Il cambiamento: dolore, fatica, sacrificio

Il cambiamento porta sempre un bagaglio di fatica. Dolore. Sacrificio. Pena. Paure. Angosce. Con l’adrenalina che tutto sta per succedere. La voglia di cambiare. E la consapevolezza di doverlo fare.
Con dentro quella linfa vitale che scorre. Che ripercorre le vecchie strade battute e strabattute. Quante volte le ho percorse quelle strade. Quante volte le ho calpestate. Quante volte le ho fatte mie. Mi ci sono immersa. Infilando dentro bene i piedi nella melma. E quante volte sono risalita scavando come si scava a mani nude nella roccia. Quante volte le ho immaginate certe strade. Quante volte le ho vissute. Quante volte lo ho semplicemente aspettate. Quante volte le ho rincorse. Invocate. Avanti e indietro, indietro e avanti. Conquistando così metro dopo metro. Pezzo dopo pezzo. Centimetro dopo centimetro.
Lo senti il cambiamento. Dio se lo senti. Lo senti che sta lì dentro di te e non ne puoi fare a meno. Lo senti che trabocca. Che sgorga. Che vomita quando non gli dai ascolto.
E non lo puoi arrestare. Non lo puoi fermare. Ostacolare. Boicottare. Non lo puoi nemmeno combattere. Tempo perso. Anzi più lo combatti più acquista forma. Altezza. Peso. Diventa quasi un mostro con cui svegliarti.
Diventa un modo di essere. Un modo di sentirsi. E più tenti di respingerlo. Più lui ti assale. Ti prende. Ti squarcia. Ti sconvolge. Ti mette alla prova. Ti sbatte dritto in muso che quei percorsi già battuti è arrivato il momento di lasciarli.
Senti che nell’aria c’è qualcosa di diverso. Ti guardi attorno e ti pare di rivivere i tempi delle medie, del liceo. Quanto il lieve tepore di inizio primavera si faceva sentire. E ti inondava il corpo. Il naso. I capelli. La bocca. Lo sentivi arrivare e ti si inorgogliva l’anima. Capisci che quel tempo ormai ti sta stretto, che la tua mente spazia in luoghi lontani. Che lo sguardo volge verso il cielo di quel palazzo dove splende il sole anche d’inverno. Anche se è il 5 gennaio. Il cambiamento lo devi assecondare. Lo devi lasciare fare. Lo devi far lavorare. Scavare. Sedimentare quello che è stato e lasciarti andare a quello che verrà. Lo senti quando batte forte sulla schiena.
Saltano via i pezzi, saltano via come schegge impazzite. Si apre uno squarcio. Tu tiri da una parte, lui dall’altra. Come una lotta continua. Un tiro alla fune che non si arresta. Tu tiri di qua. Lui tira di là. Ti slabbri. Ti squarci. Si creano slabbramenti. Ferite. Voragini. Che decidi di riempiere.
In una lotta all’ultimo sangue. Dove ancora una volta a vincere sarà la linfa vitale che scorre.
Quella fiammella che si riaccende, e quell’ardore negli occhi.

sbetti