Al paese dei miei genitori in Veneto ci sono le liane che crescono nei parchi, i fossi ricoperti d’erba e volete dare ancora la colpa al cambiamento climatico?
Ma per piacere.
Come sempre puntualmente accade, quando c’è una nuova tragedia, anziché fare mea culpa si preferisce ballare sui morti ancora caldi.
L’ Emilia Romagna è stata letteralmente travolta da una ondata di maltempo che ha invaso le strade, sradicato i ponti, fatto crollare le colline. La gente è arrivata a mettere le auto sopra i cavalcavia per salvare il salvabile. Ci sono 24 fiumi esondati, comuni isolati, città inondate; dove prima c’erano le strade ora ci sono il fango, la melma, fiumi d’acqua che si sono appropriati degli spazi umani.
Il bilancio è terribile: 14 morti e oltre 36 mila sfollati. In 24 ore sono caduti 300 millimetri d’acqua. Una quantità d’acqua di due mesi, concentrata in due giorni. Di tutto questo disastro ovviamente, essendo una regione a traino Pd, a finire sul banco degli imputati c’è il cambiamento climatico.
Un modo molto comodo per scrollarsi le responsabilità di dosso. Il cambiamento climatico signori c’è sempre stato. Se avete fatto le scuole elementari e non eravate stupidi, ricorderete sicuramente quei disegnini che mostravano l’evoluzione e il cambiamento della Terra dalla preistoria a oggi. Ci sono cambiamenti pensate, che sono avvenuti, anche quando l’uomo rozzo, che deturpava l’ambiente, non c’era e tanto basta.
È molto comodo dare la colpa al cambiamento climatico, soprattutto se la regione è a traino sinistra che è risaputo, delle disgrazie umane non ne ha mai colpa.
Poi poco importa poi se scopri che la già vice presidente della Regione, tale Elly Schlein, avesse la delega per il coordinamento delle politiche di prevenzione sul clima.
Opere mai fatte. Misure mai realizzate. Una roba questa, ho potuto notare, di cui i comuni, destra o sinistra che siano, si riempiono tanto la bocca. Fanno le conferenze stampa dove ti ci infilano di tutto: dal progetto super mega figo di riqualificazione energetica e risparmio di suolo o – barra – sicurezza, alla riqualificazione edilizia, efficientemente energetico, lampioni super mega tattici che si accendono quando non devono e si spengono quando dovrebbero restare accesi, il tutto per favorire un uso sostenibile dei nostri luoghi onde evitare sprechi. Queste robe trite e ritrite te le ritrovi in tutte le campagne elettorali di quattro sprovveduti che si presentano alla guida di un paese senza manco sapere dove si trovi. Nel comune dei miei per dire, da quando se n’è andato l’altro sindaco, stanno crescendo le liane in paese, ci sono prati e giardini dove se ci mandi i bambini manco li vedi perché l’erba è talmente alta che li sovrasta. I fiumi sono sporchi. L’erba non viene tagliata lungo gli argini.
Ci sono zone, che anche se piove come se il gatto pisciasse per strada, puntualmente si allagano. Il comune aveva chiesto i fondi per fare delle opere di bonifica ma quei soldi sono andati al sud e non al nord.
Ci credo che un territorio si allaghi. E poi, ma di cosa stiamo parlando. Ci siamo dimenticati di tutte le alluvioni che ci sono state negli ultimi anni? O di eventi atmosferici eccezionali? Il tornado che nel 2015 colpì la Riviera del Brenta. La tempesta Vaia nel 2018. L’acqua Granda a Venezia nel 2019. Non ci credete? Torniamo indietro. Era 2011 quando i paesi del padovano e del vicentino vennero letteralmente travolti e sommersi dall’acqua: ricordo che andavo all’università e c’erano miei compagni di corso di quelle zone che venivano a lezione con gli stivali. In facoltà organizzavamo la raccolta dei viveri e delle coperte perché la gente dormiva nelle palestre. O ancora, l’alluvione del Friuli. Quello di Sarno: 160 morti. O l’alluvione del Piemonte: 70 vittime. Era il 1994. E ancora: anno 1973, devastante, dal 1 gennaio a ottobre decine e decine di alluvioni in Emilia Romagna. E potrei andare avanti chissà quanto a ritroso. Anche un’altra volta di cui conservo la memoria, si allagò tutta una parte dei paesi del veneziano, tanto che da Treviso con l’autobus impiegai nove ore a tornare a casa. Lì però gli argini tennero, fu l’enorme quantità di pioggia caduta a provocare squilibri. Li non si diceva sempre no. Non c’erano deliri ambientalisti. Si faceva manutenzione. Pulizia. Si costruivano dighe. Opere. Infrastrutture.
Oggi tutto questo non c’è più.
E il peggiore imputato è diventato il cambiamento climatico. Alla faccia.
sbetti
