
Questo è il pane fatto al Fogolar 1905 di Udine. Quello realizzato con la farina degli abeti della tempesta #Vaia. Quando l’altro giorno sono entrata in questo posto mi sembrava un incanto. Stefano Basello, quello che vedete in foto con la gerla, che da 13 anni fa qui il cuoco mi ha accolto come pochi avrebbero saputo fare. Arrivavo da una mattina indaffarata. Mille cose. Il traffico fagocitante e trasbordante ed esorbitante di questi giorni. Le ultime mail da controllare. Una borsa da disfare e una da rifare. Mi ha accolto come fossi entrata nel mondo delle fiabe. Con il camice da chef appuntato. Abbottonato. Schiena dritta. Perfetta. Sguardo ruvido e attento. Era l’una. L’una del pomeriggio. “Vuole mangiare qualcosa?”, mi ha chiesto. “Oddio no, non so, non si preoccupi, non importa”, gli ho detto io. Mi pareva così strano arrivare in un posto e sentirmi dire se avessi voluto qualcosa da mangiare. Non sentirsi subito dire: “da dove cominciamo? Di cosa ha bisogno?”. Così mi sono fatta accompagnare. Cullare. Mi ha guidato verso la sala. E appena mi sono girata c’ho visto il fuocherello accesso. “Wow”, gli ho detto. Lui mi ha sorriso.
Poi. Poi mi sono accomodata. Mi hanno fatto accomodare. Mi hanno indicato la toilette. Mi hanno messo a mio agio. Mi sono seduta e mi hanno portato l’antipasto. L’antipasto in questo posto da sogno consisteva in: pane fatto con la farina degli abeti caduti dopo la tempesta Vaia.
Sì. Sono loro che ogni mattina si svegliano alle cinque e vanno su per i boschi. Sappada, Zoncolan, Timau, gerle in spalle e via. Raccolgono licheni, erbe, cortecce. Tutto quello che possono caricano su una gerla e portano al ristorante. Con gli scarti ci fanno i contenitori. E infatti qui. Qui tutto viene servito su fette di abete. Rotelle d’acero. C’è il pane servito sui sassi riscaldati del Tagliamento. Il burro di malga sulla pietra carnica, l’antipasto dentro a una corteccia con tronchetti d’abete che fanno da base a una pasta fritta. Il pane poi è un lavoro di precisione. Di attento studio. Tutto viene pensato al dettaglio. Nulla viene lasciato al caso. Dall’acqua recuperata al confine con l’Austria, al forno fatto arrivare direttamente dal Belgio fino alle farine selezionate e controllate poi dall’Università di Padova. Così mentre facevo questo servizio, non ho pensato al covid. Non ho pensato al coronavirus. Stefano Basello mi raccontava dei suoi ricordi dei nonni, dei genitori, delle sue storie, di queste arti che lui vuole tramandare di generazione in generazione e mi sono lasciata condurre verso luoghi e tempi lontani.
E c’ho visto mani che scavano. Che cercano. Che scalpellano. Mani che osservano. Agguantano. Provano. C’ho visto uomini e donne e bambini che crescono. Crescono con il profumo di bosco, con quello che sa di bello, con i valori, i mestieri, il territorio, il proprio lavoro. Crescono con quello che conta. Che conta davvero.
Perché qui dove siamo seduti ora, qui 115 anni fa c’era un’osteria cambio cavalli. La gente arrivava, si cambiava, cambiava il cavallo e ripartiva alla volta dell’Austria. Ora ci sono un ristorante. Un hotel, un gourmet, un bistrò, una sala convegni, una SpA.
La prova che le cose se non le lasci morire, crescono, lievitano, come questo pane, fatto col cuore.
Oggi sul #Giornale
#sbetti
E questo il video del documentario presentato al Visionario di #Udine. La regia di Swan Bergman.
https://youtu.be/VNNJsE8_FVg
PEZZO 👉👉👉 https://m.ilgiornale.it/news/politica/alberi-travolti-bufera-e-pane-antico-che-sa-bosco-1900233.html





Domani lo evidenzio da me: è troppo interessante
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