
Conosco Carlo da qualche anno. Ho seguito il suo travaglio. E ieri grazie al Fatto Quotidiano ho raccontato la sua storia.
È uno pacato Carlo. Che non grida. Non fa la vittima e nemmeno si piange addosso. Epperò, dopo che gli hanno riattaccato un pezzo di testa, quando gli hanno detto che il Fondo vittime della strada non lo avrebbe risarcito è sbottato.
Quarantaquattro anni, Carlo Perticarini viene da Porto San Giorgio, una cittadina in provincia di Fermo. Una città che se la vedi te ne innamori.
Nel 2023 è rimasto vittima di un incidente stradale che gli ha segnato profondamente la vita.
Era il 4 dicembre. Erano all’incirca le 17. Fuori era già buio. Erano uno di quei giorni che preannunciano il Natale.
Carlo quel giorno esce dall’università dove lavora. In tasca un biglietto aereo che lo avrebbe portato di lì a pochi giorni dai suoi figli. Imbraccia la sua bicicletta per andare a prendere il treno, ma all’improvviso come in un tremendo film muto, un’auto guidata a velocità folle lo investe. Il pirata fugge. Lui cade sull’asfalto e sbatte la testa. La corsa in ospedale è disperata. Bisogna operare e bisogna fare in fretta. Carlo si risveglia dopo 15 giorni. Ma la sua mente rimane a quel giorno. Alla madre, al risveglio, disse: “Mamma devo andare a prendere il treno”.
Una vita la sua che stava prendendo una giusta piega, dopo che per anni aveva cercato e ricercato la sua strada. La sua vita l’aveva presa, disfatta, capovolta e ricapovolta mille volte, fino a che non era riuscito a darle la giusta traiettoria. Solo che poi il destino si è messo di traverso e da qui lui è precipitato in un burrone. Ad aprile 2024 si mette in lista per effettuare l’operazione che gli avrebbe “riattaccato” il pezzo di testa mancante, l’opercolo. Ma da lì il suo viaggio negli ospedali, di rimbalzo da una clinica all’altra, dura mesi. Costretto a fare una visita a pagamento per farsi operare, gli spillano 202 euro, oltre ai 20 euro di auto medica, perché lui all’epoca non poteva guidare. Il suo pezzo di testa stava in un non meglio precisato “congelatore dell’ospedale di Fabriano”.
Ma ora, beffa delle beffe, come in un destino che si accanisce contro chi ha visto in faccia la morte, l’assicurazione non lo risarcisce.
“Seppur spiacenti – scrivono dall’Allianz – non ci è possibile formulare ipotesi risarcitorie in quanto il fatto non risulta sufficientemente provato”. Non gli chiude le porte in faccia. Ma chiede ulteriori prove. A sue spese. Ovviamente. Funziona tutto così nella schizofrenia istituzionale e nella barbarie burocratica di questo paese. Se vuoi essere pagato per essere risarcito, devi pagare.
Epperò c’è stato un processo. C’è un fascicolo penale che parla. Le immagini di lui, senza un pezzo di cranio, sono impressionanti. Una profonda fossa che gli segnava una incavatura. Un pezzo di testa completamente saltato, come se qualcuno lo avesse fatto balzar via con uno scalpello. Quando si è ripreso, ha continuato a vivere senza quel pezzo di testa mancante – ora riattaccato – che mi chiedevo come facesse.
La sua storia ve la racconto sul Fatto.
Che serva a rendere giustizia. A lui e a chi non ne ha.
sbetti



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