Cominciamo così l’anno nuovo…

Dorme per terra. In una cella che è lunga esattamente come lei. Non ha un materasso. Ha due coperte. Due. Due cazz* di coperte, di cui una la tiene sotto il corpo e con l’altra si copre per ripararsi dal freddo che li è terribile, pungente. Asfissiante. E congela. Quando la madre le ha chiesto se avesse un cuscino pulito da mettere sotto la testa, lei le ha risposto: “Mamma, non ho un cuscino”. E voi andate a ripescare i tweet di lei fatti nel 2015 contro i marò quando Cecilia Sala aveva 17 anni. Diciassette perdio. Diciassette. 

Cecilia Sala, 29 anni, dal 19 dicembre è incarcerata in condizioni disumane nella prigione di Evin, dove ho parlato con un ex detenuto e mi ha letteralmente detto che sono delle BESTIE. Bestie. Il suo ultimo post su Instagram risale, infatti, al 18 dicembre scorso dove Cecilia posta la foto di una stand up comedian, arrestata per le parole pronunciate da una maschera. Una maschera pensate. Una maschera. Viso ovale sagomato alla perfezione, lineamenti dolci, Cecilia Sala sembra una iraniana anche lei. Quando si dice che i tuoi tratti rispecchiano il tuo mondo. Bocca pronunciata. Sguardo attento. Luminoso. Colpiscono il candore e il nitore del suo viso. L’ardore dei suoi occhi. Impegnata a seguire conflitti in zone di guerra, Cecilia Sala ha iniziato come freelance, una pratica che in Italia è considerata al pari dello schiavismo legalizzato, quando non puoi scrivere su più testate altrimenti ti censurano, quando è la guerra dei poveri che fanno a botte per tirare su le notizie e nei quotidiani locali se potessero sposterebbero anche i cartelli stradali che delimitano le aree di appartenenza. Quando in Italia il giornalismo, per chi lo fa così si intende, è diventato un mestiere di poveracci dove tiri a campare per arrivare fino a sera. Freelance senza coperture legali né assicurative. Quando vai in un posto perché hai la foga di andarci e ci vai a tue spese, arricchendo i baroni che siedono su quattro seggiole e vedono correre soldoni a fine mese. Poi un po’ alla volta, come è accaduto a Cecilia, se hai fortuna, se hai talento, se hai devozione e passione, ingredienti sconosciuti in questo mondo di invidiosi, pressappochista popolato dal piattume, e se ci credi veramente, magari riesci a farne una professione a tutti gli effetti. Solo che ora Cecilia sta patendo le pene dell’inferno. E al bando chi dice che se l’è cercata. Al bando chi dice che è andata lì per farsi vedere, perché siccome siamo ancora in una società patriarcale, se ci va una donna viene condannata, invece se ci va un uomo allora è bravo. Non si rischia la vita per farsi vedere, idioti che non siete altro. 

Questo non è un film. Questo è tutto tremendamente vero. Dall’altra parte del mondo esiste davvero una giovane donna giornalista italiana che dorme per terra al freddo, chiusa in una cella di un metro, e costretta a mangiare datteri tutto il giorno. Il nostro Governo deve fare non il possibile ma l’IMPOSSIBILE PER RIPORTARLA A CASA. 

Perché a sapere di una povera donna di trent’anni detenuta in quelle condizioni con una luce al neon accesa 24 ore su 24 – usano questo sistema come una tortura psicologica – e senza gli occhiali da vista perché glielo hanno tolti, vi mi sento morire. Morire per lei. Cecilia poi che odia il freddo. Nel 2018 – voi che andate a ripescarvi i tweet di una ragazzina di 17 anni, vi siete lasciati sfuggire quel post di lei su Facebook dove – Cecilia scriveva: “il freddo fa incredibilmente schifo anche quando si presenta nella sua forma più subdola, soffice e infantile: la neve”. Quando questa sera ho visto e udito le parole di quella povera madre che le ha dato la vita, che l’ha messa al mondo, e che ha fatto la domanda più banale di tutte le madri del mondo: “Ma hai mangiato? Sei al caldo almeno?”. Ecco quando le ha chiesto se avesse un cuscino pulito e la figlia le ha risposto che un cuscino non lo ha, non oso immaginare cosa abbia provato. Cosa stia passando. Per quanto possano valere le mie parole, le dico che le sono vicina. Che son sicura che Cecilia tornerà a casa. Me lo sento. Che è lì per la libertà, per qualcosa in cui Cecilia crede. Ma ora Cecilia va riportata a casa. 

Subito. “Fate in fretta”. 

Cecilia non mollare. 

#sbetti


Scopri di più da Sbetti

Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.