BRAIT E IL SUO ESSERE CRISTIANO

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Sarà che più parlo di #integrazione con le persone, più mi rendo conto che questa non esiste. Anzi, nemmeno chi la diffonde, crede che questa sia possibile. Lo si percepisce dagli occhi, dallo sforzo che fanno nel farti credere che l’accoglienza è possibile, che quella integrazione che loro vorrebbero in realtà mai ci sarà.

E questa ne è la prova. Il primo stralcio di un lungo #viaggio

È aprile 2016, il 7 per l’esattezza e incontriamo Brait nella locanda “Riviera” al confine tra Dolo e Fiesso d’ Artico. Davanti scorre il #Brenta, a metà tra #Padova e #Venezia. Parliamo in inglese perché lui non sa una parola in italiano. Ma si fida di noi e comincia a raccontare.

Ha 19 anni, ed è arrivato dalla Nigeria otto mesi fa, il 30 settembre 2015. É giunto qui passando per la Libia e poi è stato caricato in una di quelle barche di gomma. Quelle vendute di contrabbando dai cinesi, che fruttano ai trafficanti un giro d’affari di duecento, trecento milioni di euro. Il Giornale ad aprile 2016 aveva scoperto un documento segreto sugli sbarchi rivelato da Wikileaks. Il rapporto era stato presentato dall’ammiraglio Credentino. “I gommoni sono un trucco e non possiamo arrestare gli scafisti”.

http://www.faustobiloslavo.eu/articolid.php?id=31151

http://cartadiroma.waypress.eu//RassegnaStampa/LeggiArticolo.aspx?codice=SIH5030.TIF&subcod=20160401&numPag=1&

Quegli scafisti e quei trafficanti di esseri umani che secondo i ricordi di Brait hanno la barba lunga e ti consegnano alle acque con il mitra spianato. “Men lybic” continua a ripeterci. “Men lybic”. Brait ci racconta come per arrivare in Italia sano e salvo ha dovuto lavorare gratis per i trafficanti, ha fatto il muratore per tantissime ore al giorno, senza mai mostrare la croce che ha appesa al collo. “Se vedono che sei cristiano – ci dice Brait – ti ammazzano. Men lybic, gli uomini libici ammazzano tutti i cristiani, ho visto uccidere. Kill kill kill – continua a ripetere – ho visto ammazzare i bambini anche di dieci anni”. Brait racconta che lui per il colore della sua pelle non era libero di andare ovunque.

Lui ad aprile era accolto nella locanda Riviera assieme ad altri 24 profughi. In tutto erano 25 in una struttura che dire fatiscente è poco. Avevano 10 stanze all’ interno ci avevano detto gli uomini della cooperativa, ma in realtà alcuni interni, ci dissero che le stanze erano tre. Tre camere. Questo vuol dire che in ogni camera c’erano cinque persone.

Fuori avevano uno stendino dove mettevano la loro biancheria, che su delle baccinelle azzurre lavavano. I ragazzi uscivano con la biancheria in mano, pronta per essere stesa. La giornata per loro era estenuante, lunga. Se ne stavano seduti su quelle sedie di plastica rotte a oziare con il telefonino, e guardare il paesaggio attorno. Alcuni facevano addirittura fatica a parlare tra di loro.

Si può veramente accogliere questa gente e lasciarla lì a marcire sotto il sole e aspettare che arrivi sera?

…continua…

#sbetti

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