



Milano 19 luglio 2019
Allora ricordo che quando stavo alle medie ci stava una professoressa di storia dell’arte, anzi di educazione artistica che era molto brava. Bravissima.
Letizia Mognato. Insomma Letizia. Per gli studenti La Mognato. Viveva dell’arte. Era magra. Magrissima. Minuta. Aveva le dita simili ai piccoli bastoncini di legno che ricordavano quelli di Hansel e Gretel. Sapete no? La storia di quella strega cattiva che voleva mangiare i bambini ingrassati ma questi per farle credere che erano ancora magari, da sotto la porticina anziché darle un dito le davano un bastoncino di legno o un ossicino di pollo. E allora le dita di questa prof ricordavano tanto quelli ossicini. Ma erano ossicini veri. Da quei ditini così piccolini la mia prima prof di storia dell’arte era in grado di trasmetterti una forza incredibile. Spiegava, volteggiando quelle dita che sembravano dipingere loro stesse i quadri che spiegava, parevano costruire le pareti dell’architettura che ti mostrava. Pareva di starci dentro quei quadri. Quei palazzi. Quelle sculture. Pareva di sentirlo Giotto che parlava. Leonardo che disegnava. Palladio che squadrava. Monet che volteggiava. Van Gogh che si incazzava. E mi ricordo che per spiegare storia dell’arte questa prof si metteva in ogni parte, fuori dalla finestra, in mezzo alla strada; quella volta a Roma per spiegare la Basilica di San Pietro perfino i cinesi ci sono accodati. In tutta la chiesa si sentiva solo lei. E le guardie zitte che stavano ad ascoltare.
E allora l’altro giorno quando stavo a #Milano sono andata a fare un giro. Una toccata e fuga tra un incontro e l’altro. Tra quelli perfettamente incastonati come i secondi che perfino gli ascensori arrivano giusti. Insomma una di quelle toccate che giusta si infila tra quando non è troppo tardi ma tra quando è troppo presto. E così. Così ho intravisto questi scorci di Milano. Che qui vi mando. La chiesa di Santa Maria presso San Satiro che se ne sta lì incastonata tra i palazzi e le enoteche. Tra le banche e le case. Come i treni che si incastrano con i minuti. Come gli ascensori che si incastrano con gli appuntamenti. E se ne sta lì con quell’abside dipinto che è uno splendore e che se non ci stai attento ti sembra pure vero. Perché in realtà l’abside non esiste. L’arte a tromp l’oeil studiata fino alla nausea ai tempi delle medie, vista dal vivo nella Villa Maser del Palladio, ecco quest’arte mi ha salvato. Me ne sono accorta subito che qui Donato Bramante, uno dei più grandi architetti italiani, fece in modo di creare un’illusione ottica. Con quella stessa arte su cui c’avevo perso gli occhi. Siccome non c’era spazio, la finta abside che doveva misurare nove metri e settanta centimetri, ora di centimetri ne misura novantasette. Insomma quello che era un impedimento divenne un vero e proprio capolavoro. E poi. Poi ho visto pure la chiesa di San Sepolcro. Dove ai lati sulle due cappelle da una parte ci sta l’ultima cena e dall’altra ci sta un trittico sulla morte di Cristo. E quindi insomma Milano non c’ha solo i negozi, le cose fashion, fighe, il caos, i palazzi. Milano c’ha gli scorci. Quelli belli. Basta solo saperli cercare.
Continuando il viaggio.