Il via libera all’ Isis

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Quindi in sostanza siamo stati noi a dare via libera all’ #Isis.

È l’11 settembre del 2001, due aerei sorvolano i cieli di New York. All’ improvviso uno si schianta addosso ai simboli della nazione americana: le Twin Towers. Prima uno, poi l’altro. All’inizio tutti pensano a un incidente, ma non appena il secondo aereo si sgretola contro si capisce che l’America sta subendo uno dei più grossi attacchi terroristici della Storia. Uno di quelli che ne cambierà il volto.

Sono le 8.46, ora locale americana, di quel maledetto 11 settembre e l’ American Airlines 11 si schianta contro la Torre Nord. Pochi attimi dopo il volo United Airlines 175 si schianta contro la Torre Sud.

Tutta New York è con il naso all’insù.

Tutto il mondo segue in diretta l’ Apocalisse.

All’improvviso la prima Torre crolla, si sgretola sotto gli occhi dell’umanità intera. La gente della Torre Sud comincia a buttarsi dall’edificio per non rimanere sgretolata sotto le macerie. É la catastrofe. Poco dopo crollerà anche la Torre Sud. Il bilancio dei morti è di 2996 civili.

Ma non è finita perché altri due voli si schiantano addosso ai simboli dell’ America.

Il volo United Airlines 93 che avrebbe dovuto raggiungere il Campidoglio o la Casa Bianca che si accartoccia in un campo in Pennsylvania e il volo United American Airlines 77 che si schianta contro il Pentagono.

Dicono che questo sia stato covato per anni nella mente del mago del terrore: Osama Bin Laden.

Lo sceicco voleva dare all’ America quello che le popolazioni arabe avevano ricevuto dagli americani: odio, soprusi, fame e disperazione. Già nel 1998 Osama aveva fatto saltare la ambasciate americane in Kenya e in Tanzania facendo oltre 200 morti e causando 400 feriti ma ora l’ America non resta a guardare e la decisione di attaccare l’Iraq nel 2003 giunge dall’allora Presidente George Bush.

Era il 19 marzo.

Di fatto le operazioni continuano fino al 2011 ma il 15 aprile del 2003 già tutte le principali città erano state prese dalla coalizione multinazionale guidata dagli Stati Uniti d’ America. Il 1.maggio sempre di quell’anno, il presidente Bush proclama la fine dei combattimenti. “Nella guerra contro l’Iraq – aveva detto – gli Stati Uniti d’ America e i suoi alleati hanno prevalso”. Dopo quell’annuncio comunque le forze statunitensi non hanno mai abbandonato il territorio iracheno, questo fino all’arrivo di Obama nel 2009 che ha deciso poi di ritirare la maggior parte delle truppe statunitensi lasciando il territorio in balia di sé stesso. Lasciare un territorio incolto, senza alcuna regola, senza alcuna direttiva significa abbandonarlo a sé stesso e favorire quel lento avanzare di un fiume in piena che corrode la sabbia e ristagna su sé stesso. Un terreno che concima con i suoi stessi rifiuti. Un po’ come lasciare un terreno incolto e sperare che questo fiorisca da sé, ma se non gli dai i giusti concimi, non fiorirà mai. In Iraq i concimi sembrano essere stati quelli dell’odio, della guerra e del terrore. “Quando non c’è un’autorità costituita – spiega Marcello Foa in un’intervista per il libro de Il Giornale “Isis” – bastano bande composte da poche centinaia di persone per assumere il controllo di vaste zone e di terrorizzare i civili, come sta facendo adesso l’ Isis più a Nord”. E sembra che tutto questo sia stato causato dall’ America. “Hanno provocato il caos – dice Foa – e non si capisce ancora oggi perché”. Dello stesso parere anche Vincent Desportes, generale francese  pluridecorato e docente nella facoltà di scienze politiche di Parigi. Lui ha attaccato pesantemente la strategia usata dagli americani in Afghanistan denunciando gli Stati Uniti di aver creato loro stessi lo Stato Islamico.

In sostanza quindi sembra che dietro questo crescente e fiorente Stato ci sia la mano quasi invisibile di un’ America che non è rimasta a guardare e che quando aveva fatto il suo compito, ha preso, ha liberato il campo lasciandolo in balia di pazzi assassini. L’America voleva Saddam Hussein perché lo riteneva una minaccia alla sicurezza nazionale a causa delle armi chimiche mai smaltite. Armi che però non sono mai state rinvenute. Saddam cade nel giro di poche settimane, l’immagine della statua di Piazza Firdos a Bagdad che il 9 aprile del 2003 cade dal piedistallo fa il giro del mondo. L’America ha vinto e il regime di Saddam abbattuto. Chiaro che Saddam era il collante tra le varie culture e religioni esistenti in Iraq  e caduto il suo regime il passo verso la lotta e lo sgretolamento è stato imminente.

Bush ci aveva provato a inviare altri soldati americani per mantenere l’ordine nel Paese, ma Obama al suo arrivo ha consentito, per la gioia di molti diciamolo, il ritiro delle truppe, spianando così la strada alla nascita dello Stato Islamico. Forse bisognava mantenere il controllo sul territorio per monitorare il tutto ma così non è stato.

Così il 29 giugno del 2014 gli jihadisti dell’ Isis hanno annunciato la ricostituzione dello Stato Islamico. Sul perché Osama abbia deciso di ritirare alcune truppe rimane un mistero. O meglio. “Da candidato – aveva detto Obama – ho promesso di portare la guerra in Iraq a una fine responsabile. Assumendo il mandato ho annunciato una strategia per ritirare le truppe entro il 2011. L’anno scorso ho annunciato la fine della nostra missione di combattimento in Iraq (…) Le truppe americane «saranno a casa per le feste – aveva promesso il presidente – e i nostri soldati torneranno a casa fieri del loro successo (..) In accordo con l’intesa strategica conclusa con l’Iraq, il nostro rapporto sarà una partnership paritetica tra nazioni sovrane” aveva aggiunto. Fatto sta che Bush alle tragiche conseguenze cui avrebbe portato il ritiro delle truppe dall’ Iraq ci era arrivato, eccome se ci era arrivato.

Il suo ex collaboratore, Marc A. Thiessen che è anche un editorialista politico statunitense l’ 8 settembre pubblica un articolo sul #Washington Post. “Bush aveva detto che ritirarsi contro il parere dei nostri ufficiali militari sul campo avrebbe provocato «massacri di dimensioni orribili». Vero – si legge nell’articolo – Ora assistiamo a massacri di dimensioni orribili: esecuzioni sommarie, donne e bambini sepolti vivi, persone crocifisse, il tentato genocidio degli yazidi e la decapitazione dei due giornalisti americani. (…)

Bush aveva previsto che ritirarsi troppo presto avrebbe significato «aumentare le probabilità che le truppe americane debbano tornare in Iraq, in un momento successivo, per affrontare un nemico addirittura più pericoloso». Vero. Lo Stato Islamico è molto più pericoloso ora”. http://www.ilpost.it/2014/09/12/george-w-bush-iraq-ritiro-truppe/

Già un mostro dalle infinite teste che non appena spari a una, ne spunta un’ altra.  Perché questo è l’Isis. Una madre che figlia altri cani. Sbandati, feroci, vere e proprie bestie. Pensare che Isis o anche Iside o Isi in lingua egizia Aset significa dea della maternità, della fertilità, della magia, fa sentire spacciati. Terribilmente spacciati.

#Sbett

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