Mi piaceva Ratzinger. Dio se mi piaceva

Io me lo ricordo quando venne eletto Papa Ratzinger. Dio se me lo ricordo. Era il 19 aprile 2005. Studiavo all’Università in quegli anni. Belli. Senza pensieri. Con tanti sogni. Il tempo non era come quello di adesso che ti scivola via tra le mani, che te lo senti passare addosso, che ti travolge l’anima. Era un tempo sospeso. Dove tutto pareva eterno. Immortale. Infinitamente esteso senza inizio e senza fine. L’inizio lo sceglievi tu.
La fine, ma chi ci pensava mai alla fine. Poi quell’anno morì mio nonno. E prima di mio nonno morì il Papa. Che Papa. Giovanni Paolo II. Quello che avevo visto. Quello che quel giorno mi ci portarono a vederlo. Scese da un elicottero nelle Marche – ancora stavo lì – e andai a sentirlo. Volevo sentire cosa diceva quel Papa che “la vostra… la nostra lingua… se sbaglio mi corriggerete…”. Volevo sentirlo. Guardarlo negli occhi. Avrei voluto dirgli tante cose.
Quando quel 2 aprile morì il Papa, confesso che per una settimana stetti male perché vedevo in lui una guida seppure non praticando e nemmeno frequentando la Chiesa. E perché mi dissi: “E adesso?”. Poi fecero il nome di Ratzinger. Si diceva che era tra i papabili papi. E così iniziai a fare il tifo per lui. Me l’ha ricordato ieri una mia amica, una mia vecchia compagna di studi e altro, di quanto fossimo agguerrite nel sostenere Papa Ratzinger. Al pomeriggio mentre studiavamo accendevamo la televisione e facevamo il tifo per lui. Mi piaceva Ratzinger. Dio se mi piaceva. Mi piaceva il suo essere così tedesco. Dal sorriso buono gentile ma severo. Categorico. Fisso. Concreto. Pragmatico. Dall’intelligenza potente, fuori dal comune. Fuori dagli schemi. L’ha dimostrato quando ha rinunciato al Pontificato nel 2013. Scuotendo il mondo intero. Lasciandolo sgomento. Uno dei pochi ad averlo fatto. Mi piacevano i suoi discorsi sulla bioetica. Il suo essere così rigido custode delle regole in special modo sulla morale sessuale, la famiglia, la pastorale sociale. Mi piaceva quel Papa che aveva denunciato la “sporcizia” esistente nella Chiesa, una “barca che fa acqua da tutte le parti”, nelle memorabili parole pronunciate subito prima e subito dopo la morte di Giovanni Paolo II. Grande conservatore. In realtà stava portando nel mondo una grande rivoluzione. La riforma. Il tornare indietro. Il ritornare riformandoci a quello che siamo sempre stati. Mi piaceva quel Papa venuto dalla Baviera che era stato soldato senza aver mai combattuto, che la madre faceva la cuoca, lui uno dei più grandi teologi, e che aveva denunciato il pericolo di una “dittatura del relativismo, che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie”.
Già. Chissà cosa aveva visto per vederci così lungo. Per metterci sull’attenti da questa follia progressista del politicamente corretto che lentamente ci distrugge e ci consegna alla deriva.
Quando ieri mattina ho appreso la sua morte, mi sono rattristata. Nel fragore dei festeggiamenti, dei botti, della gente che corre e ti passa davanti, di quelli che sembrano che durante l’anno non vivano e vivano solo l’ultimo dell’anno, nel barattolo fatto cadere al supermercato per la fretta dei cafoni, nel caos generale di pacchi dolci torroni, mi è venuta tanta tenerezza. Ho pensato che se n’è andato in modo elegante. Ha scelto l’ultimo giorno dell’anno per “togliere il disturbo”. Non l’ha fatto il primo. Non l’ha forgiato con la sagoma della morte. Ha lasciato il calendario bianco. “Rimanete saldi nella fede”. Oggi è un altro capitolo.
Buon anno.

sbetti