
Beppe Grillo è nato il 21 luglio 1948. Ha 72 anni.
Settantadue anni per ridursi un giorno di aprile davanti a uno schermo mimando il figlio col pisello in mano, il suo rampollo, perché in fondo se ti diverti e ti abbassi le mutande e tiri fuori l’uccello non fai niente di male. Sono solo quattro ragazzi che provavano a divertirsi.
Sono solo “quattro coglioni” – cito testuali parole di Grillo – che in assenza di emozioni forti si sono abbassati i pantaloni, se lo sono un po’ menato e poi sotto a chi tocca.
Anche se lei dice no. Anche se lei non ha voglia. Anche se lei non è in grado di capire cosa sta per capitare. Anche se lei il giorno dopo ha i capelli che le restano in mano perché quando l’hanno violentata le tenevano ferma la testa. Anche se lei ha il volto sporco. Pieno di sangue. La mente piena di tempesta. Anche se lei non sente più le gambe. Anche se hai il viso pieno di sperma. Anche se lei non se la sente di denunciare subito.
Nel mondo funziona così. In questo mondo becero e grezzo, atrofico e misero, funziona così. Se sei allegra potevi fare a meno di bere. Se hai la minigonna é colpa tua perché te la sei cercata. Se fai la simpatica é colpa tua perché dovevi startene zitta. Se dici di sì per andare a fare una passeggiata al mare di sera di notte con lo scuro è colpa tua perché non ci dovevi andare. Perché nel momento in cui accetti nella testa di chi difende l’uomo sempre e comunque si fissa il pensiero che se vai, allora “sì ok ci stai, questa me la dà, ragazzi si tromba stasera”.
Ancora ricordo un anno, qualche anno fa, quando mi occupai del caso di uno stupro a Jesolo. Ci fu un poliziotto che si sognò di scrivere su Facebook che in fondo la ragazzina di 15 anni se l’era cercata perché era andata in spiaggia di sera con uno più grande di lui. Fu espulso. Per fortuna.
Nulla di cui stupirsi in questo mondo quando pochi anni fa, esattamente nel 1998, i giudici della corte di Cassazione ritennero che la presunta vittima di una violenza sessuale fosse consenziente, poiché è impossibile sfilare i pantaloni attillati di una persona senza la sua collaborazione.
Una sentenza da far accapponare la pelle. Da far venire i conati di vomito. Come se invece i pantaloni di uomo fosse facile sfilarli invece, data la presunta collaborazione.
Una sentenza che fa innescare quella convinzione e quel meccanismo perverso che se ti vesti provocante è perché vuoi darla via come il pane e che se per caso ci stai per un’uscita significa “sì ok andiamo a letto assieme”.
Del resto in una società senza limiti. In una società così senza freni. Così gretta. Volgare. Così dove non si dosano più le parole. Così di donne che si propongono senza avere rispetto. Così piena di uomini che interpretano, così piena anche di quelle che te la sbattono sotto il naso, così piena di quelli che se la prendono, in una società come questa, il video di Grillo rispecchia molto bene la voragine in cui siamo precipitati. Sulla scia di un non ritorno. Se non cambiamo radicalmente il passo.
Perché a me. A me.
A me non lascia tanto basita il video di Grillo.
Da uno che per anni ha urlato dai palchi e poi ha tentato di prendersi i consensi della gente urlando nelle piazze, non ci si poteva aspettare tanto.
Ma mi lascia basita che uno come Grillo sia e sia stato a capo di un partito che tiene la maggioranza in Parlamento.
A sua immagine e somiglianza.
Perché poi mi raccomando. Mi raccomando. Poi chiamatemi per inaugurare le panchine rosse nella giornata della violenza contro le donne.
Appendete i drappi rossi fuori dalle scuole. Fate indossare ballerine rosse eleganti e fate sfilare le donne come fossero esseri in via di estinzione.
E poi votate. Votate qualcuno che crede che stare lì col pisello di fuori sia consentito. Che sia un atto goliardico.