
Oggi parlavo con un imprenditore agricolo. Veneto. C’ha 30 anni. Un bel ragazzo. Robusto. Prestante. Ha una azienda agricola di 25 dipendenti. Un bolide. Una macchina da guerra. I suoi trattori sono navicelle nel deserto dei campi dorati. Hanno il satellitare. Il Wi-Fi. Il Bluetooth incorporato. Hanno tutte le migliori tecnologie per stare a passo con il tempo. Lui studia. Fa i corsi d’aggiornamento. Si informa. Ama la terra i suoi prodotti e la sua ricchezza.
Esporta prodotti in tutto il mondo. Anche con l’Asia, anche con l’America. Cina. Giappone. Spagna. Germania.
Il suo radicchio ha raggiunto in volo i piatti dei cinesi. Dei giapponesi. Degli indonesiani. Di quelli che stanno al triangolo delle Bermuda. La maggior parte dei supermercati qua attorno sono riforniti da lui. Quasi tutti i negozi alimentari anche. La gente fa la fila per comprare i suoi prodotti.
E allora oggi mi ha detto che le sue esportazioni con l’Asia sono interrotte dal 14 febbraio. Dal 14 febbraio non ricevono più niente. Ordinazioni. Commesse. Zero.
E mi ha detto che ha previsto di ridurre la produzione nei prossimi mesi del 40%. Perché non ha senso. Perché ci perdi. Hanno avuto un picco la scorsa settimana quando la gente ha iniziato a far le provviste come se dovesse arrivare la guerra, e ora non si sa perché le ordinazioni non arrivano. Ne arrivano meno.
Un imprenditore che c’ha trent’anni. Una vita davanti. Che ora non vede futuro. Sì la gente mangerà. Tornerà a mangiare. Ma il mercato. Al mercato che succede?
Perché se si blocca il mercato anche all’interno del Paese che succede.
Oggi a Vo’ Euganeo, questo buco di culo che ormai conosce tutto il mondo, un carico di vini è tornato indietro da Parma. Non lo vogliamo. Riprendetevelo. Magari è infetto.
Fanno la guerra alle nostre eccellenze. La follia.
E ieri un amico a me caro mi ha detto che con il lavoro è fermo. Che non si muove più.
“Io per un po’ nn posso muovermi – mi ha scritto – i clienti nn ci vogliono ricevere, paura collettiva.. Quelli esteri non ne parliamo. Per loro noi italiani siamo colpevoli di aver infettato l’Europa. Ma anche quelli italiani, per paura preferiscono limitare i contatti. La seconda emergenza di questa situazione – ha continuano – dopo quella sanitaria è quella economia. Due tragedie”.
Già. Perché non riusciamo a essere normali. Perché dobbiamo sempre arrivare agli estremi. Perché l’Italia deve dare spettacolo. Perché ho visto gente svuotare i supermercati e adesso ingozzarsi agli aperitivi come se niente fosse.
Il supermercato, in uno dei paesi vicino a casa mia, ha fatto più incassi che a Natale. Una persona ha fatto 1500 euro di spesa. Che minchia ve ne fate?
Perché quando l’emergenza sarà passata – perché passa. Passa. Evolve. Si trasforma. Ci vuole forza – Ecco quando l’emergenza sarà passata la conta dei danni sarà tanta. Enorme. Danni che ora non ci pensi, perché si pensa a eliminare il virus, prima che ci annienti. Ma a quel punto. A quel quel punto l’Italia sarà isolata. La gente avrà paura. L’economia in ginocchio. La gente disoccupata.
Chi ha spalle forti sopravvive, è la legge della giungla, chi attende i pezzi dalla Cina ed è costretto a chiudere, dovrà reinventarsi. Quelli del Nord andranno al Sud. Quelli del Sud si riscatteranno. Non potremmo più cambiare le auto ogni tre anni. I pezzi non arriveranno. Difficile permettersi un’ auto senza assemblaggio.
Ci stanno massacrando. E io da un lato vedo gente che se ne frega altamente e non aiuta il sistema. Dall’altro vedo gente all’estremo che non si fida nemmeno più a mettere le mani dentro la cassetta della posta.
In questo clima, voi siete veramente convinti che possiamo continuare a fregarcene?
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