Cerchiamo Martina

Stamattina apro il Gazzettino e vedo che c’è una foto. Mi colpisce. Perché quella foto la conosco. Quella bambina è Martina.

La bimba abbandonata il 25 giugno 2015 davanti la casa del parroco di Santa Maria di Sala #Venezia. Lì per lì leggo l’articolo, credevo si parlasse di lei. E invece. Invece è un’altra storia.

Allora per un attimo mi sono tornate in mente tante cose. E vorrei chiederne una: qualcuno sa che fine ha fatto quella bambina?

Io me lo ricordo quel giorno. Era pomeriggio tardi. Per una sera avevo finito prima. Ero appena rientrata e me ne stavo a piedi scalzi in casa. Mi ero appena accesa una sigaretta. Quando tac. Il cellulare si illumina. Sempre così il nostro lavoro quando gridi vittoria. Quando pensi di aver finito e invece. Invece si ricomincia da capo. E si riparte come fosse l’alba.

Allora dicevo mi ero appena accesa una sigaretta. Il cellulare si illumina e giuro me lo ricordo come fosse ora, leggo: “neonato abbandonato davanti la canonica Santa Maria di Sala”. Un messaggio così. A bruciapelo. Lanciato in quell’afa di fine giugno quando già non ne puoi più dell’estate. Insomma chiamo la redazione. E quasi timorosa dico: “c’è un bambino abbandonato davanti la canonica!”.

“Serenella corri!”, mi fa il redattore.

Così. Così mi infilo in fretta i jeans, borsa a tracolla, scarpe da ginnastica e parto. Volo.

Arrivo sul posto e tutto tace. Sembra tutto a posto. Temo il peggio. Penso se sia viva. Ma invece. Invece Martina, che prende il nome dalla suora che l’ha presa in braccio per prima, Suor Marta, se ne stava lì. Le suore l’avevano presa e stesa sul tavolo. L’avevano lavata. Asciugata. Pulita. Le avevano fatto una specie di bagnetto. E Martina se ne stava lì con il volto candido pulito e bello. Gli occhi chiari. Chiarissimi. Verdi. Era bella. Bella davvero.

Insomma da lì per dieci giorni fu un escalation di energia. Scatti, foto, dichiarazioni, flash, articoli di giornale, interviste senza fine, registratori pieni. E ricordo che era anche un periodo in cui pensavo di abbandonare. Quasi non ne volessi più sapere. Sì insomma le cose che capitano quando ti prende lo sconforto. Ma poi. Poi non ci pensi. Accade per caso. E riparti. E così. Così persone da ascoltare. Persone da sentire. Il parroco da intervistare. I medici. Gli infermieri. Il personale dell’ospedale. All’ospedale di Mirano era una gran festa per questa creatura data alla luce e abbandonata sul nascere. Ricordo che suor Marta aveva anche fatto appello alla mamma perché tornasse. Perché non si vergognasse. Perché tornasse indietro e la riconoscesse. La amasse. Ma credo. Credo che nessuno si sia mai presentato. Non lo so. So solo che Martina finii in una famiglia fuori regione mi dissero. Ma non seppi mai da chi. E allora vorrei ringraziarla questa bambina. E vorrei ringraziare pure la mamma. Vorrei dirle grazie. Grazie per avermi fatto credere ancora in questo lavoro. Perché il giorno dopo. Il giorno dopo il mio pezzo iniziò così: “Campane a festa stamattina. A Santa Maria di Sala ha vinto la vita. A Santa Maria di Sala ha vinto Martina”.

A Santa Maria di Sala quel giorno capii che il nostro più grande compito è dare una dignità a storie sofferte.

#sbetti

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