Rigopiano. “Le ho detto che la mamma era diventata un angioletto”

Valentina Cicioni e Giampaolo Matrone, l’ultimo selfie prima della tragedia

Questa intervista è uscita sul quotidiano Libero il 18 gennaio 2022. A cinque anni dalla valanga che colpì Rigopiano.

“Lo sa cosa mi fa male? Il non poter fare una treccia a mia figlia. Con le mani non ci riesco”. Giampaolo Matrone ha 38 anni. È uno degli 11 sopravvissuti della tragedia di Rigopiano (Pescara). Oggi sono 5 anni. Ventinove i morti in quell’hotel inghiottito da una valanga di 120 mila tonnellate. Cinque anni di una vita stravolta, che cambia per sempre. Dove si tengono stretti ricordi. Ci si fa forza. E si riscrive un altro capitolo. Ma cinque anni in cui il processo non è mai iniziato. Le udienze che ci sono state sono brevissimi sketch dove i giudici fanno da comparse, fanno l’appello, e poi prendono e rinviano. Giampaolo in quella tragedia ha perso la moglie Valentina Cicioni, 32 anni.La loro figlioletta Gaia all’epoca aveva 5 anni. Ora è il padre a prendersi cura di lei.

Prima della tragedia faceva le paste nel negozio “La Deliziosa” a Monterotondo (Roma) che i suoi genitori aprirono quando lui aveva sei anni. Ora? “Ora la pasticceria ce l’ho ancora. Dal 2013 l’ho rilevata con mio fratello. Solo che se prima stavo in laboratorio e impastavo, ora con le mani non riesco a fare tanto e quindi al mattino dopo che ho accompagnato Gaia a scuola, vado in ufficio. Seguo l’amministrazione della pasticceria. Abbiamo dipendenti”.

Come sta fisicamente? “La gamba sinistra è ancora addormentata, zoppica un po’. La mano destra ha subito 5 interventi, la tengo d’appoggio. Se lei mi vede non direbbe che sono stato 62 ore sotto le macerie. A oggi rimane una cicatrice nel cuore per la perdita di Valentina e una profonda delusione per questo processo che non parte”.

Scandaloso. Come mai? “Non lo so. Non c’è nemmeno una calendarizzazione serrata delle udienze. In quelle fatte i giudici entrano, fanno l’appello e vanno via. Rinviano per qualsiasi cosa, qualsiasi cavillo è buono per rinviare”.

Oggi esce uno studio dell’Università di Trento che dimostra che non c’è correlazione tra la valanga e le scosse sismiche che ci furono quel giorno come sostengono gli indagati. “Sì, che cosa brutta, vogliono far passare la valanga come conseguenza del terremoto, così si discolpano tutti. Ma con i periti e gli avvocati dello Studio3A di Mestre stiamo smontando questa tesi pezzo dopo pezzo”.

Voi cosa sostenete? “Il terremoto poteva far venire giù due centimetri di neve. La valanga è stata causata dalla forte nevicata. Non dalle scosse. Ci hanno lasciato lì senza mezzi di soccorso. Poi l’albergo che lì non doveva essere costruito”.

Lo Stato è stato presente in questi anni? “No. Uno deve sempre fare affidamento su ste stesso. Se sei tu che devi dare allo Stato ti devi sbrigare, ma se è lui che deve dare a te non ci contare perché sei già morto”.

Sessantadue ore. Come ha fatto a sopravvivere? “Ce ne vorrebbero altre 62 per raccontare la forza e la voglia di stare attaccato alla vita. Mi stavo soffocando, svenivo, dormivo e mi svegliavo. Quando dormivo vedevo Valentina, come se lei mi sorreggesse e mi dicesse: “cerca di esserci almeno tu con Gaia”. Quando sono arrivati i soccorritori ho detto: “non state qui da me, andate a salvare Valentina”.

Gaia dov’era? “Per fortuna a casa con i nonni”.

Come gliel’ha raccontato? “Dopo 10 giorni è venuta a trovarmi in ospedale. Le ho raccontato che avevamo fatto un incidente e che la mamma era diventata un angioletto. Lei mi ha detto: “Papà cerchiamo di parlarle al telefono”. Io le ho detto: “No al telefonino no. Lei ci guarda dall’alto e sarà sempre con noi. Oggi la ricordiamo solo con i ricordi belli. Io ho sempre detto a Gaia che se vuole vedere l’arcobaleno deve cominciare ad amare la pioggia”.

Nel 2022 esce il suo libro. “Sì me l’avevano chiesto ma ancora non me la sentivo. Un anno fa ho deciso di far conoscere a tutti chi fosse Valentina, una mamma e una donna fantastica, così quando Gaia è grande lo può leggere con calma. E soprattutto racconto come sono andate veramente le cose”.

Come? “Noi quella mattina volevamo andare via. C’era troppa neve. Le paure erano tante. Avevamo già fatto le valigie. Ma la strada era impraticabile. Tutta la mattinata in attesa. Fino a che non ci hanno detto che avremmo dormito lì. Poi all’improvviso…”.

All’improvviso? “All’improvviso quella botta di vento che ha spazzato via tutto. Tutti noi. Come una metropolitana impazzita che passa. Come mille tir da cento chili l’uno. Io ero accanto a Valentina, lei è stata scaraventata via, schiacciata contro il muro del caminetto”.

Domani – oggi per chi legge – ci sarà alla commemorazione? “No, non me la sento. Tengo solo le cose belle. Ci sono andato due anni. E ogni volta arrivavi a casa la sera e dicevi: “per fortuna è finita”. Io non voglio più dire “per fortuna è finita”.

Serenella Bettin

Il pezzo uscito su Libero

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