Il Papa non riesce a camminare. Ma quello che è logoro è il suo cuore

Questo che segue è il mio pezzo uscito su Libero domenica 1 Maggio 2022

La voce affaticata, il volto dispiaciuto, sommesso quasi commosso, come a espiare una colpa non sua, il Papa ieri alla fine dell’udienza con i pellegrini della Slovacchia, in Aula Paolo VI si è confidato e ha detto che non riesce tanto a camminare. Non si è alzato ed è andato in mezzo ai fedeli come era solito fare. Come avrebbe voluto. Come il cuore gli aveva suggerito. C’è un tempo in cui sull’amore prevale la ragione.

“Dopo io vi saluterò, ma c’è un problema… questa gamba non va bene… non funziona… e il medico mi ha detto di non camminare. A me piace andare, ma questa volta devo obbedire alle prescrizioni sanitarie. Per questo vi chiederò il sacrificio di salire le scale e vi saluto da qui, seduto. È un’umiliazione ma la offro per il vostro Paese”. 

Umiliato pur senza averne motivo, il Papa si è giustificato. Da tempo Papa Francesco soffre di gonalgia, una lesione al legamento del ginocchio destro, e quando il dolore diventa più intenso non riesce a restare in piedi a lungo. Finora ha evitato infiltrazioni e ha preferito antidolorifici e ghiaccio. Ultimamente si è sottoposto a dei controlli medici. “È una cosa lenta – aveva detto ai giornalisti nel volo di ritorno da Malta – vediamo se torna indietro, ma c’è il dubbio che a questa età non si sa come finirà la partita, speriamo vada bene”. Il Papa ha 84 anni. I medici stanno pensando di sottoporlo a un intervento chirurgico per inserire una protesi articolare.

Un disturbo comune tra gli adulti, quello della gonalgia che colpisce il ginocchio, dovuto alle continue sollecitazioni a cui sono sottoposte le articolazioni in attività come inginocchiarsi, stare in piedi, sollevare pesi. 

Quanti pesi ha sollevato questo Papa. 

Martirio e calvario. Porta la croce di tutte le tribolazioni del mondo. Il covid. Le tragedie. I morti. La guerra. I profughi. 

La Domenica delle Palme aveva lanciato un appello. Fermate la guerra. Quella violenza che non si ferma. “Che vittoria sarà mai – aveva detto – quella che pianterà una bandiera su un cumulo di macerie?” 

Lo avevamo visto col covid poi. Salire quella scalinata. Da solo. Metteva i brividi. Era il 27 marzo 2020. Non c’era nessuno attorno. Quel Papa venuto da molto lontano, quella sera davanti a una Piazza che è arrivata a contenere 250 mila persone – era il funerale di Papa Giovanni Paolo II – ha pregato per il mondo intero. Aveva solcato quel selciato in mezzo al vuoto. Richiamando il Signore. Lo aveva pregato di non “lasciarci soli in mezzo alla tempesta”. Una preghiera mondiale. Che aveva unito tutti. O come l’ultima. 

Quella al Cuore Immacolato di Maria a cui ha consacrato la Russia e l’Ucraina. Come un bambino che prega la madre, così si era rivolto alla Madonna. “Tu stella del mare – ha detto – non lasciarci naufragare nella tempesta della guerra”.

Alla fine dell’udienza ieri, dopo aver accarezzato le persone che gli sono andate incontro. Dopo aver benedetto gli infermi. Quelli in sedia a rotelle. Si è fatto sorreggere per alzarsi in piedi. E ha ribadito il suo patimento.

“Prego per voi, prego per le vostre famiglie, prego per il vostro nobile popolo. Avanti e coraggio. E vi chiedo: per favore pregate per me, si capisce”.

Per uscire è stato accompagnato da monsignor Leonardo Sapienza, il reggente della Casa Pontificia. Già a marzo scorso l’ufficio stampa del Vaticano aveva comunicato che il Papa si era dovuto fermare a causa del problema al ginocchio.

“A causa di un’acuta gonalgia, per la quale il medico ha prescritto un periodo di maggiore riposo per la gamba, Papa Francesco non potrà recarsi a Firenze domenica 27 febbraio, né presiedere le celebrazioni di Mercoledì delle Ceneri il 2 marzo”.

Poi era ripartito ma era apparso più affaticato. Quando il giovedì santo ha celebrato la messa nel carcere di Civitavecchia, per lavare i piedi ai 12 detenuti, questi sono stati fatti sedere su un piano rialzato per evitare che il Papa si abbassasse troppo.

Il ginocchio regge il peso del corpo e alcuni movimenti potrebbero logorarlo. 

Ma mai quanto il suo cuore. Quello è già logoro da un pezzo. “Troppo sangue abbiamo visto – ha detto la domenica di Pasqua – troppa violenza. Anche i nostri cuori si sono riempiti di paura e di angoscia”. Ieri ha esortato “a continuare a pregare e lavorare per la pace”. 

Dio, che qualcuno lo ascolti.

Serenella Bettin

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