
È da giorni che sono sulle infiltrazioni di Matteo Messina Denaro al Nord e sono pressoché schifata. Schifata credo sia la parola giusta. E ancora non basta. Ma la cosa che più mi schifa è come Messina Denaro sia riuscito a fare affare tramite i suoi prestanome con amministratori locali e sindaci con il beneplacito di questi. Erano gli anni 90. Inizi Duemila.
Amministratori che sapevano tutto e non hanno mai detto niente. Corrotti. Collusi. Marci. Traviati. Tutto “ma collusi. Collusi no”, diceva Paolo Borsellino. Hanno concesso autorizzazioni. Dato permessi. Elargito favori. Cose inenarrabili. Mai uscite. Messe a tacere. Sottotaciute. Insabbiate. Chiuse in un cassetto perché è lì dentro che si chiudono le cose scomode. Mi sono capitate tra le mani alcune carte che c’ho messo due giorni a leggerle. Due giorni dove ho dimenticato di mangiare, di bere, di dormire come si deve, due giorni in cui gli occhi mi hanno fatto “bu bu”, al punto che vedevo solo parole. Poi la bomba. Rientrando a casa un giorno, esaurito tutto il fascicolo contenente alcuni nomi, cariche importanti, come dicono le menti basse, e mi sono sentita con la sensazione di schifo addosso. Ricordo che sono entrata in auto. L’ho accesa e ho spento la radio. Ho guidato in silenzio. Con il finestrino aperto. Gli occhi sbarrati. Ripetendo a me stessa che non poteva. Non poteva essere vero. Vedevo quei nomi sulla carta riapparirmi davanti agli occhi e avrei voluto scendere dall’auto e fare a pugni con l’asfalto. Guidavo come guida una donna scendendo i tornanti di una montagna, con la schiena dritta, in preda all’ansia, gli occhiali da fondi di bottiglia, inchiodata allo schienale, senza battere ciglia. Ora non posso dirvi tutto. C’è tanto schifo. Ricordo che tornando mi sono fermata da mia madre che mi ha detto: “Figlia mia sei così bianca”. Ma la cosa che più mi fa ribrezzo è apprendere come la corruzione anche e soprattutto nei comuni di casa nostra sia cosa normale. Sia una pratica di normale routine, quasi che se non la pratichi sei considerato un disadattato, uno sfigato, uno che non ha coraggio. Dare una bustarella. Concedere qualcosa diventa pratica normale per il mondo dei mendicanti di onestà. Dei barboni di trasparenza. Dei poveri di etica. Diventa quasi il tuo pane quotidiano da mangiare. Un pane azzimo. Fino. Leggero. Senza lievito. Come una misera banconota da cinquecento euro. Un pane che non faccia rumore. Che non crei volume. Che se lo spezzi formi un rumore secco. Arso. Senz’acqua. Senza liquido. Del resto siamo tutti assetati quando manca da bere…