Venezia ai tempi del #Coronavirus

L’angoscia a Venezia. Era meglio con l’acqua alta. Scendiamo con il treno delle dieci che ci porta dritti a Venezia Santa Lucia. In treno c’è un assoluto silenzio, non ci sono ragazzini, giovani, innamorati. Ci sono solo i lavoratori, i sedili vuoti, quelli dove non ti puoi sedere sono tracciati di rosso. Non sono passati nemmeno i controllori. Scendiamo in stazione e sotto i piedi ci compaiono delle enormi frecce verdi: “Rispetta la distanza sociale”, c’è scritto. Il distanziamento suonava meno invasivo. In stazione non c’è nessuno. Ci sono i poliziotti. Alcuni negozi hanno aperto, ma sono completamente vuoti. Il bar della stazione è chiuso. Sulle sedie sono stati appiccicati degli adesivi. Sul rosso non ti ci puoi sedere. Venezia così ospedalizzata, non l’avevamo mai vista. I ponti sono vuoti, le calli pure, solo quella delle Poste è piena di gente in coda a “distanza sociale”. Non c’è più il vociare dei turisti, il click degli stranieri, i selfie dei cinesi, il compulsivo trotterellare dei trolley. Non ci sono più i gondolieri che parlano veneziano, i veneziani che imprecano in dialetto; almeno quelli con l’acqua alta si sentivano. Ora c’è un terribile silenzio. In sottofondo il rumore scalzo dei vaporetti, mezzi vuoti. Gli alberghi sono chiusi, metà saracinesche dei negozi sono abbassate, gli omini del Bangladesh non vendono più nemmeno i cappelli. Ci fermiamo in un locale, per prendere un caffè. Il titolare Alessio Dola del bar ristorante Ai Scalzi sta misurando i tavolini con il metro. Lui ha riaperto, ma alcuni locali e locande sono ancora chiusi. Non si può, senza turisti non ha senso. Dola aveva 25 dipendenti, ne ha reintegrati cinque. “Abbiamo passato l’acqua alta ci dice la crisi del 2008, ma una cosa del genere mai. Questo era un bel periodo prima del Coronavirus”. Ora. Ora fa impressione. In Piazza San Marco i cafè classici sono rimasti chiusi. Con la città che si spopola, Venezia muore senza turisti. Sopra un ponte incrociamo due persone. Sono due turisti di Verona. “Con la riapertura siamo venuti a fare un giro a Venezia – dicono Daniela Pisani e Alberto Mori ma così non l’avevamo mai vista”. Le chiese sono aperte. I musei pure. Ma alla «prima messa» nella Basilica di San Marco, non c’erano molte persone. In qualche locale in Strada Nuova, le persone sembrano formiche, qualcuno azzarda a sedersi fuori nei bar. Ne basta una e la gente si fa coraggio. Hanno tutti la mascherina, lo prevede l’ordinanza in Veneto, pena la sanzione dai 400 ai 3000 euro. A fine mese via libera a centri estivi e parchi giochi. Anche gli spostamenti tra le province confinanti con Emilia Romagna, Friuli e Trento sono ammessi, per i congiunti. Ci si sposta con l’autocertificazione, ha spiegato Zaia, per incontrare parenti, fidanzate o fidanzati. Come quei ragazzini che si baciano alla stazione. Lui è andato a trovarla. Chissà se riusciremo a non fermare almeno l’amore.

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