Quando si diventa grandi?

L’altro giorno sono andata a farmi una corsa e mi sono seduta a fumare una sigaretta sull’argine di un canale. Mi sono seduta, la sigaretta tra le mani, prima una, poi un’altra, poi un’altra ancora, poi mezzo pacchetto, poi il pacchetto intero e mi sono chiesta: ma se la vita non mi avesse reso così forte, se la vita per certi aspetti non mi avesse fatto conoscere i suoi lati più oscuri, come avrei reagito ora? Come? Come reagisce una donna di 36 anni, con la vita davanti, che si trova a dover affrontare procedimenti, giudici, atti, verbali, deposizioni, notifiche, audizioni, memorie difensive, termini. Come reagisce una donna di 36 anni con il futuro davanti, con la carriera che con le sue mani ha messo in piedi, ha costruito e che qualcuno pretenderebbe di sgretolare dall’oggi al domani. Come?
Ed è perché io applico la teoria dei cocci rotti sapete, quella giapponese, quella che uno dei miei ex compagni mi insegnò, cioè tu prendi un vaso rotto, i cocci a terra, li riappiccichi e ci dai nuova vita; poi colori i punti di rottura dei cocci e così appare una vaso nuovo, un nuovo vaso, ma più forte, più duro, più bello, pure più colorato.
Così fanno i giapponesi. La chiamano l’arte del kintsugi (金継ぎ AFI: [kʲĩnt͡sɨᵝɡʲi]), o kintsukuroi (金繕い), letteralmente “riparare con l’oro”. Cioè i giappo quando rompono un vaso, non buttano via i cocci, anzi. Li rincollano e valorizzano le crepe. Ed è quello che farò. Ripartirò dalle crepe. Anzi vi ringrazio pure, per averle valorizzate.
Allora dicevo, mi sono seduta sopra l’argine, e tra una boccata di tabacco e l’altro pensavo, ma come reagisce un imprenditore che si vede portare via tutte le sue cose, i suoi beni, che vede da un giorno all’altro l’azienda fallire, come. Le sue macchine portate via. La fabbrica chiudere. I sigilli mettere. Come. E lui magari c’ha anche i figli a cui dare da mangiare. Lui c’ha le famiglie che campano sulle sue spalle.
Come reagisce mi sono chiesta una donna giovane a cui togli l’aria per respirare, a cui togli l’ossigeno, a cui togli quello che lei aveva costruito. Giorno dopo giorno. Riga dopo riga. Notizia dopo notizia. Penna dopo penna. Nottate dopo nottate. Con la tensione sui polpastrelli che palpitava tutta. La sentivi. La temevi.
Perché vedete ieri sono andata a mangiare sushi a pranzo con dei colleghi – è soprattutto nei momenti di down che bisogna volersi bene e risollevarsi, basta piagnistei- e una persona a me molto amica ha chiesto: “sai quando capisci di diventare grande? Quando ti rendi conto che non è più come prima e ti senti addosso delle responsabilità”.
Allora io non è che faccio la giornalista da chissà quanti anni, è dal 2013 che indosso questo mestiere, con passione, dedizione, voglia, desiderio; mi piace, lo amo, lo sposo ogni giorno. Ma nonostante i miei sette anni di servizio, mi sembra di fare questo mestiere da trenta. Quando mi dicono erano quattro anni fa, io rispondo che in quattro anni ne ho fatta di strada. Senza presunzione. Né arroganza.
Ho fatto in tempo a vedere tornadi, morti ammazzati, incidenti, rapine, suicidi, scandali giudiziari, marce dei migranti, storie dolorose contorte che quando la sera torni a casa nemmeno ci dormi, inchieste, pianti, gioie dolori. Sono andata in Kosovo. In Bosnia. In Bosnia Erzegovina. In Serbia. Ho fatto la rotta balcanica. Mi sono finta musulmana. Ho seguito le inchieste dei foreign fighters poi sfociate in un libro. Ne ho scritto uno sui migranti. Quello sul covid. Ho preso e perso aerei treni vaporetti. Sacrificato affetti. Ho fatto in tempo a vivere un “licenziamento” perché all’editore di un quotidiano locale con cui collaboravo non andava bene il mio pensiero. Ho fatto in tempo a essere tacciata di chissà quale aggettivo o epiteto che tanto va di moda adesso. Uno di quelli che vi piace. Che ci andate a nozze.
E adesso pure questo.
Perché allora alla domanda “quando capisci che sei diventata grande”, io ho risposto che mi sento già vecchia, mi sento già terribilmente vecchia. Mi sento vecchia. Piena di affanni. Pensieri. Ma carica di energia. E’ così che si deve rispondere quando tentano di tagliarti le gambe. Mi sento seria. Piena di grinta. Combattiva. Guerriera.
Scusate se mi do della seria da sola, ho detto stasera a un gruppo di amici. Un’amica mi ha risposto: “fai bene, bisogna sempre credere in se stessi… è una lezione che si impara troppo tardi, o a volte non si impara mai”.
Io.
Io l’ho già imparata e ve ne sono grata.

#sbetti

#nevergiveup

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