“Quella mattina sulla strada di Tobruk”, il libro di Gianluca Salviato

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Tutto per essere dentro l’auto sbagliata.

Gianluca Salviato si ritrova prigioniero dei terroristi per 243 lunghi giorni. La sua colpa? Avere un’ auto da capo. Un’ auto da ingegnere. “Macchina grande, capo grande”, ripetevano loro.

Dal 22 marzo 2014 al 15 novembre vive momenti di dura sopravvivenza. Otto lunghissimi mesi e tre giorni che cambieranno per sempre il corso della sua vita.

E così dopo la sua prigionia decide di scrivere un libro con il giornalista Francesco Cassandro.

“Usavo il bastoncino come calendario”, racconta Gianluca nel libro. Lui che teneva il conto dei giorni e che la lucidità non l’ha persa mai. E se si legge il libro ciò che è sconvolgente è avere davanti una persona che ha subito tutto quello che c’è scritto. Il solo fatto che un essere umano sopravviva a simili barbarie, rende tutto questo surreale, eccezionale che porta con sé del tragico vero. Dai pestaggi di notte: i suoi rapitori entravano ogni due tre ore, e così senza senso lo menavano. “Ti facevano capire chi era che comandava”- spiega Gianluca. Poi ancora dall’ incaprettamento, alle briglie con le catene. Dal mangiare con le mani, al non lavarsi. Dal lusso di avere una sedia alla voglia anche di parlare con i ragni. Ma lui la pazzia sapeva perfettamente cos’era e non l’ha mai raggiunta, ha saputo mantenere una lucidità e una fermezza tali da resistere, da farcela.

In Libia è stato spogliato di tutto, ma soprattutto della libertà, lui che in quel paese era andato per far un’opera utile: costruire un acquedotto a chi l’acqua non ce l’ha.

Gianluca narra come una notte è stato appeso a una catena. L’ hanno preso, gli hanno legato le caviglie e i polsi dietro la schiena e poi tirando la catena in modo che i suoi piedi non toccassero il pavimento l’hanno sospeso staccato da terra.

In bagno doveva andare con il guinzaglio e per cena: un montone freddo mangiato assiduamente con le mani. Poi di notte giù botte.

Era in mano a due bande: la prima di un certo Nabil di un movimento di Al Sharia che aveva preso il controllo di Derna, sostituendo il consiglio comunale con la Gioventù Islamica e che voleva ucciderlo; la seconda guidata da Ashraf, dei delinquenti comuni che puntavano al riscatto.

Gianluca allora comincia a capire che deve convivere con loro. Vive con i suoi aguzzini. Impara a percepirne i modi, i gesti, i passi, i silenzi, le parole, le ansie e i respiri. Impara tutto, senza che loro dicano niente, sviluppa una sensibilità talmente sopraffina da conoscerli più di quanto essi non conoscano loro stessi. “Chi non ha vissuto un’esperienza come la mia – scrive Gianluca nel libro a pag 69 – neppure immagina quanto sia vitale conquistare un minimo di controllo del mondo che ti circonda, quanto sia essenziale riuscire a interpretare i rumori, i suoni, dare un senso a quanto avviene nella stanza accanto. É un controllo ambientale che si conquista con il tempo e con tanta fatica, allenando i sensi a distinguere le persone che ti stanno attorno semplicemente da un movimento, dal timbro della voce, dalla cadenza di un passo”.

E i passi che lui deve compiere anche con i propri rapitori sono tanti. Prima chiede l’insulina e la ottiene – Gianluca è diabetico – poi chiede gli occhiali ma niente, poi uno spazzolino da denti, una forchetta e un cucchiaio . Infine carta e penna e un rasoio per radersi.

La carta e la penna per lui arrivano dopo 76 giorni. Vuole annotare tutte le sue sensazioni, emozioni, i suoi stati d’animo, la sua disperazione pena la pazzia. Impossibile sopravvivere senza annotare qualcosa.

Quando arrivò carta e penna Gianluca comincia a scrivere. Era il 5 luglio 2014. Nazione: Lybia. I giorni precedenti che Gianluca non è riuscito a imprimere sulla carta, li ha tenuti tutti lucidamente dentro di sé. Gli scritti invece forse sono andati distrutti. Erano 157 fogli in formato A4.

Di questa terribile esperienza ora ne è nato un libro, che lui racconta alla trasmissione del “Faro, economia in luce”

http://www.defranceschialberto.wordpress.com

all’indomani degli attacchi su Parigi. Uno scenario non nuovo per lui che quei momenti di terrore li ha vissuti perfettamente.

“Con questo libro – ci dice – volevo trasmettere proprio questo, che nonostante tutto si può sopravvivere e trovare il coraggio per farlo”.

Il libro scritto a quattro mani con Francesco Cassandro, lo ripetiamo è ordinabile su:

http://www.youcanprint.it/

oppure lo si può scaricare dal sito o trovarlo nelle librerie.

“Racconto – dice Gianluca – la storia del mio rapimento, i momenti più duri, le paure e il coraggio di resistere fino al momento della liberazione”. 

Serenella Bettin

 

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