A tutti quei medici in prima linea, semplicemente Grazie

Dal diario di Facebook del 7 marzo

Penso a tutti quei medici che ora stanno rischiando la vita in prima linea e mi vergogno di essere italiana.
Sì mi vergogno.
Penso a tutti quelli che prendono i vitalizi. Che hanno i viaggi pagati. Che godono delle porte automatiche per andare al gabinetto. Che hanno gli occhiali gratis. I pasti pagati. Le urinate prenotate.
Che passano la loro vita a twittare e facebookiare e si sentono perfetti. Dio come siete ignoranti. Perfino il referendum sul taglio dei parlamentari avete slittato in avanti.
Penso a chi frega i soldi. A chi fa soldi sulle spalle degli altri.
Penso a Benigni e ai suoi trecentomila euro a Sanremo. Penso ai calciatori. Penso ai grandi personaggi politici che preoccupati di avere la cravatta intonata con le mutande a fioretti prendono fior di quattrini. Penso ai parlamentari. Penso ai deputati. Penso ai senatori. Penso alle vallette.
Penso a questo Governo. Ai ministri. Alle vostre alte cariche.
Nemmeno le assemblee di classe delle medie
vi darei da gestire.
Perché allora stasera tornando a casa dal lavoro, perché noi ancora ci andiamo al lavoro, mi è venuta in mente un’immagine.
Ed è quella di un medico con la testa tra le mani nella freddezza di non saper che fare.
E allora penso e ripenso a quanti medici ora stanno rischiando la vita.
A quanti specializzandi. A quanti infermieri. A quanti operatori. A quanti giovani dottori usciti dalle aule universitarie.
Tutti in prima linea a combattere contro un virus sconosciuto e a lottare contro questo tempo bastardo che ti si porta via il cuore.
Lottano contro i minuti. Minuto per minuto. Secondo dopo secondo. Beep dopo beep. Totalmente preparati per affrontare qualsiasi tipo di emergenza. Lottano nella disperazione delle persone. Tra i pianti. Tra le urla. Tra gli eccessi. In mezzo al dolore della gente. In mezzo al sangue. Tra le corsie degli ospedali correndo contro il tempo.
Lottano nelle condizioni più dolorose, più spietate, più in emergenza. Lì nelle situazioni più critiche loro pensano solo a salvarti. Non importa se hanno mangiato, quanto hanno dormito, se sono stanchi, esausti, disperati. Se la moglie li aspetta a casa. Non importa. Loro non mollano. Perché se molla l’anello di una catena, crolla il sistema.
E penso a tutti quegli specialisti che ora stanno vivendo sul filo del rasoio. Che sono infetti. Che rischiano di diventarlo. Che rischiano la vita ogni giorno, per salvare le vite degli altri.
Penso ai ricercatori precari. A questi giovani che vivono senza la convinzione di un futuro. Senza sentirsi parte di un tutto. Specializzandi che prendono 800 euro al mese per rischiare la vita costantemente in ospedale, per prendersi delle responsabilità, per fare un lavoro dove l’errore non è ammesso. Dove non puoi sbagliare. Dove non è un tweet che se sbagli si rifà. Qui non si rifà proprio niente.
Penso ai medici che tornano a casa la sera. O che sono in quarantena. Che hanno paura di infettare mogli, figli, affetti. Penso a quanta gente c’è in Italia che invece ti si frega i soldi.
L’altro giorno ho parlato con un medico.
Mi ha detto che visita i pazienti con “maschera e camicione – uno non di più – fornito dalla sanità veneta ai medici di Medicina Generale”, e che gli “pareva di essere un alpino mandato in Russia con gli stivali di cartone”.
Questi che vedete qui sotto sono la sua mascherina e il suo camice.
Un medico di base prende dai 1500 euro al mese, dipende dai pazienti. Un primario prende dai 4.500 euro lordi. Con tutte le responsabilità che hanno. Con tutte le magagne che incontrano. Con tutte le chiamate che ricevono, nel cuore della notte, sempre lì pronti a combattere.
Ecco. Perché poi. Poi in un’emergenza come questa finiscono oggetto di un vostro tweet demenziale, e quando passa l’emergenza, chi se ne frega, sono i soliti dipendenti statali, che fregano i soldi allo Stato, che bevono il caffè alle macchinette, sono i soliti che non tutelate, a cui non date fondi, ricerche, a cui non rinnovate i contratti. A cui tagliate le gambe. Sono i soliti medici italiani che mandate all’estero.
Perché come in tutte le cose, c’è chi ci mette il cuore e chi ci mette il sedere.
Quando passerà l’emergenza ricordatevene, tagliatevi gli stipendi e datene un po’ a questi santi.
#sbetti
#Coronavirus

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