Minchia signor tenente

Minchia signor tenente.

Ieri stavo rientrando dalla spiaggia. E mentre aspettavo degli amici mi sono seduta sul gradino di una casa. Mi sono accesa una sigaretta, ho aperto Facebook e mi sono apparsi tutti i post del carabiniere ucciso a Roma. E allora ce n’è stato uno che mi ha colpito. Ed è quello di un amico, un amico da una vita come dice lui, che mi è rimasto impresso nella mente.

Un amico che indossa la divisa. E che ogni giorno rischia la vita. Allora il post diceva così: “Minchia signor tenente e siamo qui con queste divise

Che tante volte ci vanno strette

Specie da quando sono derise da un umorismo di barzellette

E siamo stanchi di sopportare quel che succede in questo paese

Dove ci tocca farci ammazzare per poco più di un milione al mese

E c’è una cosa qui nella gola, una che proprio non ci va giù

E farla scendere è una parola

Se chi ci ammazza prende di più di quel che prende la brava gente.. minchia Signor tenente..”.

Non c’erano tante altre parole se non quelle della canzone. La ricordate no? E così sotto ho commentato “Minchia signor tenente”. Minchia signor tenente. Poi. Poi per tutta la giornata di oggi la mia testa continuava a ripetermi in testa questa strofa, queste parole, queste verità e mi sono chiesta quanti uomini ancora dobbiamo perdere per arrivare a fare qualcosa. Già, ma cosa. Cosa si può fare se fai un lavoro per cui esci di casa al mattino, tua moglie ti saluta, ti sfiora con le labbra, abbracci tuo figlio e rischi di tornare dentro una bara? Cosa si può fare? Bè, si può fare tanto. Si può fare tanto. Si può intanto cominciare a sbattere in galera un po’ di persone, un po’di delinquenti, un po’ di farabutti; poi alcuni se li può prendere e lasciarli lì a lavorare. E poi si può cominciare a difendere le nostre forze dell’ordine. Non a processarle se si difendono. Perché io me li ricordo quei casi dove se aggredisci un poliziotto ti danno i domiciliari, o ti mettono il braccialetto elettronico. Oh sì, me lo ricordo quel migrante del Gambia che a gennaio dell’anno scorso, a Chioggia, aveva rotto la spalla a un poliziotto. Era stato condannato a un anno con sospensione della pena, poi il processo per direttissima, e poi riaccompagnato in questura, non contento il tipo aveva aggredito altri tre poliziotti. Tre. Mica uno. Tre, ferendoli. Ma il giudice non aveva ravvisato gli estremi per contestare la resistenza a pubblico ufficiale e quindi venendo meno la resistenza, le lesioni non sono perseguibili d’ufficio ma solo su querela.

E allora ci chiediamo cosa mai debba fare uno per “porre in essere”, questa locuzione che a voi tecnici del diritto piace tanto e che stavate inculcando pure a me, ecco ci chiediamo cosa mai debba fare uno per ravvisare gli estremi della resistenza a pubblico ufficiale. Ah forse lo deve ammazzare. Lo deve prendere e gli deve tirare otto coltellate fino a che il corpo in un bagno di sangue non comincia a spasimare, a sobbalzare, ad ansimare, a chiedere aiuto, a implorare pietà per poi lacerare e straziare a terra. Ecco cosa deve fare. Cioè in Italia per ravvisare gli estremi per un reato, e quindi per essere colpevole una persona la devi ammazzare. Sennò ci stanno tutte le attenuanti del caso. Ci sta la condizionale. La buona condotta. Il non volevo. Non pensavo. Ma fai sul serio. Oh mio Dio sono provato. Come è provato ora, Elder Finnegan Lee, statunitense, che con Christian Gabriel Natale Hjort, è accusato dell’omicidio di Mario Cerciello Rega.

Mario che si era sposato da un mese, Mario che amava la moglie, Mario che amava gli amici, Mario che era appena tornato dal viaggio in Madagascar, Mario che aiutava i poveri, Mario che doveva ancora disfare le valigie, Mario che era barelliere per l’Ordine di Malta e Mario che accompagnava i malati a Lourdes e a Loreto.

Ecco chi avete ammazzato. E allora io li ho visti i carabinieri traditi dallo Stato, i poliziotti indagati, quelli menati che se si difendono rischiano il carcere, gli uomini in divisa che rischiano la vita e che se per caso premono il grilletto non hanno scampo, non hanno attenuanti, non hanno giustificazioni. Le giustificazioni in questo Paese di merda ce l’hanno solo i delinquenti. Per non parlare poi dei carabinieri, dei poliziotti, dei finanzieri, dei militari che c’hanno le divise rotte, che devono comprarsi le magliette, che non c’hanno la benzina, che non ricevono i soldi degli straordinari; uomini in divisa costretti a lavorare nelle porcilaie di qualche caserma che “nemmeno le latrine al fronte”. Ecco come fate lavorare i nostri servitori dello Stato. Quelli che non sono abbastanza per controllare ogni giorno dove poggiate il culo.

Perché adesso, adesso, adesso tutta la politica piange il carabiniere, tutti quelli garantisti piangono il carabiniere, ma mi chiedo se domani ve ne sarete già dimenticati. Perché allora, allora Faletti all’inizio cantava: “tutti aggrappati a un filo e non sappiamo dove”. Già. E allora “glielo dico sinceramente. Minchia signor tenente”.

#sbetti

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