Perdersi a Venezia, parte seconda

Dal diario di Facebook – 4 giugno 2021

Insomma è successo. È ricapitato. Corro tutta trafelata verso l’Arsenale, in una mano la borsa e il tablet; in spalla la macchinetta fotografica che sega e segna a metà la pelle e nell’altra mano la sigaretta. Svolto all’angolo. E Dio solo sa quale angolo abbia svoltato che ti vedo entrare dentro una chiesa Alessandro Marzo Magno. L’ho riconosciuto subito stavolta. La camicia inconfondibile. Il passo anche. Il protrarsi in avanti in segno di interesse. Così sono rimbalzata dentro la chiesa. Gli ho bussato su una spalla e gli sono sbucata accanto. “Ancora tu, vedi che stavolta ti ho riconosciuto”. Non era così sorpreso di vedermi. Come se se l’aspettasse. Ci sono quelle cose che senti quando stanno per accadere. Scambiamo due parole e mi fa. “Ti faccio vedere una cosa in un posto qui vicino se hai un minuto”.

Il posto è in una corte. Si chiamano così qui i cortili. Ha il più vecchio capitello di Venezia. Con gli animali scolpiti che sembrano vivi. Con quelle bocche che ti guardano per gridare ai cattivi. Nel mondo dei draghi e dei rapaci ci sono membra per terra, scheletri, ossa. La corte è sul grigio. Grigio dopoguerra. “Ti porto a vedere anche la Corte più bella di Venezia”. Ok! La corte si chiama Corte de la Terrazza. Ed è chiusa. Il Palazzo è quello dei Magno. Fuori ci sta un cancello. Le sbarre. Chiuso a chiave. Ancora non si immagina della bellezza che ci sta dietro. Lui suona il campanello. Qualcuno risponde e dice: “Sono Alessandro Marzo Magno, devo venire a vedere la Corte”. La Corte oltrepassato un porticato dove fuori sbuca un gatto, sta su in cima a una scalinata. Ripida. Come quelle di una volta. Un palazzo del 1500. Sotto ci sta un pozzo e un pavimento che ancora conserva gli intarsi del tempo. Poi. Poi arrivati in cima, una bellezza stracolma. I fiori colorati di rosa rosso e viola e d’azzurro fuoriescono dai vasi. Le piante attaccate alle pareti sbucano feconde. Ci stanno anche i fiori gialli. E ci sta pure una statua che a me sembra bella. Perché ci sta la tipa che porta l’acqua. Poi è tutto un susseguirsi di archi, davanzali, piante verdi, merletti. I mattoni incastonati gli uni con gli altri formano un puzzle perfetto. Impossibile riprodurlo. Una volta erano più evoluti penso. Volgo lo sguardo al cielo. Qui ci abitano. Un posto insolito per Venezia. È ora di andare. Gli dico grazie. Mi accendo una sigaretta e mi rimetto in marcia…

#sbetti

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