Borseggiatrici: roba da schizofrenici

Alla fine vedete come nascono le cose.
Due piccole considerazioni sulla questione delle borseggiatrici che da settimane sta tenendo banco. Tutta questa roba è nata perché un consigliere di sinistra – e solo tale poteva essere – milanese che di nome fa Monica Romano, ha scritto sui social: basta continuare a postare foto e video di questa gente che borseggia. Basta! Suvvia! Che diamine! Le dobbiamo tutelare! Le dobbiamo proteggere!
Il consigliere dem sostiene che rientrerebbe nella sfera della violenza fare le foto alle feline agguantatrici di portafogli e metterle nei social. E che si invaderebbe la loro privacy. La privacy.
E quale privacy invece per una povera disgraziata, come oggi mi è capitato di vedere a Venezia, a cui è stato rubato il portafoglio con tanto bancomat tessera sanitaria ed effetti personali.
Il portafoglio l’abbiamo ritrovato, sì signori lo abbiamo ritrovato, in mezzo ai massi di cemento armato sotto un ponte dove ci vanno a pisciare i cani.
Era ben putrido del piscio. E dell’umidità della laguna. E qui vengo al punto.
Vedete chi stigmatizza. Chi riduce le persone dentro un ghetto. Chi le differenzia. Se il consigliere non avesse scritto quella roba, le borseggiatrici sarebbero state tutelate nella loro privacy, perché nessuno ne avrebbe parlato e loro avrebbero continuato a fare il loro lavoro perché sono povere e devono rubare.
In più il consigliere dem se anziché attaccare chi posta nei social le foto delle ladre, postando lei stessa un post dove attacca quelli che postano, (roba da neuro) avesse preso e denunciato guardoni e spie alle forze dell’ordine tutto questo odio verso le rom non si sarebbe riversato a quintalate a suon di sversamenti di letame.
Ma tant’è che è accaduto.
Ecco chi stigmatizza.
Chi fa di tutto perché si crei la differenza. Chi discrimina. Chi gode a ghettizzare. È pur vero che se crei il problema e gli dai forma, quel problema diventa visibile agli occhi degli altri, sicché da quel momento i problemi diventano due. Ai tempi dei social, infatti, dove ci sentiamo dei giganti a postare le vaccate proprie e di tutti, e dove l’uomo medio trae giovamento dal sentirsi appagato dall’acciuffare i criminali e sbatterli in prima pagina, devi anche fare i conti con quelli che i social li frequentano per davvero.
Vero anche, che se il consigliere non avesse scritto quelle baggianate nessuno avrebbe messo le mani su questa realtà che in una sordina vigliacca e codarda continua e continuava a macerare l’itala. Qualcuno doveva pure far conoscere queste realtà che esistono da trent’anni. Così come esistono quelli che le riprendono. Visto che a detta di molti sono in cerca di visibilità. Quale visibilità. Quale visibilità potrà mai avere qualcuno che rinuncia alla propria vita, senza manco essere pagato, per inseguire quattro disgraziate che rubano i portafogli.
A Venezia il comitato dei cittadini non distratti è attivo da trent’anni e non aveva di certo bisogno del consigliere dem milanese che desse loro popolarità.

sbetti