Questo stare a casa ha violentato l’uomo

Questa storia che stiamo sempre tutti quanti a casa, nelle stesse case. Tutti sotto lo stesso tetto, a vivere un tempo incerto, nell’attesa di un tempo migliore ha snaturato l’uomo: l’ha violentato. L’ha sommerso di angoscia. Così impotente e indifeso. Ognuno nella propria stanza, si sente snaturato, svogliato, divanizzato, angosciato, deformato, falsato. Figli di un Dio minore. Ognuno si sente violentato. Privato di un qualcosa che stenta a riconoscere. L’apatia si è impossessata della vita delle persone. Per chi ha la fortuna di uscire e di continuare a svolgere il proprio lavoro, traballa, vacilla, fa fatica, ma non molla; ma per chi è totalmente a casa, la casa si sta impossessando delle membra delle persone. Delle articolazioni. Delle gambe. Delle braccia. Delle ossa. Le sta prendendo. Le sta possedendo. Le sta tenendo a sè. Più forte. Più forte. Più forte ancora. Le trattiene dentro quella casa, incapaci di uscire al di fuori. Di fare un passo ulteriore.
Per alcune persone è diventato fatica fare tutto. Nervosi. Svogliati. Rassegnati. Anche andare a far la spesa. C’è il tipo del supermercato che te la porta. Per alcuni vestirsi è diventata un’angoscia. Se vai a far la spesa sono aumentati quelli che sotto il cappotto c’hanno la tuta. Donne con in testa i capelli come corde. Senza trucco. Solo brufoli.
La nostra vita si sta facendo spazio dove uno spazio non c’è. Non può. Non ci sta. Tenta di riprenderselo. Di mangiarselo. Di berselo. Ma lo spazio è sempre quello. A poco a poco gli spazi diminuiscono ma aumentano. Le case diventano sedi virtuali per convegni, conferenze, seminari, appuntamenti. Si fa tutto quasi esclusivamente online. Perfino far l’amore.
È diventato virtuale pure quello. Ora ci si conosce su Tinder. Zero scosse.
Stare dentro le case è diventata un’angoscia. Non ci si diverte. Non si ride. Non si scherza.
L’essere umano si sente violentato. Privato e snaturato di tutto. Così pieno delle proprie cose ma così spossessato dei suoi desideri. Istinti. Voglie.
Siamo diventati tutti allo stesso tempo a gestire un ruolo solo. I padri sono diventati soltanto padri. Le madri soltanto madri. I figli si sentono soltanto figli, figliastri, senza vie di fuga che li faccia sentire maggiori.
È la vita che basta a se stessa che uccide quella dentro e quella fuori.
Il figlio non è più allo stesso tempo figlio studente moroso, amico, alle prese con le prime cotte, le prime paure, i primi baci, le prime sigarette, ma è diventato figlio e basta. Chiuso in quella stramaledetta stanza. Dentro quella stanza ci stanno altre stanze. Stanno sulle piattaforme. Su Teams. Su Zoom. Su whatsapp. Entrare dentro una chat è come assistere a un ricevimento. Manca soltanto il vestito.
I genitori che provano ad avvicinarsi alla stanza vengono visti come lupi cattivi. La troppa vicinanza aumenta la rabbia. La troppa vicinanza divide. Aliena. Snatura. Svalvola.
Le coppie che prima si reggevano sul tradimento. Naturale. Comprensibile in questo mondo sempre più frenetico e meno attento, ora non posso fare nemmeno più sesso foresto. Vietato. Non si può. La moglie si sente soltanto moglie. Il marito soltanto marito. Zero passione. Niente amanti. Solo voglie consumate sopra il letto di un freddo autunno. Tanto per dire: anche oggi l’ho fatto.
Con la pandemia sono aumentati i divorzi. Calati i desideri. Aumentati gli scatti. Quelli d’ira. Quelli di chi prima stava in giro e ora a casa a fare i conti con il dentifricio schiacciato in alto e le briciole sul divano. Le famiglie non sono fatte per stare tutte sotto lo stesso tetto. Nemmeno marito e moglie.
In questo perenne rito angosciante e angoscioso di alzati mangia stira lava lavora siedi mangia vai a letto e dormi, si consuma tutta l’essenza dell’essere umano. L’abitudine dilania l’uomo. L’assenza di prospettive dipinge le vite con il colori di un quadro in bianco e nero. Di noi così intenti a ridipingere le zone. Sempre e solo quello. Tutto uguale.
Zero pensiero. Si sono sopiti la voglia e il desiderio di uscire per un aperitivo. Quello che prima rappresentava l’aperitivo era più che altro una via di fuga. Il momento di svago. Un’ora di confort. Confronto. Che rigenerava l’uomo. La mancanza di desideri praticabili in poco tempo annienta le emozioni. Le sensazioni.
Questa cosa del vivere così perennemente tutti assieme non è salutare.
In questo essere così perennemente a casa lava mangia stira lavora esci dai la spese dormi alzati mangia ci siamo resi conto che l’essere umano non è perfetto. È l’essere più imperfetto che esista. Ha bisogno o di uscire. Di mangiare fuori. Di confrontarsi. Di parlarsi. Di vedersi. Di fare l’amore. Di andare a teatro. Di vedere i monumenti. Di alzare lo sguardo al cielo. Di stare su un tram. In bus. In autobus. In aereo. Le idee devono riprendere a circolare. A prendersi. Agganciarsi. Con il solo potere degli occhi. Degli slanci. Degli entusiasmi. E non basta uno schermo. Non basta più un cazzo di schermo.

#sbetti

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