
Per me questo ragazzo è una forza della natura. Sono capitata per caso un giorno di fine maggio a Oderzo (Treviso), e l’ho visto parlare davanti a una platea di studenti. L’ho sentito mettere in fila le parole. I pensieri. Provare a spiegare l’inspiegabile. L’ho visto essere ironico. Umile. Semplice. Avere la capacità di farsi capire con una dialettica fuori dal comune. Del resto se ci parli è un vulcano. La sua forza la si vede negli occhi. La si sente quando scandisce la parole. La vedi nei fatti. Lui. Studioso. Ricercatore. Affetto da progeria, parla della malattia come una grazia, come qualcosa che gli ha permesso di fare quello che altrimenti non avrebbe fatto. “È meglio fare che lamentarsi”, ha detto a questi ragazzi. La sua malattia dà una speranza di vita di 13 anni. E lui ne ha 26. E poi quell’urlo. Che mi è rimasto impresso. Che mi ha lasciato uno squarcio dentro. “Se i potenti capissero cosa significhi lottare per la vita smetterebbero di fare la guerra”.
Il mio pezzo è uscito su La Ragione
No. Non tutti i giovani sono rammolliti da TikTok. Ci sono anche quelli che studiano. Si danno da fare. Contribuiscono al progresso materiale e spirituale della società. Se poi sono ragazzi a cui la vita ha riservato ogni tipo di sfida viene da chiedersi perché alcuni giovani d’oggi col placet dei genitori più rincoglioniti dai social dei figli stessi, non riescano a crearsi un futuro. A mettere insieme i pezzi. In fila i pensieri. A dar forma ai sogni ancora sepolti. Sammy Basso ha 26 anni. Affetto da progeria, o sindrome di Hutchinson – Gilford, malattia rara che causa l’invecchiamento precoce non alterando la mente, nel 2018 si è laureato in Scienze Naturali all’Università di Padova e a marzo 2021 è diventato dottore magistrale in Biologia Molecolare. Le sue tesi sono utili alla ricerca scientifica. La sua malattia dà un’aspettativa di vita pari a 20 anni. Ai genitori dissero: “Non c’è niente da fare”. Ma la scienza è andata avanti. La ricerca anche. Lui si fida e contribuisce. Del resto se ci parli assieme è un vulcano. Ha una forza addosso che nemmeno te la immagini. La percepisci nei suoi occhi, la senti nelle sue parole, la vedi nei fatti, la osservi mentre parla a una platea di persone. Diretto, umile, efficace, ironico al punto giusto, mercoledì mattina è intervenuto al Teatro Cristallo di Oderzo, elegante centro paleoveneto nel trevigiano, davanti agli studenti delle scuole superiori. Spiegando con semplicità e linearità la sua malattia, anche attraverso l’uso di diapositive, quasi la ringrazia. Perché senza questa non avrebbe potuto fare tante cose. “Senza la malattia non avrei potuto fare tutto questo. Rendermi utile alla scienza”. Chi scrive ricorda cosa disse in merito ai vaccini anticovid. “Fidatevi della scienza. Io a 5 anni sono entrato in contatto con i primi ricercatori. Poi ho cominciato un percorso scientifico con le università, sperimentando alcuni farmaci”. Ai giovani così perplessi, alcuni molti attenti, a cui non sono mancati i quattro stravaccati sulle poltroncine contenti di aver “perso” un giorno di scuola – un giorno si renderanno conto di cosa hanno perso per davvero – ha detto: “Ci vogliono impegno. Studio. Passione. È meglio fare che lamentarsi. Non siamo indispensabili ma possiamo fare molto”. Lui ha fondato l’Associazione Italiana Progeria Sammy Basso. E ora fa anche lo speaker in radio. “Io rimango sempre con i piedi per terra. Mi circondo di persone che valgono. Con le loro debolezze e i loro pregi. A che punto della vita sono? – si è chiesto a un certo punto – Non lo so. Siamo tutti in scelta e in divenire”. E poi un appello. Quello più forte che squarcia i confini. “Se i potenti capissero cosa significhi lottare per la vita, smetterebbero di fare la guerra”.
Serenella Bettin
