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A Venezia scontri tra polizia e manifestanti

Non è stata di certo una bella idea far partire il contributo d’accesso a Venezia il 25 aprile – viene da chiedersi se sia stata una bella idea il contributo d’accesso stesso – con quelli dei centri sociali che berciavano in piazza. E il nuovo ticket è entrato in vigore slalomeggiando tra proteste, polemiche, scontri con la polizia, qualche furbetto e la solita maledetta dannata burocrazia. Alè. Ma andiamo con ordine.

Da ieri a Venezia è entrato in vigore il contributo d’accesso, appunto, quel balzello – ne abbiamo parlato ieri appunto – che viene fatto pagare ai turisti mordi e fuggi, ossia quelli che arrivano in città al mattino e se ne ripartono la sera. Il ticket costa 5 euro, e chi non lo paga rischia una sanzione da 50 a 300 euro. Accipicchia. Però ieri mattina, i veneziani, anziché svegliarsi rincuorati, son caduti dal letto, disturbati più che altro dall’eco degli scontri che stavano avvenendo in città. Fischi, cori, grida, bandiere. I manifestanti, circa 800, compresi quelli “No grandi navi”, si sono radunati in piazzale Roma, per esprimere tutto il loro disappunto sul contributo e hanno cominciato ad avanzare verso il centro. Al che, è dovuta intervenire la polizia in tenuta antisommossa con caschi, scudi e manganelli. 

A essere attaccato è stato principalmente il sindaco lagunare Luigi Brugnaro, e l’idea di una città trasformata in un parco divertimenti. Tra l’altro, “Venezia non è Disneyland”, è proprio il titolo di una pagina Facebook molto seguita in città che denuncia proprio i turisti mordi e fuggi, quelli che si tuffano dai ponti o quelli che impiastricciano le vetrine con le mani sporche di gelato. Ma tant’è. 

Lo slalom poi è proseguito tra i totem esplicativi del contributo, posizionati proprio qui, fronte stazione Santa Lucia, tra i gazebo biglietteria allestiti ad hoc, e tra quella miriade di turisti scesi dai treni a lunga percorrenza, che invadeva la città trotterellando con le valigie. Una seconda manifestazione più pacifica, è stata quella di alcuni comitati cittadini, contrari al ticket, e che si sono posizionati vicino ai gazebo. Qui, tra totem di diverso colore, verde per i residenti, arancione per i turisti, azzurro per i gitanti, e tra steward e gente col naso per aria come a dire: “Dove son capitata”; ecco qui alt, fermi, i controlli. Allora: chi pernotta in una struttura ricettiva in città, e quindi paga già la tassa di soggiorno di 3 euro, non deve pagare il ticket. Chi ha l’esenzione, deve mostrare il Qr code dell’esenzione stessa. Esenzione che viene chiesta accedendo sul sito del comune. Chi ha meno di 14 anni basta che faccia vedere la carta d’identità e chi invece non dorme a Venezia ed è straniero, o viene da fuori regione, ecco, bè deve pagare i 5 euro. Perché c’è gente che non rinuncia a mettere piede a San Marco, nemmeno, nelle giornate di maggiore affluenza, anche a costo di pagare il biglietto. Il contributo, infatti, è stato concepito proprio nei giorni da overbooking, e in tutto, per ora, sono state previste 29 giornate.

Ma a Venezia ieri, dati aggiornati alla mano, sono arrivate 113 mila persone e di queste solo 15.700 hanno pagato il ticket. Il che vuol dire che 1 su 10 ha pagato, tutto il resto nisba. Balzano all’occhio i 40 mila turisti che dormono in albergo, i 2.100 parenti di residenti e i 2.000 amici di residenti. Mancano, si fa per dire ovviamente, gli amici degli amici dei parenti perché la cosa difficile è districarsi nella miriade di esenzioni previste. “Non si è mai fatto nulla per regolare il turismo ed era necessario fare qualcosa – ha detto Brugnaro – la paura del cambiamento è legittima, ma se la paura blocca, non c’è progresso. Oggi spendiamo più soldi di quanti ne incassiamo, ma questa non è una spesa è un modo per far capire che bisogna cambiare, evitando gli intasamenti. Non abbiamo più i finanziamenti della legge speciale per Venezia, nonostante vengano trovati per il ponte di Messina”. Così. Boom.

Serenella Bettin 

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