Questa cosa di #Arcuri indagato per le #mascherine è abbastanza imbarazzante, a tratti riprovevole. Qui non parliamo di un social media manager che si faceva o forse no di coca, qui parliamo di soldi dello Stato e di mascherine difettose importate dalla Cina, date a ospedali e assistenti sanitari, in pieno periodo covid.
Durante la pandemia – il primo lockdown, quello duro – mentre la gente cantava dai balconi “riscopriamo i valori, vogliamoci bene tutti”, c’era qualcuno a cui avanzava tempo di fare soldi sulle disgrazie degli altri.
Il tutto condito con il bollettino dei morti.
La sera alle 18 ti davano la conta dei defunti che come una slot machine impazzita si piazzava sempre con un numero a tre cifre. Qualche giorno anche mille. Mille morti al giorno. Mille morti al giorno sono una valanga.
Un Vajont che spazza via tutto.
Allora mentre tutta Italia si preparava a vivere una nuova epoca terrorizzata dall’incubo del covid, c’è stato chi non ha perso tempo e ha provato a vedere se ne cavava qualcosa.
Orbene.
Arcuri è indagato – eh va bene è indagato voi direte, qui non vale, innocenti fino a sentenza definitiva certo, ma anche Morisi lo era e il popolino progressista l’ha condannato, Lucano invece era condannato veramente e l’hanno assolto, misteri della fede, la vita che gira al contrario – ecco Arcuri è indagato per corruzione (di cui è stata richiesta archiviazione), peculato e abuso d’ufficio per la maxi commessa da 1,25 miliardi per 800 milioni di mascherine Made in China.
Mascherine non solo alquanto costose ma anche pericolose per la salute.
Le fiamme gialle ora stanno cercando di recuperare quel che resta di quelle mascherine nocive ma quelle che sono andate, sono andate. E qualcuno si sarà pure protetto. Male.
Una fornitura ottenuta grazie a un gruppo di imprenditori di questo comitato d’affari finito sotto accusa per le relazioni personali tra Benotti e Arcuri, che avrebbe garantito provvigioni per 72 milioni di euro.
Domenico Arcuri infatti avrebbe usato i soldi del Fondo istituito per l’emergenza – impressionante davvero – per pagare la provvigione all’imprenditore Mario Benotti.
Non solo. Si sospetta anche che questa provvigione non sia stata nemmeno rendicontata. Ossia Benotti incassava e amen.
Arcuri si difende dicendo che Benotti era solo un procacciatore d’affari. Nessun mediatore. E che lui della trattativa non sapeva niente. Anzi ha pure preso le distanze da Benotti. Con cui guarda caso da gennaio a maggio 2020 si è scambiato ben 2529 tra messaggi e chiamate. Insomma qualcuno direbbe: i conti non tornano.
Nella sua arringa difensiva, tirando in ballo lo stato d’emergenza, dovuto all’emergenza appunto, ha tirato in mezzo tutto, facendo anche il nome di Giorgia Meloni che non c’azzecca nulla.
Ma quello che è ancora più grave e che reca disgusto è che le certificazioni delle mascherine che non hanno superato nemmeno gli esami per aerosol di paraffina, venivano prodotte dalle aziende dopo i pagamenti delle forniture.
Ossia prima venivano comprate. Poi pagate. E poi a tempo perso si certificava che queste andassero bene.
“La validazione” del materiale, si legge nel decreto, “ha quasi sempre seguito i pagamenti delle forniture”.
Del resto, non c’è da stupirsi, un modus operandi tipico. Paghi e tutto accade.

#sbetti


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