
Ho visto le persone spalare l’acqua. Le ho viste con le lacrime agli occhi. Ho visto la gente piangere. Disperata. Attorniata dai sacchi pieni di roba da buttare. Ormai marcia. Senza più nulla da recuperare.
Allora in questi giorni sono stata in mezzo ai commercianti. In mezzo alle persone. In mezzo ai veneziani. Venezia non è solo fatta di turisti che prendono arrivano, si fanno quattro selfie, sputano per terra, mostrano il culo e ripartono. No. Venezia è fatta di gente che vive al piano terra. Di gente che ogni anno combatte con l’acqua alta. Di gente che ci vive. Di gente che ci è nata. Di gente che ha avuto la fortuna di nascere nella città più bella al mondo e ci vuole rimanere. Perché Venezia. Venezia non ha bisogno dei turisti per essere bella. Venezia è bella da sola. Venezia vive di luce propria. Venezia è una reliquia e voi l’avete trattata come una puttana. Ricordo ancora le immagini di chi piscia per strada. Di chi si cala i pantaloni in mezzo alle gondole. Di chi si tuffa dal Ponte di Rialto. Di chi lascia i rifiuti in mezzo alla strada. Credendo che Venezia sia Gardaland.
Allora in questi giorni mi sono resa conto della sofferenza che provano le persone che a Venezia ci vivono e non possono convivere con i turisti che credono che Venezia sia un parco acquatico.
Ho visto un sindaco mettersi le mani nei capelli. E chinare la testa. Ho visto gli occhi spaventati e atterriti del presidente Luca Zaia. Ho visto gli occhi delle persone e ci ho visto la disperazione. La consapevolezza che non è finita qua. Che tornerà. Che ogni tot di anni l’acqua Granda torna e non lascia sconti.
Una donna mi ha preso le mani, una titolare di una boutique, e mi ha detto: “è un disastro, cosa ne sarà di questa città? Lo vedi come è presa? È tutto distrutto. Hanno mangiato tutto. Rubato tutto”. Sono rimasta senza saper che dire. Le ho solo stretto la mano più forte. E poi andandomene le ho premuto la mano sul braccio e le ho detto: “forza non mollate”.
No, perché i veneziani non mollano. Ma Venezia. Venezia molla.
E questi giorni ho visto la gente non mangiare. Non dormire. Non avere l’acqua nemmeno per lavarsi i denti. Ho visto le donne che mi hanno detto “ho i capelli sporchi”, ho visto gli uomini in tuta pieni di freddo. I muscoli congelati. Ho visto le donne rannicchiate. Le mani congelate. Con i giubbotti dentro ai negozi. Ho visto i titolari e i negozianti bestemmiare. I facchini imprecare. Cercare di salvare il recuperabile. Ho visto la gente spazzare via l’acqua. Correre con gli enormi sacchi di spazzatura. Ho visto le persone non poter andare in bagno. Non poter fare un caffè. Non potersi scaldare. Ho visto persone asciugare i frigoriferi con il phon, buttare frigoriferi. Buttare freezer. Ho visto anche chi asciugava i libri con il phon. Ho visto proprietari che mandavano fuori dal proprio locale i clienti e in solidarietà li mandavano in quello accanto. Perché funzionava. Perché anche con le porte aperte potevi trovare un attimo di caldo. E poi. Poi ho visto gente disperata, accucciata, guanti in mano, scopettoni, stesa a terra a lavare il pavimento. Ho visto gente risollevare i manichini, spazzati via dalla furia dell’acqua e del vento. Ho visto gente pulire le piastrelle. Disinfettarle, lucidarle. Una a una. Ho visto persone oltraggiare lo Stato, il Governo, compagnia cantante, per questa Venezia lasciata a sé stessa. Ma soprattutto. Sopratutto ho visto una Venezia lavorare. Rimboccarsi le maniche. Darsi da fare. Ho visto le persone correre. Indaffarate. Affaccendate. Persone prendere la pala, tirare su la melma, riempire secchi di roba, togliere la roba marcia e aprire i sacchetti e gettarla.
Ho visto gente non piangersi addosso. Non fare scenate. Se non quelle di quando prendi confidenza. E così fumando una sigaretta ti scappa una lacrima. E poi te ne scappa un’altra. E un’altra ancora. E ci si sfoga. Ci si sfoga per questa Venezia che alla fine vince. Vince su tutto. Anche su chi la ama da spaccare il cuore e non vorrebbe farla morire.
Tra poche ore sul #Giornale
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