Li hanno presi e portati via di peso. Così, come si portano via dei sacchi di patate.
La protesta è andata in scena intorno alle 10.15. L’appuntamento alle 10. Appena giunta in piazza San Marco, noto alcuni manifestanti di Extinction Rebellion seduti a terra con dei cartelli. Altri in piedi. Due invece, tra cui Marco Giolo, 30 anni, se ne stavano appesi ai due piloni, dotati di imbracatura, nel tentativo di arrampicarsi, e poi stendere un telo da palo a palo con scritto “The 1% ruins the world – L’ 1 % rovina il mondo”.
La protesta era assolutamente pacifica. I ragazzi non stavano facendo niente di male. Non stavano bloccando un’autostrada; non stavano assediando strade, ponti, ferrovie. Non stavano fermando cantieri. Erano in una piazza, bella per carità, una delle più belle d’Italia, con un sole che colava a picco sopra le nostre teste e un caldo che ti toglieva il fiato, ammattonati da una cappa di afa e calura che contorceva lo stomaco. Non stavano intralciando qualche servizio pubblico, dato che a quell’ora, vista la calura, la piazza era anche semi vuota.
Ma a un certo punto si sono fatti avanti polizia e carabinieri, militari, agenti in borghese e in divisa, che hanno cominciato a presidiare il raduno.
Come tante guardie svizzere si sono piantati attorno ai piloni, e da lì hanno costretto la prima ragazza a scendere.
L’hanno presa di peso. “Non sono libera di protestare nel mio Paese”, urlava lei, mentre gli agenti la afferravano per farla desistere. “Io voglio poter protestare nel mio Paese”, continuava.
L’altro ragazzo invece era già salito.
“Vieni giù”, gridava qualcuno. “Vieni giù”.
Poi. Poi hanno preso i manifestanti che erano a terra.
Ma li avevano già identificati. Visto io con miei occhi che avevano già chiesto i documenti, ma nonostante l’identificazione, in Italia, in un Paese che dovrebbe dirsi civile e rispettare alcune regole costituzionali come la libertà di manifestazione del proprio pensiero, li hanno presi e uno a uno li hanno condotti al comando di polizia locale. Prima hanno preso uno.
Un agente di polizia gli si è piazzato di dietro a questo che era seduto e ha chiamato un rinforzo: “Dammi una mano, dammi una mano”, gridava. Un due tre issa e l’hanno preso su, portandolo come si porta un sacco di patate. Uno tirava per un braccio. Uno per un altro. Uno per una gamba. Uno per un altra. E tira a destra. E tira a sinistra. E poi ancora hanno proseguito in questa danza della repressione e dell’ arroganza con altri manifestanti. E un due tre issa. E ho temuto in quel momento che a qualcuno si spezzassero le braccia, per quanto questi tiravano. Qualcuno poi non voleva. Si divincolava. Ma non c’era verso. Ho visto le teste dei ragazzi che nulla stavano facendo di male, volgere all’indietro, contorcersi, mentre il loro corpo era tenuto dagli agenti. Chi urlava. Chi gemeva. Chi si irrigidiva. La ragazza, quella vestita da sposa che impersonava Lauren Sanchez – per l’occasione c’erano due ragazzi che inscenavano le notte del sultano di Amazon con la ex giornalista – ecco la ragazza anche lei è stata presa di peso e portata via. In uno spettacolo indecoroso e indegno di chi dell’uso dei manganelli ne ha fatto il proprio principio. “Io ho già dato i miei documenti”, gridava lei. “Ho già dato i miei documenti”. Ma questi non ci sentivano. (Trovate il video sul mio canale Instagram).
Qualche troglodita tra gli spettatori gridava anche: “Buttatela in canale. Buttatela in canale”.
Un poliziotto ha tentato di mettere le mani addosso alla telecamera, compiendo un grave attentato alla libertà di stampa. E sotto questo governo non è nemmeno la prima volta che mi capita. Io non voglio vivere in un Paese dove le persone non possono manifestare contro un sistema che ritengono ingiusto. L’altro giorno mentre arrivavano altri yacht in Laguna, dall’altra parte della sponda del canale, alcune famiglie venivano sfrattate, perché in Italia, nonostante i pochi Bezos di turno – e che a quanto pare decidono le sorti del mondo – la gente continua a non arrivare a fine mese e come in tanti gironi danteschi, da una parte i ricchi, dall’altra i poveri. A cui rimangono solo le briciole di chi mangia seduto al tavolo dei potenti.
Qualcuno ha detto che Bezos porta soldi, ma le prenotazioni in città non sono aumentate – e non lo dico io, bensì i dati – i camerieri continueranno sempre a fare la fame, Bezos manco paga le tasse nel nostro Paese e gli alberghi di lusso affittati dal patron di Amazon, son tutti di multinazionali, non di certo di veneziani.
Molti veneziani, dicono, sono d’accordo, certo, perché non si riesce più a pensare con la propria testa, ed è molto più semplice seguire la massa.

sbetti

26 giugno 2025

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