
Dal diario del 4 marzo 2020
4 marzo ore 11.53
Non è sotto controllo. Non è niente sotto controllo. Ma li vedete i paesi in giro? Li vedete? Escono solo i buontemponi alle sette di sera per fare l’aperitivo strafregandosene di tutto e di tutti.
Stamattina sono andata al bar del paese. Vuoto. Non c’era anima viva. La gente ha paura. Gli anziani stanno a casa. Solo dopo è entrato un padre con un bimbo a debita distanza. Se le scuole sono chiuse non ci sono più le madri che vanno a fare colazione.
Se anche Dio ha chiuso le porte. La gente non va neanche più a messa. E finita la messa non va a bere il caffè. Non vanno nemmeno più a fare la spesa. L’hanno già fatta. Mandano gli altri. Se le palestre sono chiuse la gente non si ritrova. Se i teatri sono chiusi la gente sta a casa.
Si ammala. Parlo con gente infetta da paura. Infettata dall’angoscia. Riesco a parlarci soltanto. Non vogliono uscire. Usano la maschera pure per stare dentro casa. C’è gente che si sta fissando. Che controlla i numeri trecento volte al giorno. Il loro cervello è una slot machine impazzita che conta il numero dei morti. Che conta quello dei vivi. Che conta quello dei contagiati. Dei positivi. Di quelli infetti. Di quelli infetti ma non troppo. Di quelli infetti. Che infettano.
Le persone chiuse a Vo’ sono in isolamento. Guardano la vita scorrere come il fiume che scorre loro accanto. Non sanno che fare. Con chi parlare. Ci avete pensato ad attivare un sostegno psicologico per queste persone? Eh? Perché quando tutto sarà finito. Perché finisce. Finisce. Deve finire. Dobbiamo essere forti.
Ecco quando tutto sarà finito, non ci sarà solo la questione sanitaria. Quella economica. Quella burocratica. Le tasse. Le porcate che fate. Abbiamo un governo che fino a ieri ha giocato a fare i cialtroni e i ciarlatani. Ecco quando tutto sarà finito avremo la crisi sociale. Delle persone. La paura non se ne va facilmente. L’emarginazione. Siete così talmente stupidi da aver chiuso i momenti soft di aggregazione e di aver lasciato aperti i centri commerciali. Di non controllare se gli aperitivi vengono serviti correttamente. In questo clima tutto pensano alle loro tasche. Ai loro interessi. Parlate di voler diminuire il rischio del contagio e chiudete le feste del paese. Quelle che potrebbero salvare da una qualche malattia mentale. Avete lasciato aperti i cubi di cemento, quelli dove tutti i microbi si annidano. Quelli sì. Provate a chiedere a qualcuno che ha appena partorito cosa dice il medico? Di non portare i bimbi al centro commerciale per l’alta presenza dei germi. Poi. Poi quando sarà passato tutto questo, veniteci ancora a chiedere le autorizzazioni per fare le feste. I corsi sulla sicurezza per la festa della soppressa. Nel culo ve le dovete ficcare.
Continuate a limitare tutto. A controllare tutto. Quando non siete stati in grado nemmeno di gestire a suo tempo un problema come questo. Continuate. Forza. Continuate a romperci l’anima. Continuate a far arrivare tutti, a far scorrazzare tutti quanti. A permettere a chiunque di entrare e a chiunque di uscire e mandate i vigili a controllare con le squadre se i tavolini del bar sono dentro le distanze. Ora dovreste farlo! Non prima.
Perché poi. Poi stamattina quando al bar sono entrati il padre e suo figlio, abbiamo iniziato a parlare di questo Coronavirus.
Io ho detto alcuni dati, secondo me allarmanti. Si parlava degli anziani. Si parlava delle morti. Quando mi sono girata, il bimbo che si era seduto per bersi il succo e mangiarsi la brioche, si stava tappando le orecchie con le dita. Il padre mi ha guardato e mi ha detto: “non vuole sentire queste cose, gli fa male”.
Un bimbo di nemmeno dieci anni. Io mi sono zittita. Mi stava venendo una lacrima.
E sono uscita.
Ma a tutto questo, a come avessero potuto vivere le persone non ci avete minimamente pensato. Perché ora vaglielo a spiegare a un bimbo di dieci anni che siamo presi così per un Governo di cialtroni.
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