
Oggi sul #Giornale è uscito un mio pezzo sui vaccini. Più tratto alcuni argomenti e più mi rendo conto di come viaggiamo a fari spenti nella notte.
E mai come in questo periodo, dall’inizio della pandemia, colgo l’assoluta importanza del nostro lavoro. Alla faccia di chi ci deride.
Il nostro lavoro in piena pandemia comporta un assoluto rispetto delle parole – mai come prima – se prima il rispetto era al 100%, almeno da parte mia e di quelli che considero colleghi umani e professionali, ecco ora il rispetto è al 110%. Non puoi sgarrare.
Mai in questa fase le parole sono state così importanti.
In piena pandemia il nostro lavoro comporta ascoltare, capire le cose, chiedere duecento trecento volte, entrare in nuovi scenari, meccanismi, giravolte, quando le notizie cambiano in un batter di ciglia e tu le devi rincorrere. Comporta sviscerare le questioni, dividere i punti, procedere per schemi, farli tornare, studiare, scinderne i rami, toccarne le radici, capire le cose, a volte anche complicate.
E oggi mentre in questa strada passavo sotto l’arco di Porta San Tommaso, di ritorno dal lavoro, e i miei piedi girovagavano e i miei pensieri andavano, pensavo e ripensavo a quello che avevo appreso. Studiato. Scritto. Pensavo se tutto tornasse. Mi imponevo di vederne tutti gli ambiti da approfondire.
E così mi dicevo non avverti più tanto l’importanza del lavoro per l’animo che muove sempre un giornalista, ma perché ora più che mai c’è l’assoluto bisogno disperato di far capire le cose. Di farle sapere. Di informare.
Mai come in questo anno mi sono resa conto della sete che le persone hanno per la conoscenza. La voglia di sapere. Il diritto di conoscere.
Mai come in questo anno mi sono resa conto della fame di conoscenza.
La mia fame. Il mio bisogno intrinseco, il desiderio di riuscire a “spiegare”. A farmi capire.
Ultimamente poi onnivora di parole. Leggo di tutto. Mi informo. Mi documento. Cerco di non perdere una lettera dell’alfabeto. Al bar. Al ristorante. In bagno. Alla radio. In auto. In coda al supermercato. Qualsiasi momento è buono per apprendere cose e capirne le parole. Farle proprie. Avere bene in testa i concetti. Le problematiche. Capirle. Metabolizzarle. Sfinirle sulla carta. Ripiegandola. Impregnandola.
Fame di sapere, entrare dentro alle parole, introfularmici, scandirle, lettera dopo lettera. Metterle in fila. Una a una. Pagina dopo pagina. Intervista dopo intervista.
Perché lo studio in qualsiasi professione è la base da cui partire. Comporta sacrificio. Fatica. Dedizione. Voglia di mettersi in gioco. Sentire la passione che ti muove dentro. Quella per cui la mattina quando ti svegli e la sera quando vai a letto, sai di aver fatto il tuo dovere. E ringrazi per continuare a farlo.
L’ importanza delle parole: scritte, stampate con l’inchiostro! I dispositivi digitali sono utili, informativi. Ma solo libri e documenti cartacei diventano formativi.
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