Ischia: no, questo non è il tempo del silenzio

Giacomo Pascale, sindaco di Lacco Ameno

Manco i morti. Manco le preghiere. Nemmeno un Atto di Dolore. Sono immersa in un servizio ma riemergo qualche istante.
Mi hanno molto colpito le parole del sindaco di Lacco Ameno, Giacomo Pascale, che intervenendo a Zona Bianca domenica sera ha detto che “questo è il momento del silenzio, non dei processi mediatici. Questo è il momento della preghiera… Questo è il momento della solidarietà”. Aggiungendo poi che è stufo di sentire che se una tragedia accade al Nord è colpa del cambiamento climatico. Se accade al Sud è colpa dell’abusivismo.
No sindaco no.
Questo non è il momento del silenzio.
Il silenzio ha già fatto troppi morti. Morti. Merda. Macerie. Rovine. Polveri. Alluvioni. Sotto quelle macerie, sotto quella lava di fango e melma che colava a picchio sul mare mentre la terra inghiottiva altri essere umani, è morto un neonato di 21 giorni. Ventuno giorni. Ventuno. Manco il tempo di realizzare di essere venuto al mondo. Manco il tempo di dire “mamma”, “papà”, “eccomi sono tra voi”. Manco il tempo di rendersene conto. La sua vita è stata una folata di vento tradita dalla sciatteria degli esseri umani.
Cos’è una creatura di ventun giorni? Se non batuffolo di lana che esplode di vita venuto alla luce per dirti che la vita continua, nasce, cresce, si rigenera. E trova la morte sotto un cumulo di macerie. La foga dell’acqua. La furia della tempesta. L’esplodere del pressappochismo. Il lasciare fare. Il buttare lì che tanto andrà tutto bene. Il voltare la testa dall’altra parte. Il non volersi assumere colpe. Poi quando ci sono i morti, la gente si fa scudo col dolore dei vivi in questo cimitero di superstiti che cercano defunti.
Si estraggono corpi, macerie, vestiti, bambini con ancora i pigiami addosso.
Le ho viste quelle scene di gente piegata dal dolore. Terrorizzata dall’incertezza della natura che non sai che fare fino a quando non ti ricapita addosso. Le ho viste le case quando vengono sventrate e distrutte dai terremoti. Le ho viste nelle Marche. La zona rossa. La tua vita che non sarà mai più la stessa. Le tende che ancora sventolano da una finestra ridotta brandelli. Le porte che ancora stanno in piedi con senza niente attorno. I calcinacci. Le abat-jour sospese nel vuoto. I giochi dei bambini in bilico sui detriti. Riecheggiano ancora le urla, le grida, la disperazione. Gente che tenta di mettersi in salvo e non ci riesce. I terremoti. Le alluvioni. Il ponte Morandi. La Marmolada. La morte in faccia. Quell’onda di fango e melma che travolge tutto verso il mare in una ondata di morte. La vita che scompare. La morte nascosta sotto tonnellate di fango. Quel fango che non lascia scampo e restituisce cadaveri.
Questo non è il tempo del silenzio. Con Conte che cavilla su condono sì. Condono no. “Non era un condono. Era una procedura per accelerare le pratiche”. Ma i sindaci dov’erano quando si chiedeva di regolarizzare qualcosa che non andava. La procura di Napoli ha aperto un fascicolo per frana colposa. A Ischia le richieste di condono prima del 2018 erano oltre 27 mila. Praticamente è tutto abusivo. Circa 600 invece le case abusive colpite da una ordinanza di abbattimento. Ma le amministrazioni comunali ? I sindaci? De Luca che tanto spara addosso a Zaia. Il sindaco di Lacco Ameno in una intervista a un sito locale commentando il risultato delle elezioni ha detto che “la politica è lontana dalla società” e che “bisogna avere maggiore rispetto per quanti hanno votato i 5 Stelle”, “perché loro parlano ancora di temi sociali, ambientali, si battono per la disuguaglianza che si è creata. Hanno una visione di paese, hanno una visione di attività politica, che svolgono a stretto contatto con gli amministratori locali, a partire dai sindaci, dai consiglieri comunali ai quali offrono la possibilità di interloquire, direttamente, attraverso un rapido Whatsapp”.
Già. Peccato che qui siano serviti a poco.
Manco i morti. Manco le preghiere.
Solo il silenzio della morte.

sbetti