito.
Era scesa la nebbia. Davanti a me il vuoto e il buio attorno…
La mia intervista su Libero con un grande e delicato Renato Farina👇

“Niccolò Mores ha 21 anni. È il figlio di Alessandro Mores. L’uomo di 48 anni morto all’ospedale di Vicenza dopo aver rifiutato le cure. Dieci giorni fa aveva contratto il covid ed era finito in ospedale. Niccolò aveva tentato in tutti i modi di convincerlo a farsi curare ma non c’era stato verso. L’aveva fatto con una videochiamata. L’ultima. Disperata.

Lei ha cercato di convincere suo padre a farsi intubare. “Sì, dopo che lui aveva rifiutato il tipo di cure di cui aveva bisogno, i medici mi hanno chiamato per provare a convincerlo. Io sono il fratello più grande”.

Cosa ha detto a suo padre?“Gli ho detto che se non voleva farlo per lui, doveva pensare a noi. Non fare il solito supereroe”.

E suo padre che le ha risposto? “Mi ha detto… “ci sentiamo dopo”. Ma alle tre di notte di mercoledì, l’infermiera mi ha chiamato dicendomi che dovevo essere forte perché il suo cuore non ce l’aveva fatta”.

Cosa può aver spinto suo padre verso tali prese di posizione? “Non lo so. Lui faceva l’agente di commercio, andava a lavorare anche se stava male. Ci teneva a non farci mancare nulla. Anche questa volta ha pensato che questo male sarebbe passato. E le sue convinzioni riguardo al covid non lo hanno aiutato”.

Di cosa era convinto? Perché era così refrattario ai vaccini? “Era convinto fosse una semplice influenza. Aveva alcuni amici guariti. Ma non ci sono mai stati veri discorsi tra di noi su questo, ci assomigliamo molto caratterialmente e quindi abbiamo sempre preferito evitare”.

Lei non la pensa come suo padre? “Io sono vaccinato, ho già due dosi. Mio padre era l’unico della famiglia a pensarla così. Gli unici a parlargli al telefono questi giorni eravamo io e mio fratello. Io ho provato a supplicarlo in qualsiasi modo ma non c’è stato margine. Spesso era lui che mi rimproverava di essere una testa dura e io in passato l’ho ascoltato. Stavolta speravo fosse lui ad ascoltare me”.

In famiglia nessuno ha provato a parlarci? “Siamo persone umili, sappiamo cosa siano il sacrificio, l’educazione, il rispetto per le persone più deboli e bisognose. Il papà queste cose ce le ha sempre insegnate. Ma andava contro il sistema. Qui in Italia ci sono tante cose che non funzionano. Lui aveva partita Iva, niente di garantito. Essendo stato trascurato dallo Stato, soprattutto nel suo settore (alimentare), ha reagito in questo modo”.

Aveva perso la fiducia? “Sì, durante il primo anno del covid non ha ricevuto chissà quale tipo di aiuti. Io stesso facevo il cameriere, e sono dovuto tornare a casa da mia madre. Mio padre vedendo lo Stato assente ha maturato questa idea del complotto”.

I suoi fratelli sono vaccinati? “Il più piccolo di 16 anni sì. L’altro più piccolino ancora no. Ma mio padre è sempre stato d’accordo sui vaccini, quelli che fai da piccolo. La tutela dei figli è sempre venuta al primo posto”.

Suo padre aveva altre patologie? “No. Sanissimo. Non fumava nemmeno. Da sempre contro le droghe. Quando poteva andava a correre e faceva sport. Nella sua mente lui credeva di potercela fare anche stavolta”.

Crede sia stato l’orgoglio a muoverlo? “Non è stato un gesto suicida o egoista come tanti dicono, siamo una famiglia per bene. Lui credeva di potercela fare veramente”.

Serenella Bettin

#sbetti

Basta tamponi a tutti. Non ha senso

Milano Farmacia Formaggia

Questa cosa dei tamponi a tutti ci sta sfuggendo di mano.
La settimana scorsa ero a Milano e davanti la farmacia Formaggia, in corso Buenos Aires, ci saranno state sì e no 500 persone in fila.
Tutta gente – a vederla sana – in coda per farsi bucare il naso. Fuori al freddo.
Che se non prendi il covid ti prendi la broncopolmonite diretto.
Ma questa gente doveva fare il tampone per andare a lavorare, per partecipare alle feste, perché si è trovato a pranzo col positivo, perché vive in casa con un contagiato, perché una buona fetta rientra tra quelle persone che invocano la guerra dei padri e dei nonni con i cannoni e le bombe, e rifiutano di farsi iniettare un farmaco che eviterebbe loro di finire al campo santo.
Costringendo gli altri che si sono vaccinati a vivere in clausura. Il 25 gennaio avanti di questo passo saremo tutti in quarantena.
Il fatto che dopo un anno abbiamo molti più contagi e molti meno morti (l’anno scorso il giorno di Santo Stefano per dire erano 10.407 casi e 261 morti, quest’anno 24.883 contagi e 81 morti) ecco questo significa, checché ne dicano i no vax, che il vaccino funziona.
Perché più ci si vaccina più la letalità del virus si abbassa.
Anche perché questa corsa ora forsennata a farci tamponare il nasino come se dovessimo andare ai grandi magazzini il giorno dell’apertura dei saldi, costringe milioni di italiani sani e vaccinati in quarantena. “Abbiamo oltre l’80 % della popolazione generale che è protetta – ha scritto Matteo Bassetti su Facebook l’altro giorno – non possiamo continuare a mettere in quarantena e in isolamento forzato decine di persone per ogni tampone positivo”. Perché ora funziona che se tuo figlio è in classe con un positivo. Ma tuo figlio è negativo. Devi comunque fare la quarantena fiduciaria perché non si sa mai, il virus. Il rischio è di trovarsi con gente che sta bene, non ha niente, isolata, col mondo che si ferma, l’economia che si paralizza, le bollette che lievitano e il Pil che si arresta. “Se continuiamo in questo modo – ha detto Bassetti – cioè a tamponarci tutti anche chi non ha sintomi o magari ha un raffreddore, cosa potrebbe accadere il 25 gennaio con magari 1,5 milioni di persone contagiate? Vorrebbe dire avere 10 milioni di persone ferme e in quarantena”.
Occhio che questo, come penserà qualche pirla, non è un assist per i no vax.
Anzi. È la riprova che i vaccinati si ammalano meno e contagiano poco. Fatevi sta puntura.
Al mondo c’è di peggio.

#sbetti

Quando avevo 25 anni non mi fecero entrare in discoteca

Ricordo che una sera, tipo dieci anni fa sono andata in una discoteca a Jesolo, quando ancora si poteva, ed essendomi dimenticata la carta d’identità perché dovevo fare la figa con la borsetta, non mi hanno fatto entrare.
Avevo 25 anni. Ma il tipo buttafuori, in tutti i sensi, credeva che io di anni ne avessi 16.
Del resto ho sempre dimostrato meno.
Il mio cervello però era già all’epoca così talmente evoluto che me ne tornai in auto e mi misi a dormire, aspettando i miei amici che nel frattempo erano andati a divertirsi.
Non me ne sono andata in piazza a scimmiottare e gridare alla dittatura perché non mi hanno fatto entrare in una discoteca.
Anzi. Ci ho anche guadagnato in soldi di biglietto e in ore di sonno. E mi sono risparmiata una di quelle classiche serate dove gli asparagi giganti e le oche giulive starnazzano a bordo pista nell’attesa che qualcuno abbocchi.
Ora io davvero non riesco a comprendere perché la gente fa tanto rumore per un certificato. Qualcuno mi ha detto che sono giovane. Io invece dico che qualcuno è rincoglionito. Perché se per entrare in discoteca ti chiedono un documento, è anche assai probabile che in una situazione di emergenza quando la gente cantava dai balconi e guardava i morti sopra i carri diretti al campo santo, qualcuno voglia anche essere sicuro che dentro qualche locale ristorante bar pizzeria teatro cinema, anche al lavoro, visto che bisogna mangiare, ecco non ci sia qualche covidizzato senza vaccino e ripeto senza, che ti attacca il virus e poi tu lo attacchi a qualcun altro e via discorrendo.
Ora questo pararsi il culo dei no pass per cui secondo loro sarebbero sì vax ma no pass e per cui alcuni sì vax sarebbero no pass, veramente non sta in piedi. È tempo perso.
Anche perché il certificato verde non è altro che la prova che hai fatto il vaccino. O il tampone. O il covidino.
Quindi se uno non è contro il vaccino non si capisce bene per cosa protesti. Voglia di fare casino.
Ma consiglio di mettersi sul balcone anche stavolta con le pentole e vedrete quando casino viene fuori.
Mentre in famiglia volano porchi perché lo smartworking, la dad, eccetera eccetera.
Se proprio non volete poi, vi danno tre possibilità.
A: puoi fare il vaccino ed è gratuito.
B, puoi farti un tampone e te lo devi pagare, a meno che qualche datore di lavoro che è sempre il primo ad arrivare e l’ultimo a uscire, non decida di pagarlo di tasca propria – Giusto perché poi dite “imprenditori di merda, potere al popolo-.
C, ti danno anche l’opportunità di prendere il covid.

#sbetti

Giù le mani dai bambini, ma chi li usa i bambini?

Libero 25 ottobre 2021

Giù le mani dai bambini”. Appunto. Ma chi li usa i bambini? Sabato scorso a Padova alla manifestazione dei no Pass, alcuni bimbi sono stati fatti salire sul palco dei manifestanti che intonavano in coro “giù le mani dai bambini”. 

Ora pare logico che lo slogan “giù le mani dai bambini”, debba significa anche non usare i bambini stessi mettendoli sopra un palco per innescare una protesta. Inculcando loro che quella sia la scelta giusta. Ovviamente i fanciulli non hanno gli strumenti per comprendere cosa stia accadendo, come è giusto che sia. Però così è andata durante l’ennesima lotta per il certificato verde, il Green pass.

Erano un migliaio i manifestanti scesi in piazza a Padova armati di bandiere cartelloni e volantini. Molti dovevano essere a Trieste ma, visto l’annullamento della manifestazione da parte del Comitato 15 ottobre per il rischio di infiltrazioni da parte dei violenti, hanno deciso di rimanere in città. Stesso copione nella città di Treviso dove alle cinque di sabato pomeriggio piazza dei Signori appariva piena di persone, che a vederle sembravano tante, ma erano poco più di 700. “Trieste chiama, Treviso risponde”, intonavano in coro. E poi ancora cartelloni e manifesti “no vaxismo” “governo assassino”, e toni del genere. La cosa non è andata tanto a genio ai commercianti e ai gestori dei locali che piangono ancora i danni da covid e che sul più bello che potevano contare sulle riaperture vedono le vendite ostacolate da quelli che dal movimento “Io apro” sembra siano passati al movimento “Io chiudo”. La manifestazione oltretutto non era autorizzata, tanto che il sindaco di Treviso Mario Conte si è infuriato. E non poco. E ha detto: “adesso basta”. “Queste manifestazioni sono una mancanza di rispetto – ha fatto sapere scusandosi con i turisti appena arrivati e i negozianti – per chi tenta di ripartire. L’anno scorso a quest’ora stavamo chiudendo le città. Oggi che potrebbero lavorare, per volontà di pochi rischiamo di subire gli stessi danni economici”. Perché i più arrabbiati sono proprio loro. I negozianti. E infatti bastava passeggiare per le vie che conducono al centro del capoluogo della Marca trevigiana per vedere negozi vuoti, plateatici semi deserti, bancarelle strozzate da una accozzaglia rumorosa di gente che protesta; cori, tamburi, megafoni, casse, microfoni. Tutti senza mascherina ovviamente. Tanto quella come ci insegnano quelli che stanno facendo di tutto per farci richiudere non serve. Il titolare di un bar ha dovuto mandare a casa tre dipendenti su otto per la carenza di lavoro. In giro si vedeva gente alzarsi dai tavolini, sbuffare, mandare al diavolo tutti e andarsene. Insomma non la cronaca tranquilla di un sabato pomeriggio da trascorrere in famiglia passeggiando per le vita della città a suon di caldarroste e tè caldo.

Anche a Milano ci sono stati disagi. Non pochi. E alla fine con le vie chiuse e il traffico in tilt, chi ci ha rimesso sono stati sempre i negozianti e i gestori dei locali. “Giù le mani dal lavoro”, gridavano i manifestanti imboccando corso Vittorio Emanuele, non capendo che proprio loro in quel momento bloccavano il guadagno di chi al sabato fa il 20% del fatturato. Ergo di chi anche al sabato porta a casa la pagnotta. In piazza c’erano 8 mila persone tra cui anche esponenti del gruppo Do.Ra., comunità militante dei Dodici Raggi di Varese ma anche esponenti dell’estrema sinistra. Ha sfilato anche l’ex brigatista, Paolo Maurizio Ferrari. Ma soprattutto ci sono stati denunce, segnalazioni e un arresto. La polizia ne ha identificati e denunciati nove del gruppo Do.Ra, emettendo nove fogli di via obbligatori dal comune di Milano. Dovranno rispondere di: apologia di fascismo, manifestazione non preavvisata, interruzione di pubblico ufficio e violenza privata. L’arresto è di un egiziano di 22 anni, già inutilmente colpito da un ordine di allontanamento e con numerosi precedenti a carico, e fermato per resistenza a pubblico ufficiale. Oltre a 40 persone identificate per “comportamenti insidiosi e violenti”. A Trieste invece la protesta si è sgonfiata. E al porto, questa bellissima conca sul Golfo, non c’è più nessuno. Se non gente che lavora, navi che arrivano, camion fermi ai varchi che caricano e scaricano, e una squadra della polizia che controlla e sorveglia. C’è anche un addetto alla viabilità che avviciniamo. Lui è uno di quelli no vax e no pass. “Non esiste. Io il vaccino a mio figlio non glielo faccio fare, ancora non ha 18 anni. E quando ne avrà 18 spero mi stia a sentire”.

Ma la libertà non dovrebbe valere per tutti? “Giù le mani dai bambini”, gridavano a Padova. “Giù i bambini dal palco”. Grida il buon senso. 

Serenella Bettin

La chiamano libertà. Io la chiamo ignoranza

Trieste 6 novembre 2021

Ieri ho seguito le proteste a #Trieste – oggi trovate il mio servizio su Libero – e mentre guardavo quelle scene mi chiedevo che senso avesse.
La verità è che se avessero chiamato il vaccino con un altro nome, chessò io “farmaco miracoloso anti covid”, “farmaco che protegge dal virus” – con tutte quelle boiate di cui si imbottisce la gente, dai dimagranti anti culo, alle barrette pro tette, anti fame, agli integratori alimentari – se avessero messo qualsiasi coglione a fare un video dal Giappone – è veramente accaduto durante il primo lockdown – che indicasse “miracolo! Il farmaco che protegge dal virus è arrivato”, la gente avrebbe cominciato ad andarlo a comprare, e le chat si sarebbero riempite di messaggi, e le chat su whatsapp avrebbero cominciato a rimbalzare, e quelli che oggi protestano e che l’anno scorso ti scrivevano dolenti indolenziti disperati perché erano chiusi, ti avrebbero scritto: “Ciao scusami se ti disturbo, hai visto che in Giappone hanno trovato il nuovo farmaco? Perché in Italia no?? Non è che c’è tutto un complotto sotto?”. Quanti ne ho visti di questi messaggi. Quanti ne ho visti di questi video obbrobri.
Certo. E lì le nubi avrebbero iniziato a roteare, e i fulmini a deflagrare, e il cielo si sarebbe riempito di lampi tuoni e pioggia e avremmo potuto rispondere: “Ciao, nessun disturbo tranquilla anche se sono le quattro di notte, ma anche in Italia e in tutta Europa abbiamo il farmaco anti covid, ma la gente non lo vuole e scende in piazza a manifestare”.
Allora ieri mi sono chiesta che senso avesse questa massa, vegetazione spontanea anarchica, sedotta da brigatisti ed estremisti, che scende in piazza e che impedisce a commercianti, ai negozianti, lavoratori, baristi, cameriere, di lavorare. Che impedisce alle persone, alle famiglie, ai padri di famiglia che si fanno il culo durante la settimana, di poter godere di un sabato tranquillo.
Del resto mi sono detta, qui si vedono i riflessi sociali che le situazioni più devastanti generano nel genere umano.
Ci sono sempre state quelle persone che rotolano al contrario, credendo di essere controcorrente e invece vivono per distruggere.
Sempre. Queste persone, sono quelle che per giustificare la loro azione sovversiva, danno la colpa a qualcun altro, si avvalgono di fantomatiche teorie, complotti, danni esistenziali; riprendendo drammi storici senza avere rispetto di chi quei drammi li ha vissuti per davvero.
Sono entrata dentro la chat dei manifestanti e ho provato un profondo senso di tristezza, sgomento, schifezza.
Quelli che pensano di essere i geni incompresi, sono nient’altro che disadattati, che vogliono sentirsi tali. Gente che non va più a lavorare, gente che non ha più soldi, gente che aveva un impiego e che ora fatica a vivere, che si propone di fare da badante, baby sitter, sit dog, qualsiasi lavoro purché “no, no, no, no, il Green Pass non lo voglio”. Questi sono quelli che fanno rotolare al contrario il mondo. Quelli che non troveranno mai pace perché non la vogliono. Quelli che credono di lottare per le ingiustizie e invece lottano solo per loro stessi. Questi sono quelli che rivendicano uguaglianza e democrazia e dividono il mondo.
Dove erano queste persone quando gli imprenditori si ammazzavano perché costretti a chiudere? Quando i giovani non venivano considerati? Quando le famiglie faticavano e faticano ad arrivare a fine mese? Quando i pensionati prendevano e prendono 500 euro al mese? Quando lo Stato pagava i sussidi perfino ai terroristi (visto io con i miei occhi). O le coppie faticavano e faticano a mettere al mondo dei bimbi?
Senza considerare i risvolti e i danni economici che tutto questo comporta. Dato che il sabato per molte categorie è il giorno di maggiori incassi, ma anche i vaccinati hanno diritto di poter frequentare le piazze. Anche i Green passati hanno diritto di passeggiare in piazza a Trieste, Milano, Padova, Torino, senza vedersi rompere i coglioni da quelli che protestano perché credono che il vaccino li renda invisibili. Dov’è la libertà che tanto rivendicano? Se impediscono alla gente di vivere, di passeggiare, di lavorare. Ci sono commercianti sull’orlo della disperazione perché quando l’anno scorso eravamo chiusi, la gente protestava perché voleva fossimo aperti, e quest’anno che siamo aperti, la gente protesta forse perché vorrebbe fossimo ancora tutti chiusi.
Ma questa è gente, mi duole dirlo, che prende la laurea in Medicina frequentando la scuola di specializzazione di Facebook.
La chiamano libertà.
Io la chiamo ignoranza.

#sbetti

I banchi della Azzolina buttati al macero

Quando l’altro giorno su whatsapp mi è arrivata la foto dei banchi lanciati su una chiatta da rifiuti a Venezia, di cui vi racconto su Libero, all’inizio non ci volevo credere.
So che in quel mentre ero al telefono e per 50 secondi non ho nemmeno più ascoltato l’interlocutore, tanta era la sbornia, nel vedere codesta immagine.
Questa notizia, che può sembrare bizzarra buffa a tratti divertente esilarante e diversiva, in realtà racchiude tutta l’immagine di chi ha gestito la pandemia durante il governo Conte. Il peggiore.
In un Paese che poi ha avuto bisogno di Mario Draghi per stare più tranquillo e risollevarsi.
Draghi. Che non è nemmeno un politico.
Allora quando ho messo giù il telefono e ho fatto le mie verifiche per capire se quella foto fosse vera, mi sono ancora più sbalordita. Perché sì. Era tutto vero.
Del resto dalla cantina alla discarica, è un attimo. Ma sono rimasta stupefatta soprattutto del percorso che hanno fatto questi banchi a rotelle, usati come bandiera, per distogliere l’attenzione dai problemi veri. Come le primule architettoniche dove Conte per decidere il colore aveva impiegato 15 giorni.
I banchi, ampollosamente chiamati “sedute innovative”, sono costati agli italiani 119 milioni di euro. Acquistati da tale Domenico Arcuri che di certo non eccelle di efficienza e trasparenza – vedi il caso mascherine – in alcune scuole la scheda tecnica riporta la dicitura “sedute per adulti”, e quindi pericolosi per la postura dei ragazzi.
Così questi banchi pagati fior di quattrini, prima sono stati messi nelle aule con tanto di banchetti e rinfreschi – ci siamo dimenticati di Sergio Mattarella a Vo’Euganeo – poi sono stati usati come giostre dagli alunni che non stavano fermi, e poi siccome facevano venire mal di schiena sono stati trasferiti in soffitta. Per un epilogo che dire tragico è dire poco. Il macero.
Del resto anche uno stupido avrebbe capito che questi banchi non sarebbero stati usati. Uno perché le scuole all’epoca erano chiuse. Due perché le scuole avevano già i banchi monoposto. Tre perché non si capisce quale sia il senso per mantenere il distanziamento di un banco con le ruote che non sta fermo. Quattro perché in molte scuole erano già ricorsi anziché al taglio del nastro, al taglio del banco.
Azzolina aveva definito l’acquisto di questi banchi un risultato eccezionale.
Infatti.
Soldi buttati nel cesso.
Così, giusto perché amo raccontare le storie della gente e per dirvi quali danni può fare una incompetente.

#sbetti

Arcuri indagato. In piena pandemia c’era chi faceva cassa

Questa cosa di #Arcuri indagato per le #mascherine è abbastanza imbarazzante, a tratti riprovevole. Qui non parliamo di un social media manager che si faceva o forse no di coca, qui parliamo di soldi dello Stato e di mascherine difettose importate dalla Cina, date a ospedali e assistenti sanitari, in pieno periodo covid.
Durante la pandemia – il primo lockdown, quello duro – mentre la gente cantava dai balconi “riscopriamo i valori, vogliamoci bene tutti”, c’era qualcuno a cui avanzava tempo di fare soldi sulle disgrazie degli altri.
Il tutto condito con il bollettino dei morti.
La sera alle 18 ti davano la conta dei defunti che come una slot machine impazzita si piazzava sempre con un numero a tre cifre. Qualche giorno anche mille. Mille morti al giorno. Mille morti al giorno sono una valanga.
Un Vajont che spazza via tutto.
Allora mentre tutta Italia si preparava a vivere una nuova epoca terrorizzata dall’incubo del covid, c’è stato chi non ha perso tempo e ha provato a vedere se ne cavava qualcosa.
Orbene.
Arcuri è indagato – eh va bene è indagato voi direte, qui non vale, innocenti fino a sentenza definitiva certo, ma anche Morisi lo era e il popolino progressista l’ha condannato, Lucano invece era condannato veramente e l’hanno assolto, misteri della fede, la vita che gira al contrario – ecco Arcuri è indagato per corruzione (di cui è stata richiesta archiviazione), peculato e abuso d’ufficio per la maxi commessa da 1,25 miliardi per 800 milioni di mascherine Made in China.
Mascherine non solo alquanto costose ma anche pericolose per la salute.
Le fiamme gialle ora stanno cercando di recuperare quel che resta di quelle mascherine nocive ma quelle che sono andate, sono andate. E qualcuno si sarà pure protetto. Male.
Una fornitura ottenuta grazie a un gruppo di imprenditori di questo comitato d’affari finito sotto accusa per le relazioni personali tra Benotti e Arcuri, che avrebbe garantito provvigioni per 72 milioni di euro.
Domenico Arcuri infatti avrebbe usato i soldi del Fondo istituito per l’emergenza – impressionante davvero – per pagare la provvigione all’imprenditore Mario Benotti.
Non solo. Si sospetta anche che questa provvigione non sia stata nemmeno rendicontata. Ossia Benotti incassava e amen.
Arcuri si difende dicendo che Benotti era solo un procacciatore d’affari. Nessun mediatore. E che lui della trattativa non sapeva niente. Anzi ha pure preso le distanze da Benotti. Con cui guarda caso da gennaio a maggio 2020 si è scambiato ben 2529 tra messaggi e chiamate. Insomma qualcuno direbbe: i conti non tornano.
Nella sua arringa difensiva, tirando in ballo lo stato d’emergenza, dovuto all’emergenza appunto, ha tirato in mezzo tutto, facendo anche il nome di Giorgia Meloni che non c’azzecca nulla.
Ma quello che è ancora più grave e che reca disgusto è che le certificazioni delle mascherine che non hanno superato nemmeno gli esami per aerosol di paraffina, venivano prodotte dalle aziende dopo i pagamenti delle forniture.
Ossia prima venivano comprate. Poi pagate. E poi a tempo perso si certificava che queste andassero bene.
“La validazione” del materiale, si legge nel decreto, “ha quasi sempre seguito i pagamenti delle forniture”.
Del resto, non c’è da stupirsi, un modus operandi tipico. Paghi e tutto accade.

#sbetti

Chi ha protestato l’ha fatto col culo degli altri, che si sono vaccinati

A me sta storia delle proteste per il Green Pass – come lo chiamano quelli che non sanno l’italiano e parlano inglese – sta cominciando a scassare la minchia.
Proteste basate sul nulla. Un documento che ti consente l’accesso al lavoro e in pubblico.
La gente che oggi ha protestato ha potuto farlo perché l’80% degli italiani ha fatto il vaccino, perché l’anno scorso di questo periodo stavamo richiudendo tutto. Il ritorno della dad. Le lezioni a intermittenza. Le zoommate con le studentesse bendate. Mia madre che faceva lezione in piedi cinque volte al giorno per 25 bambini diviso 5.
I bar vuoti. I ristoranti anche. E la gente che ricominciava a ordinare il lievito e impilare carta igienica per i culi.
Chi oggi ha protestato e chi continua a protestare e rivendica libertà – la Libertà, pronunciano questa parola con la bocca spalancata come se stessero cacciando le mosche, l’avessero mai vista la vera libertà, poveri illusi – chi oggi ha protestato l’ha potuto fare grazie a quattro coglioni che si sono vaccinati perché più liberi degli altri.
Qualcuno ha detto che è colpa di Mario Draghi.
Non vedo dove, in questo contesto, dato che in giro è tutto pieno. E il 94 % degli studenti è in presenza a scuola. L’anno scorso a scuola non c’erano nemmeno i banchi perché quelli ordinanti dalla sedicente Azzolina erano finiti in soffitta.
Qualcuno ha detto anche che dovremmo ringraziare i portuali di Trieste perché loro stanno mettendo in pratica un qualcosa che nel lavoro era da tempo sopito: la solidarietà.
Io non la voglio la solidarietà dei portuali di Trieste.
Non la voglio.
Non me ne faccio niente. Se l’alternativa è quella di chiudere ancora.
Chi oggi ha scioperato ergendosi a paladino della libertà, libertà libertà libertà ahahahahah, l’ha fatto col culo degli altri che si sono vaccinati.
Comodo.
Vedo anche politici strizzare l’occhio ai portuali, con tanto di foto “io mi vaccino”. Non dovevano vaccinarsi allora. Comodo proteggersi e mandare avanti gli altri.
La gente non vede l’ora di uscire da questa storia.
Dal 21 febbraio 2020 le persone non parlano nient’altro che di covid. È tutto un lamento. Una protesta. Un’agonia. Un nervosismo in giro.
Nei mesi peggiori quando tutti cantavano dai balconi, tutti aspettavano il vaccino. Poi quando il vaccino è arrivato una minoranza ha tirato il culo indietro. Legittimo. Certo. La vostra rivendicazione della finta libertà di scelta.
Quella che vi fa sentire macchioline nell’universo.
Gridano alla dittatura. Ma non si capisce dove. Visto che se sei vaccinato entri. Se non lo sei ti fai un tampone. A pagamento.
Allora dovevano mettere l’obbligo. E nessuno più si sarebbe posto il problema. Perché così hanno creato l’alibi perfetto. Il Green pass non lo voglio. Perché il lavoro è un diritto.
Certo era un diritto anche quando cantavate dai balconi e aspettavate il bollettino dei morti.

#sbetti