LETTERA A CLINT EASTWOOD

Quando il 16 agosto scorso ho visto #Clint #Eastwood a #Venezia, mi sono chiesta se veramente fosse lui l’uomo che riempiva i miei pomeriggi invernali da bambina, quando con mio nonno nelle Marche guardavo la tv.
Se veramente fosse lui l’uomo con il cappello da cowboy che guardavo da ragazzina.

Se veramente fosse lui quel cowboy con lo sguardo così intenso di “Per un pugno di dollari”, “Per qualche dollaro in più” o “Il buono, il brutto, il cattivo”.

Mi sono chiesta se fosse lui con la sua sigaretta tenuta tra quelle fine labbra che riempiva le mie domeniche pomeriggio prima di Natale quando ancora si viveva il presente e i ricordi erano appannaggio dei vecchi.

Ma soprattutto mi sono chiesta se fosse lui quello che ha riempito le mie serate al cinema, quando i ricordi avevano preso il sopravvento, e quando basta un film per non pensare.

Così come mi sono chiesta se fosse lui “l’Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo”. O se fosse lui, lì davanti a me, a mezzo metro da me, in grado di partorire e far nascere capolavori come Hereafter, American Sniper, Million Dollar Baby o Invictus.

Ma soprattutto mi sono chiesta se quella persona lì davanti a me ieri, con il panama beige, la camicia a maniche corte e le scarpe da trekking fosse la stessa che è riuscita a generare una pellicola come Gran Torino. Per me l’apoteosi del cinema.

L’unico film che mi ha fatto piangere per mezz’ora abbondante. E chi era con me lo può confermare. Ricordo che quel giorno al cinema, alla fine, le lacrime scendevano come fiotti senza arrestarsi. Inondavano quella sala come l’acqua scorre sulle grondaie.

Un film che a chiamarlo film è poco. Perché Gran Torino è un’opera d’arte.

Vi giuro che ieri quando mi sono trovata davanti Clint Eastwood, l’uomo che ha partorito una così simile creatura cinematografica, mi stavo sentendo male.

Le gambe hanno cominciato a tremare. Ero incredula. Avrei voluto cominciare a piangere ma non l’ho fatto. Solo i brividi ho lasciato che corressero lungo le gambe e le braccia. Poi mi sono guardata attorno. Ho guardato il sole. Ho pensato ad altro per trenta secondi e ho riposato lo sguardo su di lui.

E allora sì. Mi sono resa conto. Era lui. Lui. Davanti a me. A mezzo metro da me. Lui in carne ed ossa. Quel volto, quello sguardo, quegli occhi così vispi e attenti. Quel passo così felpato e atletico. Quel portamento così signorile. Quella voglia di cominciare a lavorare sul set che gli si leggeva in faccia, quella capacità di essere elegante anche in scarpe da ginnastica, quel portamento e quel fisico che avevo sempre e solo visto nei suoi film, quell’uomo che guardavo da bambina e di cui ero e sono innamorata da donna, era lì davanti a me. Mi si era materializzato davanti.

All’inizio era impossibile crederci.

Il giorno che al cinema vidi Gran Torino, me ne andai da quella sala pensando che avrei voluto Clin Eastwood in quel momento per poterlo abbracciare.

Poi quando tornai in me, dopo le lacrime, i singhiozzi e i pianti, mi resi conto che mai lo avrei abbracciato, mai lo avrei incontrato.

Mai lo avrei soprattutto visto. Ecco. Ieri una cosa l’ho capita: che se un giorno ti capita di pensarlo, un altro giorno potresti addirittura ritrovarti a farlo, perché alcuni sogni e desideri, prima o poi, si avverano.

#buonanottesbetti

4 pensieri riguardo “LETTERA A CLINT EASTWOOD

      1. Alllora te lo consiglio caldamente: lo trovi su tantifilm.
        Se ti va, poi fammi sapere come l’hai trovato. Se invece non dovessi più sentirti, per me avertelo fatto scoprire è già una grande soddisfazione. Grazie per la risposta, e buon fine settimana! 🙂

        Piace a 1 persona

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