
Dal diario di Facebook 22 aprile 2018
Quando ero piccola adoravo starmene sugli alberi. Salivo su in cima a quel glicine che stava davanti casa e dava sulla strada e con le gambe a penzoloni di sotto guardavo la gente passare, la osservavo, la scrutavo, la ascoltavo. Ne usciva sempre qualcosa di interessante. Discorsi scabrosi anche a volte. Ma era bello perché loro non si accorgevano di me. Ricordo che una volta da sopra quell’albero caddi a terra, finii sopra un’aiuola piena feconda di piante e fiori poco prima della partenza delle ferie. Così mi feci male, poco, solo qualche ammaccatura ma i miei mi dovettero cambiare in fretta e furia.
Stare sopra gli alberi mi consentiva di non toccare terra. E io avendo troppo i piedi per terra, volevo respirare aria pulita. Vegeta. Viva. Immersa nel verde e nel profumo dei panni appena stesi tra un glicine di campagna.
La mia vita all’epoca era scandita da un pallone, dalle porte e squadre di calcio, da una corsa in bici con gli amici e dal rotolare per terra fino a sporcarsi di fango ed erba.
Era scandita dai mille tranelli a nascondino, da una paletta e un secchiello. Era scandita da quelle scalmanate corse in bici, per le strade, quando suonavi i campanelli e ti chiedevo “chi è”. E tu. Insieme agli altri. Scappavi. Ma era anche scandita dai libri consumati sugli alberi e sui davanzali, macinati come se non ci fosse un domani.
Poi però la vita cambia e adesso non ci sono più le corse rocambolesche per suonare ai campanelli e sentirti chiedere “chi è”.
Adesso lo fanno a te. Giusto il karma.
Adesso la mia vita non è più scandita da nascondini per gioco. Da porte, palloni e squadre di calcio. Non è più scandita da merendine, palette, secchielli e libri sopra i rami. Adesso è scandita da mele mangiate sugli scomparti di un treno, sui gradini di una vecchia stazione, da arance consumate sui cofani della auto o da un panino al volo prima di arrivare giusto in tempo. Adesso è scandita da taccuini, penne, telefonini, spunte blu di whatapp, video, mail, tablet, computer e registratori. È scandita da pezzi da fare, appunti da riguardare, gente da sentire, messaggi a cui rispondere. Viali da percorrere, auto da guidare, sigarette da accendere, treni e tram da prendere.
È scandita da salite, discese.
Ma soprattutto adesso non salgo più sugli alberi per ascoltare la gente, anche se a vederlo quel glicine l’altra sera mi sarebbe venuta voglia di farlo. Di farlo tremendamente.
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