Così ci hanno tenuto nascosta la Storia

#Vittoriale

Allora adesso per #Storie2020 vi DEVO raccontare una storia.
Una storia che vale la pena “ascoltare”. Insomma oggi stavo a una conferenza. Era finita la prima parte. Esco un attimo, vado a cambiare il ticket sull’auto, mi fumo una sigaretta, anzi due. Mi prendo un caffè. Ne fumo un’altra. Incontro una donna. Mi fa conoscere un uomo. Ci mettiamo a parlare. Passano i minuti. E torno alla conferenza.
La seconda parte era iniziata.
E riprendo posto. Sto lì. Ascolto. Prendo appunti. Cerco di scandire le parole. Quando a un certo punto vedo che la cosa va per le lunghe e io devo andare.
Ma passa un nano secondo che prende parola un signore. Sono lì che devo uscire. Mi sta per riscadere il parcheggio. I miei amici mi aspettano dall’altra parte del Veneto, ma a un certo punto sento: “Il 3 maggio gli slavi di Tito entrarono a Fiume e Riccardo Gigante sparì per sempre”.
Tre maggio penso. Il mio compleanno. Il giorno della Libertà di Stampa.
Allora sono lì che sento che devo andar via ma quel discorso mi colpisce.
E più penso che me ne devo andare, più in me si fa strada il pensiero che devo restare. Come se a ogni parola pronunciata da quel signore, si aprisse la strada per rimanere. Ogni parola scacciava la fretta di andarmene. Ogni suo fermarsi mi invogliava a restare.
Ma sento che devo uscire perché altrimenti mi mettono la sanzione, ma niente non ce la faccio. Il culo mi rimane incollato alla sedia e lì rimango.
Allora questo signore parla di Riccardo Gigante, un senatore che venne ucciso dai partigiani di Tito e i cui resti rimasero nascosti per 73 anni. Settantatré.
“Riccardo Gigante – racconta questo signore – è stato visto il 4 maggio legato con il filo di ferro insieme ad altri italiani e che questi furono trovati ammanettati squartati e gettati in una fossa comune”.
Assieme a loro c’era anche il finanziere Vito Butti.
Colui che parla è Roberto Menin. Che dice: “sapete perché oggi sono arrivato tardi? Perché ero al Vittoriale”.
E da lì inizia a raccontare. Al Vittoriale oggi c’era la cerimonia di deposizione dei resti di Gigante.
Gigante venne fatto sparire il 3 maggio 1945. E ucciso il 4. La fossa dove la polizia segreta jugoslava nascose il corpo del senatore venne scoperta il 7 luglio di tre anni fa. E sta nella zona di Castua, nei dintorni di Fiume, a soli due tre metri di profondità. A Fiume gli italiani uccisi e in gran parte gettati nelle foibe di Kostrena e Grobniko furono 652.
Ma Gigante venne trovato grazie a un partigiano che confidò dove era stato sepolto assieme agli altri prigionieri. Disse che bisognava cercare una pietra a forma di teschio.
Negli anni 90 poi, in silenzio perché non si poteva dire, misero in piedi un’operazione di ricerca e due anni fa vennero alla luce, recita il referto, “le ossa scomposte e frammiste” di otto teschi.
Identificarli era impossibile. I discendenti di Gigante vennero informati.
Insomma lì che studiano come fare. Come ricomporre i pezzi. Quando ingaggiano il Ris di Parma e tramite il discendente Dino Gigante che si sottopone al test, il Ris stabilisce che quei resti sono di Roberto Gigante.
Ecco.
Oggi i resti di Gigante, sindaco di Fiume per 25 anni, e senatore del Regno D’Italia, sono tornati a “casa”.
Gigante è stato sepolto accanto a Gabriele D’Annunzio. Così come D’Annunzio avrebbe voluto. Gli aveva riservato un posto.
Allora io mi domando, ci sono voluti 73 anni prima che i resti di Gigante venissero individuati. Settantatré anni prima che si potesse pensare a garantire una degna sepoltura a un uomo che se ne stava buttato dentro una foiba ridotto in ossa.
E ce ne sono voluti 75 per far sì che questa sepoltura fosse fatta. Celebrata. Consacrata. Se fosse stato uno di un’altra corrente probabilmente sarebbero arrivati la Cia, la Nato, i Caschi Blu. Sarebbero arrivati tutti.
Invece Gigante se n’è andato in silenzio.
E in silenzio è stato sepolto.
Questa è la Storia. Questa è la Storia che quattro mascalzoni hanno tenuto nascosta. Questa è la storia che non ci hanno fatto studiare nei libri di storia, alle medie, al liceo, questa è la storia che le Foibe le facevi l’ultima settimana prima degli esami. Un solo accenno. Una sola parola. Timida. Quasi come una vergogna.
Foibe e si girava la pagina. Ecco.
Questa è la storia del pensiero unico. Del conformismo. Dell’oppressione. Delle dittature. Dell’omologazione. Del diniego della libertà di espressione.
Perché c’avete provato anche con i morti a cancellare la memoria. Ma non ci siete riusciti. Perché i morti, prima o poi, vengono a galla.
E vengono a galla tutti.

#sbetti

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