
“Mamma, papà mi ha detto una bugia di 4 parole”.
“Cosa ti ha detto amore, papà?”.
“Mi ha detto che Riccardo non c’è più”.
“No amore, non ti ha detto una bugia”.
“Papà ti ha detto la verità. Riccardo non c’è più”.
Questa donna Romina Ceccato è la mamma di Riccardo Laugeni. Il ragazzo di 22 anni morto la notte tra il 13 e il 14 luglio 2019 in seguito a un incidente stradale. Lui è uno dei quattro ragazzi morti a Jesolo. L‘auto su cui viaggiavano fu speronata da una vettura guidata dal romeno Marius Alin Marinica. E per loro non ci fu nulla da fare. Morirono annegati.
Il romeno scappò e non fu possibile nemmeno sapere se fosse stato ubriaco o no.
Ho incontrato questa donna ieri mattina e ho visto una forza pazzesca.
Al collo indossa la catenina con stampata la foto del figlio. La custodia del telefono ha impressa l’immagine di suo figlio. Ogni mattina e ogni sera questa donna va in cimitero perché per lei è come fargli il letto, mi ha detto. Se non lo fa si sente in colpa.
Da quando è morto il figlio sta conducendo una battaglia pazzesca. Portata avanti con una forza che non so nemmeno dove trova. È granitica. Fiera. Dura. Piange di nascosto, non si fa vedere. Alle unghie indossa uno smalto viola. In tinta con la maglietta. Le labbra disegnano un rossetto altrettanto in tinta. Che stupenda medicina sono i colori quando dentro muori. Che stupenda medicina è fare qualcosa per gli altri quando speri di cambiare le cose. Ma le cose in Italia non cambiano. Per farle cambiare ci vuole sempre il morto. E nemmeno basta. Questa donna si trova costretta a vivere accanto all’assassino di suo figlio.
Spero che il sindaco di Musile Silvia Susanna faccia qualcosa. Il giudice che prima lo aveva messo in carcere, ora l’ha messo ai domiciliari. Perché il suo difensore ha fatto valere un errore nei termini di prescrizione. Può farlo. È la legge sciagurata che abbiamo in Italia che glielo permette. Questa donna, tanto perché qualcuno disse “giustizia è stata fatta”, ogni volta che passa il centro del paesello pensa che suo figlio è al cimitero e che lì a casa, invece, ci sta chi quella maledetta notte l’ha ucciso.
Messo ai domiciliari il 14 luglio 2019, dopo che venne trovato dagli investigatori, Marinica di anni di carcere doveva farne otto. Invece ha fatto soltanto sei giorni. Questa è la giustizia in Italia. La madre ha detto che si incatena a Roma. Questa è la giustizia che concede sconti ai delinquenti e mette in galera le persone per bene. Walter Onichini per esempio.
Per il principio per cui ogni tre mesi ai domiciliari ci sono 45 giorni di sconto di pensa, al romeno di anni gliene mancano 4. Ma la legge prevede che sotto i 4 anni la pena sia sospesa. Mettici tutti gli errori della Madonna. Il romeno è fuori. Quando l’ho sentita e le ho chiesto cosa ricordasse di quella notte mi ha risposto: “ricordo che mia figlia mi ha detto: Papà mi ha detto una bugia di 4 parole”. “Quali amore?”
“Riccardo non c’è più”.
“Papà non ti ha detto una bugia figlia mia. Papà ti ha detto la verità”.
Mi vergogno a essere italiana ha scritto questa donna. Sinceramente anche io.
La mia intervista su Libero 👇
sbetti

Romina Ceccato è la mamma di Riccardo Laugeni, il ragazzo di 22 anni morto la notte tra il 13 e il 14 luglio 2019, in seguito a un incidente stradale a Jesolo, nel veneziano. Morirono in quattro quella notte. Oltre a Riccardo: Leonardo Girardi, Eleonora Frasson e Giovanni Mattiuzzo. Solo una ragazza si salvò. Avevano tutti tra i 22 e i 23 anni.Rientravano da una serata quando l’auto guidata dal romeno Marius Alin Marinica speronò la loro vettura. L’auto dei giovani si capovolse e finì in un canale. Per i quattro non ci fu nulla da fare. Morirono annegati. Il romeno scappò. Ci pensarono gli investigatori a rintracciarlo. La Cassazione la settimana scorsa ha confermato la pena di otto anni per omicidio stradale ma essendo ai domiciliari dal 14 luglio 2019 – per il principio che prevede lo sconto di pena di 45 giorni ogni tre mesi ai domiciliari – di anni gliene mancano 4 e la legge prevede che possa essere sospesa la carcerazione. Il giudice aveva deciso di condurlo in carcere, ma il legale dell’investitore ha presentato ricorso per un errore nei termini di notifica dell’ordinanza di carcerazione. La procura di Venezia lo ha accolto e il romeno è stato scarcerato.
Come ci si sente a sapere che l’investitore di suo figlio è ai domiciliari. “Una delusione. Ci sentiamo presi in giro. Non avevamo bisogno del contentino. E poi è stato messo ai domiciliari a Musile di Piave, dove abitano le vittime”.
Come a Musile? “Sì, potrà fare richiesta di fare lavori di pubblica utilità qui in paese, auguro ai cittadini che qualora lo vedessero, provino a mettersi nei nostri panni. Spero che l’amministrazione comunale non gli faccia fare servizio qui”.
Abita vicino a voi? “In centro. Qui vicino”.
Lei lo incontra mai? “Lo vedo in terrazza. La mamma di una delle vittime ha preso degli insulti”.
Dopo che le ammazzato il figlio? “Sì. Lui abita sopra una banca, io devo andare altrove a prelevare perché lì ci abita l’assassino di mio figlio? A lei sembra normale? Come fai a continuare ad andare in centro sapendo che lì c’è chi ha ucciso tuo figlio? Mio figlio è in cimitero e lui è a casa”.
Cosa chiede? “Chiedo di essere ricevuta dalle istituzioni e se nessuno lo farà, andrò a Roma e mi incatenerò. Chiedo a sindaci, assessori, al presidente Luca Zaia se possano ascoltare questi genitori per far sì che la legge possa fare giustizia”.
Non c’è mai stata coincidenza tra giustizia e legalità. “No. Ma se qualcuno ha commesso un errore nei termini perché non deve pagare?”.
Chi ha sbagliato? “A noi è stato detto che con la scusa dei quattro anni la pena viene sospesa. È stato condannato con rito abbreviato, si rende conto?”.
Quando è finito in carcere? “Il 14 ottobre scorso e il 20 è stato liberato. Ha fatto sei giorni. Praticamente un giorno a testa per i ragazzi e per la sopravvissuta, anche lei è una vittima”.
La vita di ciascuno vale un giorno. “Sì secondo chi ha dato questa pena sì. La vita delle persone vale un pezzo di carta”.
Eppure qualcuno ha parlato di giustizia fatta.“Ma quale giustizia? Ognuno vive il proprio lutto alla propria maniera. Io vado in cimitero la mattina e la sera perché per me è come fargli il letto. Se non lo faccio mi sento in colpa. Gli incidenti poi sono sempre più”.
Come quello di Francesco Valdiserri. “Sì, chi l’ha investito da ubriaca è ai domiciliari. Stiamo scherzando?”.
Marinica era ubriaco? “Non si è nemmeno fermato. E loro sono rimasti lì ad annegare. Sa cosa significa annegare? Io vorrei chiederlo ai giudici. E se fosse stato vostro figlio?”.
Cosa ricorda di quella notte? “Mio marito è luogotenente dei carabinieri. Fu avvisato dai colleghi. Io ero tranquilla perché mio figlio mi aveva detto che andavano a mangiare la pizza da Eleonora – una delle vittime ndr. Poi in pronto soccorso ho sentito mio marito dire: “Riccardo non c’è più”. Io chiedevo è morto? È morto? Non ricordo più nulla, mi sono svegliata con i macchinari addosso. Mia figlia mi disse: “Papà mi ha detto una bugia di 4 parole”. “Quali?”, “Riccardo non c’è più”. “No, le risposi, papa non ti ha detto una bugia, è la verità”.
Serenella Bettin