#Coronavirus: vi dico com’è vivere isolati in un isolato

Dal diario di Facebook 12 marzo 20.49

Vi racconto com’è vivere isolati in un isolato.
Allora oggi sono uscita dalla porta di casa per fumare una sigaretta. La mia delle varie sigarette. Ma vi racconto quella del quarto d’ora prima di pranzo.
Dovevo sgranchire le gambe. Raccogliere le idee. Spolverarle. Prendere aria. Rigenerare la mente. Rinvigorire il cervello.
Così ho fatto il giro dell’isolato. Non del paese. Non del quartiere. Dell’isolato. Se lo capite. Lo capite.
Allora ho iniziato a fare un gioco. Cioè appena esco dalla porta di casa accendo la sigaretta. E cammino veloce. Quando cammini veloce tutto lo sporco che hai accumulato nella testa scende. Se cammini piano invece si accumula.
Calcolando che il mio isolato sono 476 passi per un totale di 319 metri, sette minuti e dodici calorie (nemmeno un biscotto), ecco prevedo che se giro l’isolato dieci volte al giorno di metri ne faccio 3190, di passi 4760 per 70 minuti e 120 calorie. Lo yogurt del mattino.
L’obiettivo è quello di riuscire a finire la sigaretta nell’esatto punto in cui l’avevo iniziata perché vuol dire che avrò camminato veloce.
Senza fermarsi a parlare. Anche perché nel mio isolato stanno tutti a casa. Sono bravi.
Li senti solo fare le pulizie al mattino, passare l’aspirapolvere, qualcuno chebcanta, qualche altro che spara musica dance a tutto volume, alza il volume che sale anche l’umore, oppure senti quelli che si parlano da pianerottolo a pianerottolo. Dio come li amo.
Ecco dicevo, facendo questi conti dovrei fare un buon allenamento.
E così oggi ho provato. Nessuno in giro ovviamente. A quell’ora nemmeno nessun rumore. Il paesaggio era grigio. C’erano solo le distese dei campi quasi semi verdi al di là del canale, e poi alberi impilati come fucili oltre le steppe.
In fondo si percepivano solo le montagne. Non c’è un colore. Non c’era niente. Non si sentivano nemmeno le campane.
Così svolto. Svolto un’altra volta. Risvolto.
Il percorso è quadrato, quando mi imbatto in un ragazzo che sta battendo col martello sopra un gazebo. Sta rifacendo un tetto.
Alzo lo sguardo. Io sono tutta imbacuccata. Ho i guanti tagliati. Ho il cappotto lungo. Ho le scarpe da ginnastica. Non il pigiama ovviamente. Un po’ perché non mi piace. Io mi trucco quel poco anche per stare in casa. Cioè non è che le persone che vivono con te siano dei leoni o animali da circo e meritino di vederti presa allo sfascio.
E due perché a pensarci bene non ho nemmeno un pigiama.
Ma dicevo svolto. Timidamente alzo lo sguardo. E vedo gli occhi di quel ragazzo colorati d’azzurro. Sono un raggio di colore nel grigiore di questo inverno.
Lo seguo. Lo osservo. Lui mi guarda. E mi pronuncia un timido ciao. Io ricambio.
Ci scambiamo due sguardi. Io mi richiudo nei miei capelli. E lui continua a battere il martello.
Un colpo. Poi un altro. Un altro ancora. Un martellare che sento da casa e che scandisce le ore di questo tempo così folle che passa.
E poi dicono che l’isolamento non è bello.
Vi aggiorno.
#sbetti
#Coronavirus
#Storie2020

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