Dal diario di Facebook del 1 marzo 2020

Dio come ci stiamo imbruttendo. Leggo commenti assurdi sul fatto che domani gli insegnanti stanno a casa. Ascolto voci penose sul fatto che “saranno contente le insegnanti a stare a casa un’altra settimana ed essere pagate lo stesso”. Ancora.
Ancora anche difronte all’emergenza siamo in grado di sollevare polemica.
Ancora dobbiamo per forza tirare fuori il nostro lato più rozzo, più ignorante, più incivile, più screanzato che uno possa avere.
Qualcuno ha scritto anche che il mestiere dell’insegnante è una casta. E che qualche docente dovrebbe provare ad andare a lavorare al mercato settimanale e svegliarsi tutte le mattine alle quattro.
Ridicoli. Patetici. Pretendete il rispetto del vostro lavoro. E non avete rispetto del lavoro degli altri. Come si fa a chiedere rispetto, non rispettando nemmeno se stessi.
Perché volevo dire a queste persone che si permettono illustri e lugubri e tristi commenti, che il mestiere dell’insegnante non è un mestiere facile. Non lo dico perché ho la madre docente. Lo dico perché ahimè, quando ancora navigavo a vista nel mercato del lavoro, l’ho provato.
Mi sono fatta qualche tirocinio e qualche supplenza negli asili.
Sì.
Il mestiere dell’insegnante richiede calma. Concentrazione. Piena destrezza nelle cose. Richiede tempo. Cura. Passione. Amore. Un mestiere che non finisce con il suono della campanella. Che va avanti.
I figli degli altri te li porti fino a mezzanotte. Per poi svegliarti la mattina e sapere che dalle otto, una grossa responsabilità ti aspetta: formare il nostro futuro.
Il mestiere dell’insegnante richiede anni di sacrifici. Di studi. Di pugni sopra i tavoli. Di esami. Di scartoffie. Di corsi di aggiornamento. Richiede anni di precariato. Perché per quanto tu possa aver studiato, non sarai mai sufficientemente preparato. Mai abbastanza formato. È un mestiere logorante. Totalizzante. Ti svuota. E ti riempie.
Docenti costretti a insegnare prima ai genitori e poi agli alunni. Costretti ad avere a che fare con padri e madri che sanno tutto loro. Che ti contestano pure le letture che dai a scuola. Che non capiscono i comandi. Che non accettano consegne.
L’insegnante ha una responsabilità che Dio solo sa. Perché poi quando accade qualcosa allora vi fa comodo dire che è sempre colpa della scuola.
E allora mi chiedo, a tutti quelli che sparlano e straparlano senza sapere, senza essere nemmeno mai entrati in una classe, senza aver visto a volte le condizioni in cui i docenti fanno lezione. Viste io con i miei occhi. Classi pollaio. Piove dentro. I termosifoni che non vanno. Il registro da aggiornare. La burocrazia da fare. I ragazzi che gridano.
Ecco mi chiedo, a tutti quelli che sparlano, mi chiedo di chi sia colpa. Se della scuola. O della vostra ignoranza.
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