L’altro giorno ho salutato una persona a me molto cara. Parte. Torna all’estero. Dove c’è lavoro. Ci siamo incontrati in un bar poco prima della sua partenza verso l’aeroporto e ci siamo salutati. Vado a trovarlo tra un mese. Allora ci siamo incontrati in questo bar e il suo volto aveva il velo di chi non vuole partire. Di chi non vuole lasciare. Di chi è costretto ad abbandonare.

Gli occhi tristi, gli zigomi che formavano dune di sabbia rivolte verso il basso, e nell’aria quella triste atmosfera, che tanto odio, di quando devi salutare qualcuno e non vorresti andartene. Quell’aria di quando sta tutto sospeso e speri che il momento del decollo arrivi il più presto. Il più preso possibile. Quando senti che le guance sanno di caldo, sudano rosso, le mani sono fredde e la testa ti martella. E ho capito che questo mio amico aveva freddo, quando anziché ordinare un caffè o uno spritz, aveva bisogno di un tè. Un tè caldo. Uno di quelli che ti fanno sentire calore quando stai per abbandonare la terra.

Così ci siamo salutati. E lui è ripartito.

Poi passano le ore e tutto diventa più facile. Ci si ambienta. Ci si camaleontalizza. Se così si può dire. Si continua la vita di sempre.

Poi.

Poi oggi parlavo con una ragazza. Una ragazza che sta in un paesino del centro Italia. Una di quelle persone conosciute per caso, quando meno te lo aspetti, ma di cui senti che puoi fidarti, che nasce un’amicizia, che si costruisce qualcosa.

Mi ha detto che quella che fa non è vita, che non è vita starsene in un paesello. Che non è vita per andare al cinema prendere la macchina. Per andare a teatro prendere la macchina. Fare cinquanta chilometri. Per andare a divertirsi prendere la macchina. Che lei vorrebbe farsi una famiglia ma che nei paesi di montagna non ci sono sbocchi. Non ci sono servizi. Non c’è prospettiva. Eppure. Eppure la prospettiva se vai su, su un altura è alta. Se ti sporgi è ancora più emozionante. Se ti arrampichi. Ancora più avvincente. Eppure. Eppure come ha scritto il mio collega Vittorio Macioce oggi sul #Giornale, in questi paesi che sono un “buon posto per arrampicarsi a mani nude, o perdersi nei sentieri di montagna”, ecco in questi paesi lo Stato si comporta da lobotomizzato. Completamente sconnesso dalla realtà. A Podenzoi, nelle Dolomiti Bellunesi, che conta una strada, una chiesa, quella per le vittime del Vajont, e 500 abitanti, l’ultimo e unico alimentari, punto di riferimento per il paese, punto di incontro, punto di scambio, ecco l’ultimo e unico alimentati chiude. Basta. Si cambia nastro. Si toglie il registro. Lo si taglia del tutto. E il motivo è l’obbligo dello scontrino telematico. Quello che ti connette all’Agenzia delle Entrate. Quello che il Fisco sempre al tuo fianco ti controlla. Ti sfinisce. Ti lancia calci. Ti affonda.

Troppo per un Paese che ancora si sveglia con la luce del sole e va a letto con l’ombra della luna. Troppo.

Ma tanto. Tanto per lo Stato siamo tutti uguali. Tutti evasori. Tutti non fiscali. Tutti fiscalizzabili. Tanto per lo Stato, per questo stramaledetto Stato che ti mette il bavaglio e ti strozza nel denaro, contano solo gli immigrati. Solo chi nasce da un’altra parte ha diritto a rimanere in Italia. Gli italiani. Gli italiani no. Questo diritto non ce l’hanno.

Solo per chi nasce da un’altra parte “è opportuno considerare il paese da cui proviene, la sfortuna che ha avuto a nascere in un paese dall’altra parte del mondo”. Per chi nasce in Italia invece conta solo che sei italiano E non me ne vogliate se vi sembrerò bigotta, ma sono un’eterna e perversa amante della libertà. Anche quella di restarsene a casa propria.

Perché allora poi ieri, ieri scrivevo sul Giornale di quel paese marchigiano dove ci stanno più tombe che abitanti, dove nel 2019 ci sono stati 13 nati e 30 decessi, e dove anche qui sono arrivate le misure sciagurate di questo Governo e ora il sindaco Fabio Polini lotta per impedire lo spopolamento. Ci vorrebbero dei regolamenti per questi paeselli, perché “cosa vuoi evadere in un paese come Podenzoi”, scrive Macioce, già, cosa?

Quello dove “per collegarti con l’Agenzia delle Entrate, devi arrampicarti a mani nude”. Un po’ come quei piedi nudi di Castignano, quel paese dove ancora ci si prende per mano.

Perché allora. Allora poi oggi il sindaco mi ha chiamato. E mi ha detto: “lo sai che qui ci sono coppie giovani che hanno il problema che se fanno un figlio e decidono di vivere qui, ti chiedono se poi a Castignano ci sarà la prima elementare? Ma noi siamo la soluzione. Non possiamo essere il problema”.

Già sì. Ma questo Stato. Questo Stato non ci sente. Questo Stato non capisce. Questo Stato che tu nasca a Roma, a Trento, a Bolzano, a Milano, in un paesino sperduto dell’Italia centrale, a questo Stato non interessa un cazzo.

Perché per gli italiani. Per gli italiani non c’è posto. Non c’è speranza. Non c’è soluzione. Gli italiani migrano dentro la loro terra. O scappano all’estero. In cerca di un posto nel mondo.

#sbetti

#Storie2020

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👉 http://m.ilgiornale.it/news/cronache/siamo-tutti-quellultima-bottega-paese-1807658.html

👉 http://m.ilgiornale.it/news/politica/paese-che-combatte-spopolamento-speranza-i-giovani-1807681.html


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