Michelle. Sono stata a Primavalle a settembre scorso, per seguire il caso di Hasib, il rom disabile che per sfuggire a un controllo dei poliziotti scappò dalla finestra.
Ricordo che quel giorno mi chiesero – per fare il servizio – se avessi avuto bisogno della vigilanza. Dissi di no. Che ce la saremmo cavata da soli.
E infatti così è stato. L’atmosfera però in quel quartiere non era delle migliori. Ricordo ancora il tizio fermo al bar che pareva c’avesse un coltello conficcato nei pantaloni. O tutti quei bengalesi che mi guardavano con fare minaccioso. Così come ricordo quell’uomo che ci disse: “occhio ragazzi all’auto. Non lasciatela qui”. In effetti avevamo tutta la attrezzatura dietro. D’un tratto pareva di essere entrati nel bronx. Un quartiere popolato dove ricordo ancora quelle case piene ma vuote.
Vite ai margini, gente disperata, uomini con addosso flaconi di alcol e sonniferi, donne sciatte, insoddisfatte e tradite dalla vita che lentamente si squaglia come il gelato sotto il sole.
Le vedi queste vite gettate lì tra pasticche e super alcolici. Tra panni stesi, ancora sporchi, e finestre e persiane rotte dove ci batte quel sole sbiadito tipico di chi non alza più nemmeno le tapparelle.
Le senti le parole di quelli che si lamentano. Di quelli che si contorcono. Di quelli che la vita li ha traditi e hanno perso tutta la loro fiducia.
E qui Michelle è morta. Michelle è morta per mano di un cingalese che prima l’ha accoltellata e poi ha tentando di sbarazzarsi del corpo chiudendolo dentro a un sacco dei rifiuti e lasciandolo su un carrello della spesa.
Quando l’hanno beccato aveva ancora le scarpe piene di sangue, quanto l’hanno visto ancora il carrello grondava. Sanguinava. Come i pifferai ha tracciato la strada col sangue della vittima. Le ha sferrato coltellate al collo, all’addome, al busto. Forse un rifiuto. Forse 30 sporchi euro di debito. Qualcuno ipotizza che dietro a questo omicidio ci sia l’ombra delle baby gang. Nel profilo di lui, lui fuma spinelli. Pubblica video mentre fuma hashish. Postava droga e pistole. Del resto questo è il nostro divenire. Il nostro essere ora. Ragazzi in preda a deliri costanti. In preda a spasmi quotidiani. A picchi di insoddisfazione. Di nervosismi. Di nevrosi. Picchi adolescenziali che si macchiano dei più tremendi atroci delitti. In un mondo dove tutto è permesso ormai. Tutto è garantito, in un mondo dove la nostra società si basa su condivisioni like modelli da seguire. In un mondo dove se accoltellai la professoressa è vieni bocciato i tuoi genitori presentano ricorso: “perché l’avete bocciato mio figlio? Perché? Suvvia che ha fatto mio figlio? In fondo ha solo accoltellato la professoressa”.
In un mondo dove se spari in faccia alla prof pallini ad aria compressa ti promuovono quasi col 10 e passa il messaggio che per prenderlo quel dieci avresti dovuto prendere la mira. Questo è il mondo. Quando ho seguito la storia delle baby gang sapete cosa mi hanno i ragazzi? Che i prof tacciono perché hanno paura.
Viviamo nella paura costante di avere paura. E questo produce solo violenza. Su uno di quei palazzi a Primavalle, sul muro c’è una scritta: “Racconteremo di te, del guerriero che eri”. Non so a chi sia riferito. Mi piace pensare che sia per tutti quelli che non ce l’hanno fatta.

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